Una piccolissima rivoluzione è un progetto artistico ed educativo di Cristina Pancini e dei Dipartimenti Educazione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, del Museo del Tessuto e del Museo di Palazzo Pretorio di Prato, nell’ambito del percorso ImPatti creAttivi, coordinato dalla Cooperativa Sociale Pane e Rose all’interno del progetto Prato Comunità Educante, finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Prato. ImPatti Visivi, azione che mira a potenziare le reti sociali e le life skills di studentesse e studenti attraverso l’arte e la scoperta dei musei del territorio, coordinato dal Centro Pecci con Museo del Tessuto e Palazzo Pretorio, è una delle sette azioni complementari di cui si compone ImPatti creAttivi.
Introduzione
Da giugno a settembre 2022
Il progetto Prato Comunità Educante, ha visto l’ideazione e l’erogazione delle attività progettuali da parte dei due partenariati che si sono aggiudicati il finanziamento del bando promosso dalla Fondazione bancaria nell’estate del 2022 per l’anno scolastico 2022-’23. Nel suo complesso il progetto ha visto l’impegno e la collaborazione di 28 partner, di cui 16 enti del Terzo Settore sociale e culturale e 12 scuole secondarie di primo e secondo grado del territorio.
Come sottolineato dalla Presidente Diana Toccafondi, la Fondazione Cassa di Risparmio di Prato rivolge “attenzione speciale ai giovani, un ambito in cui sempre maggiori e preoccupanti appaiono i segnali di disagio connessi ai fenomeni della povertà educativa, dell’abbandono scolastico e della sofferenza psichica”. Il bando ha sostenuto la sottoscrizione dei Patti Educativi di Comunità tra scuole e soggetti del territorio Pratese, con l’obiettivo di migliorare la crescita educativa e culturale dei ragazzi e delle ragazze delle scuole secondarie di primo e secondo grado al fine di migliorarne il livello di istruzione, di educazione e di cultura, il loro senso di appartenenza alla comunità, la solidarietà, l’inclusione e la sostenibilità sociale e ambientale e l’intraprendenza, permettendo loro di diventare cittadinә responsabili e preparatә ad affrontare le sfide contemporanee.
Nel primo anno (a.s. 2022-’23) il progetto, con attività scolastiche ed extrascolastiche, ha ottenuto risultati positivi e coinvolto per l’azione ImPatti visivi più di 280 studentesse e studenti, ed è stato riconfermato per l’anno successivo.
Senza sapere dove andare, volutamente
Da novembre 2022 a gennaio 2023
Il nostro primo incontro è stato intorno a un tavolo del Centro Pecci.
Era il novembre del 2022 quando ci siamo sedute insieme ad alcunә giovani studentә di Prato. Lә avevamo invitatә soprattutto per ascoltarlә, per raccoglierne i bisogni da cui partire per concepire un progetto.
“A scuola non ci sentiamo vistә, non ci sentiamo ascoltatә. I nostri sforzi sono diretti al voto più che al piacere di imparare. Ci sembra di perdere tempo o di non averne mai a sufficienza, come se fossimo sempre in ritardo. Abbiamo paura di fallire. Tutto quello che facciamo non sembra mai abbastanza né per noi stessә, né per il mondo”.
Su quel tavolo, come piombi, hanno rovesciato le difficili questioni che pesano anche sulle vite di moltә di noi adultә.
Allo scoramento e alla rabbia di quei e quelle giovani, alla nostra pena per non avere soluzioni, abbiamo reagito con trasporto, decise a vivere quell’incontro e quelli a venire come una grande possibilità per riflettere insieme e, magari, generare combinazioni inaspettate.
Così, da quel giorno e per circa due mesi, assieme a quegli e quelle ragazze e a un gruppo di studentә del PCTO che si è aggiunto nel percorso, abbiamo scelto di sostare nella vulnerabilità di un processo che escludesse qualsiasi ansia per l’esito, raccogliendo errori, confusioni e lampi, dedicando tempo e spazio alla scoperta come forma di apprendimento.
Per dare valore a tutto ciò che non si vede, a tutti quelli che non si vedono ma che ci sono, che hanno una storia che merita di essere vista e ascoltata, siamo entratә “dietro alle quinte” del Museo del Tessuto e del Centro Pecci, nei loro depositi, tra le loro collezioni e abbiamo costruito le nostre, fatte di oggetti comuni, ma sempre preziosi perché amalgamati con storie personali; a Palazzo Pretorio ci siamo confrontatә sul potere fino a farne nascere una domanda che abbiamo portato, coraggiosә, al Sindaco, vivendo il brivido di un ruolo quando si ribalta; abbiamo costruito anche una stanza tutta per noi, fatta e abitata dai nostri corpi.
Infine, carichә di queste esperienze tanto leggere quanto fiduciose, ci siamo sedutә tuttә insieme nuovamente attorno al tavolo del primo incontro e abbiamo raccolto proposte, con l’intenzione di mantenerle vive nell’imminente fase di progettazione.
Tenere tuttә insieme
Da gennaio a marzo 2022
È servito molto tempo per tenere tutto insieme: i bisogni dellә ragazzә, le loro idee, i tre Musei e gli obiettivi del progetto.
Era difficile sostenere il peso di questioni epocali in un percorso di pochi mesi, ma vibravamo e tanto nel sentire che quella era un’occasione per trasformare, anche se di poco, il tempo e lo spazio in cui viviamo.
C’era bisogno di allargare la ricerca.
C’era bisogno di chiedere aiuto ad altrә.
Così, per mesi, abbiamo ripercorso le memorie anni ’90, cercando nelle nostre adolescenze una forma di resistenza che partisse dalla comprensione.
Abbiamo ricordato col terrore o col sorriso i nostri insegnanti, parlato con amici e professori dei dolori e delle soddisfazioni della scuola oggi, confrontato esperienze recenti e quotidiane di relazione con lә adolescenti nel post-Covid e messo a disposizione della riflessione e del progetto le pratiche più efficaci nell’interazione tra ә giovani e l’arte Cristina si è immersa, per rafforzarsi, tra filosofi, pedagogisti e ribelli: bell hooks, John Foster, John Dewey, Hannah Arendt, Ernst Junger, Lea Melandri, Paulo Freire, Gillo Dorfles, Pierre Zaoui, Milo Rau, Giuseppe Tibaldi, Étienne De La Boétie, Bifo e Édouard Glissant.
Quando è rientrata dal festival di letteratura working class organizzato dal Collettivo di Fabbrica GKN ha riportato una frase:
“Portate la voce, la voglia di saltare, di battere le mani. Portate la pelle d’oca e i brividi lungo la schiena. Portate la convinzione”.
Con quell’impeto generatore siamo tornatә a guardare il problema.
Le intenzioni erano chiare: desideravamo farci strada negli spazi disponibili all’interno di sistemi percepiti spesso come chiusi, viverne i limiti come potenzialità, spostarne alcune consuetudini, anche se di poco e, soprattutto, rendere gli studenti e le studentesse i e le protagoniste attive dell’intera esperienza.
Per la convinzione che l’arte amplifichi e scardini e così apra a possibilità inedite di azione, per la sensazione di forza che se ne ricava e per condividere con gli altri il senso di iniziativa che sa dare, è nato questo progetto.
Offerto a tuttә, a patto di saperlo vedere, è un’azione micropolitica, non spettacolare, che cerca la bellezza dei piccoli gesti, delle posture minime e degli sguardi, per trasformare la realtà presente, per disobbedirle, anche se impercettibilmente: l’abbiamo chiamata Una piccolissima rivoluzione.
Una piccolissima rivoluzione
Da aprile a giugno 2023
Eugenia, tirocinante del Centro Pecci, con molto garbo e non poche difficoltà, ha organizzato i calendari delle attività in un periodo complicato sia per le scuole che per i musei. Le classi coinvolte sono state 9 tra scuole secondarie di primo e secondo grado, gli studenti e le studentesse, più di 200.
Cristina non lә ha mai incontratә ma, da dietro le quinte, ha cercato di raggiungerlә con lettere, audio, video, telefonate e cartoline.
Di volta in volta, Anna, Gessica, Marta e Nathalie, educatrici museali, per consegnare i suoi messaggi si sono fatte postine, allenatrici, architette, ingegnere aeronautiche e consulenti di arredamento ribelli. Avevano una grande responsabilità: accompagnare questә giovani in un’impresa molto ambiziosa, una piccolissima rivoluzione. Non sempre è stato facile restare in equilibrio tra i limiti e le possibilità della scuola, creare le condizioni che fanno la magia. Quasi sempre uniche testimoni, hanno raccolto i racconti di quelle giornate in un diario.
Alla piccolissima rivoluzione siamo arrivate in 6 incontri:
- Essere visti essere ascoltati
Appena entrata in classe, l’educatrice, che in questo primo incontro si faceva postina, tirava fuori una busta sulla quale era disegnata la copertina di uno di quei libri che Cristina aveva interrogato per prepararsi alla rivoluzione.
In quella busta, ogni volta differente, c’era una lettera con la quale Cristina, da quel momento Cri, provava ad avvicinarsi a queә giovani sconosciutә.
Anna scriveva così, dopo il suo incontro con la III C della scuola secondaria di primo grado Curzio Malaparte:
Allora comincio. Leggerla è incredibile: la leggo piano, ma non troppo. Cerco di raggiungere ogni parte dell’aula, che è molto lunga e ampia. Non voglio che chi è in fondo non la veda da vicino. Così leggo camminando, piano, con calma. Quando arriviamo al primo disegno lo mostro a tuttә, e qualcunә sorride. Stanno cominciando a sciogliersi un pochino. Ma solo alcunә. Andiamo avanti e man mano mi interrompo per mostrargliela, questa lettera, una lettera che è solo per loro. C’è qualcosa, in quella lettera, che mi smuove dentro. Mi sta raccontando qualcosa anche di me.
Cri chiedeva di raggiungerla con un’altra lettera, la loro:
È stato incredibile vedere tuttә così concentratә e a proprio agio nell’esperienza proposta. Chi scriveva, chi disegnava, chi scarabocchiava, chi si concentrava guardando fuori dalla finestra, chi canticchiava la canzone in cuffia, chi ballettava, chi era chinә sul banco, tuttә immersә in un clima disteso e assolutamente libero.
(Marta con la II NL della scuola secondaria di secondo grado Livi).
Per alcunә era la prima volta che scrivevano una lettera.
Leggerle è stata una sorpresa: per moltә, lo spazio di quelle pagine è diventato uno scrigno contenente il bisogno di riconoscimento misto alla fiducia che qualcuno lo avrebbe ascoltato e visto.
Potevano scegliere di farle leggere solo a Cri, disegnando sulla busta un occhio chiuso, oppure, potevano renderle accessibili, disegnandoci un occhio aperto. Non ve le mostreremo qui, perché sono tante e molto personali, ma ci teniamo a ringraziare quei e quelle giovani per la generosità.
La postina-educatrice, poi, tirava fuori dalla busta un ultimo messaggio:
“P.S. Mi dico che per fare una piccolissima rivoluzione ci servirebbe anche un po’ di musica. Che ne dite di raccogliere le canzoni che più vi danno coraggio in una playlist? Vi lascio la mia: She’s like a Rainbow dei Rolling Stones. “
Ne sono nate playlist dai titoli più disparati: A bombazza!!!, GG, A voce Alta, Prato Capitale, AC tua, Mulino Bianco… (le potete trovare tutte nel link in fondo a questo articolo, all’interno del manuale Come si fa una piccolissima rivoluzione?)
Con la musica ancora nelle orecchie, giusto prima di salutarsi, la postina chiedeva:
“Facciamo una foto di classe senza essere vistә?” Velocemente, chi dentro agli armadi, chi dietro alla porta, ai giubbotti o alle tende, chi sotto i banchi o alla cattedra, si sono nascostә così bene che certe classi sembravano deserte.
2. Liberarsi dalle posture
“Per fare una piccolissima rivoluzione bisogna arrivarci in forma”.
Questo è stato il proposito che ha accompagnato ritmicamente il secondo incontro, quello che ha visto le educatrici diventare allenatrici esperte. La giornata iniziava calma, con una meditazione guidata dalla voce di Cri. Tra le collezioni del Museo del Tessuto, tra i suoi abiti-manifesto di storie di uomini e donne e delle loro battaglie femministe, chi sedutә, chi sdraiatә, le ragazze e i ragazzi sono entratә piano piano nel proprio armadio per fare spazio alla confidenza che serve per muoversi. E quel movimento è arrivato poco dopo, grazie a un riscaldamento fatto di camminate leggerә, pesanti, lentә o velocissimә, fatto di sguardi, tocchi e parole regalate. L’imbarazzo e la disinvoltura hanno trovato il loro apice nell’azione successiva: il Ballo libero [3]. Quando la playlist del coraggio è partita:
Soprattutto le ragazze erano lanciatissime, si sono lasciate andare da subito e hanno ballato davvero come fossero a un concerto o in discoteca. Qualcunә era più timidә, ma, quando è statә coinvoltә, si è buttatә a ballare.
(Marta con la I A del Liceo Artistico Brunelleschi)
È col fiatone, le guance arrossate e gli sguardi ancora increduli per esperienze che non si aspettavano di vivere dentro a un museo, che si sono lanciatә nell’ultima impresa della giornata: la sperimentazione di un apprendimento attivo che passasse attraverso il corpo, esplorando e raccontando col movimento gli oggetti e gli abiti nelle teche del museo.
3. Bisogna guardare
“Ed è forse in quello spazio da cui volevo scappare, la scuola, che ho imparato che spesso lo stare stretti è un’occasione per cercare soluzioni.
Non ho mai insegnato alle ‘medie’ e nemmeno alle ‘superiori’ ma leggo e mi raccontano amici professori e amici studenti, di quanto sia un momento difficile per alcune e alcuni di voi. Si parla di generazione zeta.
Così, oggi, vi chiedo, diretta, come state a scuola?“
Con questa domanda si concludeva il video in cui Cri, senza mostrarsi, girovagava per casa raccontando di quando andava a quelle che al tempo si chiamavano medie e superiori. E, con questa stessa domanda, aveva inizio il terzo incontro. Le risposte restano sui fogli su cui le ragazze e i ragazzi hanno, prima, disegnato la propria sagoma, postura abituale a scuola, e, l’hanno punteggiata, poi, di parole, emozioni ricorrenti in quelle ore in classe. A guardarle ci turbano ancora.
La seconda parte di questo incontro faceva sempre un po’ tremare. Cri era andata a cercare il coraggio di dire davanti alla cascata da cui, quando era adolescente, si tuffavano i più temerari. Aveva avuto bisogno di andare lì per fare un altro tuffo: l’invito all’azione, alla piccolissima rivoluzione.
“Ve lo dico: vi auguro di diventare gli abitanti e le abitanti attive di quello spazio in cui trascorrete tanto del vostro tempo. Voi, che siete i protagonisti e le protagoniste di questa storia.
Ve lo dico meglio: durante l’ultimo incontro in classe, vi propongo di trasformare la classe in una stanza tutta per voi. Uno zerbino all’ingresso, dei quadri o dei poster, dei soprammobili, sedie, tavolini, poltrone, tappeti, tende, lampade, piante, fiori, peluche, ma anche portafortuna, strumenti musicali, libri, o che ne so.”
Leggendo i diari, a queste parole, seguivano spesso l’”entusiasmo” e lo “stupore” di quelle e quei giovani “attivissimi”, “increduli”, “carichi a molla”e “gasatissimi” per quella proposta.
“Lo sguardo è politico, c’è potere nel guardare”, dice bell hooks nel suo Elogio del margine. Così, munitә di occhi adesivi chiusi e aperti le e i ragazzi hanno rivendicato il proprio potere di scelta nello spazio della classe. Attaccando quegli occhi, hanno espresso e patteggiato cosa tenere, togliere o trasformare:
Non appena gli chiedo di pensare a cosa vorrebbero tenere e cosa no, subito qualcuno mi dice “non voglio i prof!”. Tuttә ridono, e anche io. “Oggetti, dico, pensate agli oggetti, e all’ambiente”. Distribuisco gli occhi e si comincia. È stato divertente guardarlә. Si avvicina C. e mi fa segno, con un occhio chiuso in mano, in alto. Verso il crocifisso. Penso, fra me e me, che sia un momento epico. La aiuto a sistemarlo là in alto, salendo io sulla sedia. Dopo l’occhio di C. ne arrivano tanti altri: alcuni chiusi e altri aperti. Ha fatto scattare una riflessione generale, C., e penso dovrebbe andarne fiera. Di crocifissi nelle aule “sì” o “no”, si parla da quando facevo il liceo, e probabilmente anche da prima.
(Anna con la III A della scuola secondaria di primo grado Ser Lapo Mazzei)
E ancora:
Vengono fuori cose incredibili: dal “vogliamo una zanzariera”, al “possiamo avere pareti di vetro?”, “il computer è troppo lento”, “vorrei il pavimento più morbido” “i neon sono pericolosi! Potrebbero caderci in testa!”, “mettiamo una lampada da discoteca?!”, “gli stickers sul termosifone? Ah no, però poi col caldo si staccano”, “quelle tende sono sporche!”, “ma come, ma se le hanno lavate la settimana scorsa!”. E si continua con “appendiamo degli aeroplanini di plastica ai neon!”, “mettiamo dei cuscini alle sedie, anzi prendiamo le sedie da regista! Anzi, le sedie di Gucci!” (non so quali siano, ma sicuramente non ce le possiamo permettere, penso). Fino ad arrivare a uno dei momenti più divertenti “la cartellina di Gianni togliamola! Basta, la mette sempre sul mobile, ma se la dovrebbe portare a casa!”. Tutti ridiamo, e penso, si vede proprio che si vogliono bene. Mi verrebbe da ringraziarli per avermi fatta entrare nei loro dialoghi, per avermi accolta e davvero fatta sentire poco estranea dopo pochissimo. Sono buffi, penso. Chissà com’ero io alla loro età?”
(Anna con la IIIA della scuola secondaria di primo grado Ser Lapo Mazzei)
Così, ha avuto inizio la trasformazione dell’aula.
Un inventario di sguardi ne conserva le tracce.
E, in quella stanza piena di occhi, nel momento dei saluti, a quei e quelle giovani ancora un po’ eccitatә, veniva dato il piccolo manifesto in stile anni ’70 con cui tappezzare la scuola per invitare tuttә a entrare in quella classe nel giorno della piccolissima rivoluzione.
- Liberarsi, una domanda per tutte/i
Questa volta le parole di Cri arrivavano, inaspettate, dal cielo. Contenute in un aeroplanino di carta, planavano tra le ragazze e i ragazzi in mezzo alla piazza di fronte a Palazzo Pretorio. Luogo ideale per introdurre i temi del giorno: rivendicare le proprie passioni e scuotere un poco le rigidità che si legano a certi poteri. Il messaggio raccontava di una Cri professoressa e del suo bisogno di uscire da dietro la cattedra per incontrare le giovani persone con cui ama interrogarsi.
“Facendo ricerche per noi, ho letto che l’origine della parola scuola viene dal greco scholé e significa ‘tempo libero’, un tempo da destinare all’uso piacevole delle proprie forze e del proprio intelletto. Un tempo buono, insomma, da dedicare alle passioni.
Allora, mi chiedo se si possa partire da qui, dal rivendicare ‘un tempo pulito’ in cui apprendere sia una forma profondissima di amore per la vita.
E vi saluto con una domanda che mi pungola da giorni: quali passioni vorreste coltivare a scuola?”
Con una gara di aeroplanini, sopra quella piazza, hanno volato la voglia di leggere liberamente, di uscire fuori a far lezione, di disegnare ascoltando musica, anche cinese, quella di ballare, cantare, recitare e fotografare, quella di giocare a giochi da tavolo, di cucire, di imparare la cucina orientale, quella di coltivare un orto, un giardino o dei gruppi di dibattito…
È nella stanza del primo piano di Palazzo Pretorio, tra le pale dorate di Lorenzo Monaco, Fra Diamante e Filippo Lippi, che quei ragazzi e quelle ragazze hanno poi camminato da solә, a coppie e in gruppo come manifestanti, cercando una domanda da portare alla o al dirigente scolastico. Si sono salutatә con il numero di telefono del Dipartimento Educazione del Centro Pecci e l’impegno a far visita alla o al dirigente nei giorni a venire per cercare risposte. Ad oggi non ce ne sono arrivate.
5. Ognunә un pezzettino
L’educatrice posava un piccolissimo pacchetto sul pavimento di moquette del Centro Pecci, in mezzo al cerchio di ragazzә sedutә accanto alla teca contenente “The Glover’s Repository” di Paul Etienne Lincoln, che incuriosiva e apriva il dibattito tra ә ragazzә. Ogni volta, l’oggetto misterioso spacchettato generava ipotesi. Il peperoncino, la stella imperfetta, il pezzettino di puzzle, il richiamo per uccellini o il fiore sconosciuto rendevano necessario un confronto con chi aveva fatto recapitare quel dono. Così, in una lunga telefonata in vivavoce, Cri raccontava le storie che impreziosivano il suo oggetto e ascoltava curiosa quelle dei piccolissimi doni che, a loro volta, quelle e quei giovani avevano portato. Braccialetti e collane simboli di grandi amicizie, conchiglie raccolte nel paese natale, una moneta a ricordo di un nonno, pietre preziose arrivate da viaggi indimenticabili, disegni di cani e gatti amati, fiori di campo appena colti…
“Gli artisti con le loro opere fanno doni a chi non conoscono. Mi sembra un grande atto di coraggio e generosità. Vi propongo di nascondere tutti questi piccolissimi oggetti nella vostra classe, come regalo-portafortuna per chi la abiterà il prossimo anno. Sarà la vostra eredità.”
Alle parole di Cri veniva aggiunto un rotolo di scotch per nascondere gli oggetti e una lettera da riempire di consigli e incoraggiamenti per chi, l’anno a venire, avrebbe abitato la loro aula.
Ispiratә dai lavori dellә ambiziosә artistә della collezione del Centro Pecci, che spesso per arrivare alla realizzazione delle loro opere si avvalgono di tanti apporti differenti, la giornata proseguiva con una progettazione collettiva e concreta della piccolissima rivoluzione guidata da un proposito chiaro:
“Dovrete essere fulminee e fulminei nel togliere dalla classe quello che non ci volete e nel mettere quello che invece la rivendica come casa vostra. Dovrete accordarvi tra voi. Ognuno e ognuna un pezzettino. E anche il più piccolo sarà importantissimo, perché, unito agli altri farà la piccolissima rivoluzione.”
6. Una piccolissima rivoluzione
E, finalmente, sono arrivati i giorni delle piccolissime rivoluzioni.
A essere davvero oneste, non sempre è stato facile e la nostra immaginazione, a volte, ha superato le reali possibilità di quegli spazi e di questi tempi. Sappiamo che i banchi hanno trovato spesso nuove disposizioni, che le pareti si sono riempite di lucine, foto ricordo, disegni e poster, che anche la cattedra si è illuminata e che in quasi tutte le aule è apparso un angolo relax pieno di cuscini, materassi, coperte e peluches. Sappiamo anche che in altre classi l’ansia per la fine della scuola ha impedito di far esplodere per davvero una piccolissima rivoluzione.
Conosciamo tuttavia il contenuto della lettera collettiva di una delle classi allә studentә che avrebbero abitato quella classe l’anno successivo:
“Cari ragazzi-e, vi scriviamo questa lettera per dirvi:
– quest’anno cercate di conservare la vostra salute mentale
– non fate diventare la scuola il centro della vostra vita: pensate anche alle vostre passioni, amici, cose che vi piacciono
– cercate di non arrabbiarvi per tutto, di ascoltarvi, di non scoraggiarvi, di dire quello che pensate e non nascondervi; di non sottovalutare i problemi altrui, di mantenere l’armonia tra voi stessi e con i professori, di ironizzare, di mettercela tutta e non arrendervi, di trovare un equilibrio tra la sopportazione e l’arrabbiatura, di non lamentarvi troppo… studiate però! Metteteci impegno e… divertitevi!”
Come si fa una piccolissima rivoluzione?
Dal 19 al 23 giugno 2023
Sono arrivati due gruppi distinti di giovani, uno dai 12 ai 14 e l’altro dai 15 ai 17 anni. Tra Palazzo Pretorio, Museo del Tessuto e Centro Pecci, insieme a Cristina, hanno chiesto ai passanti cosa sia una piccolissima rivoluzione, raccogliendo definizioni ed esempi, hanno sperimentato alcune delle pratiche di allenamento e ne hanno inventate di nuove.
Il 23 di giugno, come un juke box umano, in un moto rivoluzionario fatto di corpi numerati, quei e quelle ragazze hanno offerto ai visitatori e alle visitatrici le proprie pratiche e il Centro Pecci è diventato un’esplosione di gioia.
In sottofondo, la lettura in loop della grandissima definizione e: “-1! 1962! 12! 15! 2019!”
Per ogni numero che urlavano, lә ospiti venivano portatә via da un gruppetto di ragazzә: abbiamo visto amicә, assessori, studentә che avevano co-progettato, professorә e genitori correre tra le opere, lasciarsi guidare dalle giovani voci in fondo al mare o tra boschi incantati, disegnare impacciati sulla moquette il proprio museo effimero, salire su un piedistallo per assumere una posa vittoriosa a ritmo di musica, spaccare piatti insieme alla rabbia.
Ne è nata una guida molto ambiziosa, un esperimento prêt-à-porter, un manuale in crescita, come, speriamo, questo progetto. L’abbiamo chiamata: Come si fa una piccolissima rivoluzione?
Note
[1] Inventato da Cri durante una delle prime esperienze in discoteca quando provava a dimenare il proprio corpo. Consiste nel muovere quello che si vuole, come si vuole, ma con gioia.
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La dimensione dell’esodo. Etica della diserzione, con Franco “Bifo” Berardi (philosopher), Zasha Colah (curator), Elisa Del Re (senior scholar of Padua University), Christian Marazzi (economist), Cesare Pietroiusti (artist): LINK.
Cristina Pancini (1977), artista esploratrice, si muove tra molteplici sperimentazioni e altrettante soluzioni tecniche e si orienta grazie a preziose collaborazioni. Punto di partenza, l’osservazione della quotidianità, fonte vitale di domande, forme, significati e urgenze. Luoghi prediletti, le frontiere.
Irene Innocente è Coordinatrice del Dipartimento Educazione del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci (Prato), dove dal 2016 progetta e coordina le attività educative e i programmi di accessibilità per tutti i pubblici. Specializzata in storia dell’arte contemporanea, dal 2007 ha collaborato come educatrice museale e segreteria organizzativa con diversi enti tra i quali Mus.e Firenze, FARO (Bruxelles), Settore Musei-Comune di Torino. È stata docente di Storia dell’arte per il MIUR e di Museum Management per IED-Firenze.
Francesca Serafini è Responsabile dei servizi educativi del Museo del Tessuto (Prato). Si dedica alla programmazione delle attività per le scuole e per le famiglie, progetta percorsi di accessibilità (Autismo e Alzheimer) e di inclusione sociale e dialoga con le referenti dei servizi educativi del sistema museale Pratomusei. Laureata in Lettere moderne con indirizzo storico/artistico nel 2008, si diploma tre anni dopo alla Scuola di Specializzazione in Beni storici artistici presso Università degli Studi di Firenze. Nel 2021 consegue il diploma di Master in Responsabile dei servizi educativi presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa (Napoli).
Valentina Spinoso lavora per Società Cooperativa Culture, è referente della sezione didattica del Museo di Palazzo Pretorio del Comune di Prato dal 2019. Coordina, progetta e realizza le attività didattiche per progetti di accessibilità e inclusione sociale e per i diversi pubblici. Laureata in storia dell’arte all’Università La Sapienza di Roma, porta avanti un percorso formativo nell’ambito della mediazione culturale approfondendo tematiche di progettazione e inclusione.