«DEDICA: Episodio di linguaggio che accompagna ogni dono […] sia esso reale o progettato e, più in generale, ogni gesto affettivo interiore, per mezzo del quale il soggetto dedica qualcosa all’essere amato».
Roland Barthes, Frammenti di un discorso amoroso
Il nucleo tematico della mia ricerca è legato alla memoria e al tempo, evocati in una sorta di fantasmagoria di oggetti e ombre.
La memoria è lo strumento che conferisce spessore all’esistenza, alle azioni, ai luoghi.
Il ricamo per me è forma espressiva privilegiata che, decontestualizzando gli antichi lavori manuali femminili, diviene media artistico e rappresenta un legame profondo con la mia tradizione familiare.
In questi ultimi anni ho collezionato meticolosamente racconti e ricordi delle donne anziane del mio paese d’origine, Ligonchio (RE) , ricostruendo immagini di una quotidianità perduta attraverso quelle testimonianze minime, fragili dettagli che tendono a scomparire nell’ombra di eventi più rumorosi, eppure forse meno importanti per capire davvero chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando.
É stato questo l’inizio di un processo che, partito dal pianissimo di un percorso intimo e introspettivo, si è subito allargato a un ambito sociale più ampio, per diventare poi un collettore di memorie collettive in grado di crescere ancora, con vorticosa forza centripeta.
La guerra e la modernità, i grandi scenari ricorrenti nei discorsi delle donne intervistate, assumono così una dimensione visionaria che trascende ogni retorica e sottende la struttura del percorso verso il “centro di sé” descritto da Santa Teresa d’Avila, il cui nome risuona nell’onomastica di mia nonna e della mia prima figlia.
Sono stati del resto i temi ricorrenti emersi dalle parole delle abitanti di Ligonchio – la guerra, la centrale elettrica, il bosco – a suggerire le coordinate spaziali del lavoro e a trasformare la dimensione soggettiva e autoriale del progetto in una struttura aperta, concepita per approfondirsi nelle sfaccettature di una costruzione la cui forza è basata sulla capacità di coniugare ricerca individuale e memoria collettiva.
La profondità del presente è definita dalla sovrapposizione stratificata di altri presenti, già trascorsi o ancora da venire, secondo una modalità simile alla consuetudine di dare ai propri figli i nomi degli antenati, quasi che il perpetuarsi di una famiglia nella discendenza possa così opporre la sicurezza della stabilità all’inesorabile fluire del tempo.
La ricerca intorno al mio paese d’origine ha abbracciato dunque una natura multidisciplinare e partecipativa anche attraverso la condivisione degli archivi fotografici familiari che, attraverso una paziente elaborazione digitale trasforma gli istanti fermati nelle foto d’epoca in diorami bidimensionali. Le immagini abbandonano la loro fissità e si sciolgono in un respiro di vita come richiamate dalla potenza evocativa del ricordo [1].
Il momento collettivo della creazione e la concretizzazione del tempo che scorre coinvolge le donne anziane nell’assemblaggio di una grande coperta fatta di centrini e antichi tessuti cuciti insieme che diviene metafora tangibile dei rapporti tra individui che interagiscono e intessono la trama della memoria, ma soprattutto un pretesto per riunirsi, confrontarsi e raccontarsi tra donne, come una volta si era soliti fare nell’aia o davanti a casa. Un tempo fatto di andate e ritorni, trama e ordito, diritto e rovescio che si ripete sempre uguale e sempre diverso [2].
L’approccio relazionale e l’utilizzo del ricamo come elemento connettore è presente anche nell’installazione site specific “Bianco # 1” creata per la baita di Cortlys, costruita vicino alle sorgenti del Lys, al di sotto di un ghiacciaio ai piedi del Monte Rosa e che appartiene da generazioni alla nobile famiglia Beck-Peccoz.
La prima immagine che ho richiamato alla mente guardando una foto di questo luogo è stata quella di un dipinto fiammingo, “Madonna in una chiesa gotica” di Jan van Eyck: il sublime e il sacro incarnati nella potenza di una natura primigenia e altera.
Ho voluto dunque celebrare questa visione con un paramento ricamato che riconduce alla sacralità dello spazio per cui è stato immaginato, il piccolo portico della dimora, luogo della condivisione, del racconto e della memoria. Ho scelto di farmi attraversare dalle tracce lasciate dal tempo ed evocare il vincolo che unisce le generazioni cucendo insieme i frammenti tessili degli antichi ricami che mi sono stati donati dalle donne del mio paese d’origine.
Per richiamare una presenza femminile salvifica di algido splendore che si coagula nelle mani anonime di tante donne, nella cura che hanno disposto nel cucire, intrecciare, ornare ogni tessuto. Per tutto il tempo che hanno dedicato a questa cura, che è anche preghiera che nutre il quotidiano.
Il legame con la comunità del luogo riverbera nei monogrammi dei casati della Valle del Lys ricamati in rosso [3].
Il ricamo diviene segno tangibile di una geografia sentimentale creata insieme alle donne delle piccole comunità con cui scelgo di interagire. Trova linfa e nutrimento nel racconto, nello scambio, nella condivisione di tempo e vissuto.
Dal 2020 ho dedicato il mio lavoro alla poesia e all’erbario di Emily Dickinson esplorando questa preziosa raccolta di fiori e foglie durante una serie di workshop tenuti alle Collezioni Tessili di Palazzo Bianco a Genova. Il tema del ricordo d’infanzia viene così evocato da tracce botaniche, immaginarie o reali che le partecipanti hanno condiviso e ricamato su un grande arazzo. Un repertorio di specimen e rarità spogliato di ogni veste scientifica e rivestito solo dal racconto di sé attraverso l’amorevole collezione di effimeri reperti [4].
“Gli intrecci dei fili e delle cuciture contengono tempo e pensieri, come spartiti di musiche silenziose, assumono la consistenza di una immota purezza e assieme di una grande forza per diventare talismani o preghiere per le creature a cui teniamo, per affrontare il passare dei giorni, per sentire di essere parte della natura. Come scritte di poesia visuale o bordure-calligrammi che col loro valore assertivo dimostrano poteri magici, le sue Storie d’aghi corrono su sottovesti e lacerti di stoffe ritrovate perché le cose che indossiamo custodiscono segreti, sospiri, persino immaginazioni, e i nuovi punti ricamati che le vivificano sono come ferite ma anche sortilegi che portano guarigioni” [5].
Note
[1] Else “Sette Stanze” è una produzione di Associazione Culturale Après la nuit. Il progetto è stato presentato al Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce_ Genova e alle Officine Solimano_Savona, novembre 2014/ maggio 2015
[2] I testi critici di Else “Sette stanze” sono a cura di Massimo Palazzi
[3] Bianco #1_ In hoc signo
Installazione site specific per il portico della baita di Cortlys_ Gressonay- Saint. Jean
Paramento ricamato, cm. 110×200
Muse Diffuse, a cura di Gabriella Anedi, Gressonay Saint Jean, 2019
[4] “Erbario Sentimentale”, Piccola esposizione effimera e workshop di ricamo
Musei di Strada Nuova, Palazzo Bianco, 9 novembre 2021/ 23 gennaio 2022
L’esposizione e il workshop sono eventi collaterali della mostra “Trionfo di Virtù”, dedicata ai ricami occidentali e orientali nelle Raccolte genovesi.
[5] Il testo critico di “Erbario sentimentale” è a cura di Stefania Portinari
In controluce:
Augé M., Rovine e macerie. Il senso del tempo, Bollati Boringhieri, 2004
Amendola G., M. Sajous D’Oria, La Carte du Pays de Tendre, Mario Adda Editore, 2015
Dickinson E., Herbarium, Elliot, 2017
Santa Teresa d’Avila, Il castello interiore, Ed. Paoline, 2016
Barbara Barbantini è artista tessile, designer ed educatrice. Per Associazione Culturale Après la nuit è curatrice di progetti multidisciplinari che esplorano la relazione tra linguaggi della contemporaneità e infanzia. Dal 2018 è docente di “Didattica per il Museo” presso l’Accademia Ligustica di Genova. www.apreslanuit.org