SPECIALE 55ma BIENNALE DI VENEZIA
This is your god! Teologia economica, circolazione e distruzione alla Biennale Arte 2013
di Tommaso Guariento

“Deus est oppositio nihil mediatione entis
Deus est semper movens immobilis”

Liber viginti quattuor philosophorum

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“Il denaro è il dio tra le merci. Come singolo oggetto tangibile il denaro può essere perciò accidentalmente cercato, trovato, rubato, scoperto, e la ricchezza generale passare tangibilmente in possesso del singolo individuo. Dalla sua forma di schiavitù nella quale si presenta come semplice mezzo di circolazione, esso diventa improvvisamente sovrano e dio nel mondo delle merci […] Il possesso del denaro mi pone rispetto alla ricchezza sociale nell’identico rapporto in cui mi porrebbe la pietra filosofale rispetto alle scienze.”

Karl Marx, Grundrisse der Kritik der Politischen Ökonomie (1857-1858)

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“La monnaie, – quelle que soit la définition qu’on adopte – c’est une valeur étalon, c’est aussi une valeur d’usage qui n’est pas fungible, qui est permanente, transmissible, qui peut être l’objet de transactions et d’usages sans être détériorée, mais qui peut être le moyen de se procurer d’autres valeurs fungibles, transitoires, des jouissances, des prestations. Or le talisman et sa possession ont, quant à nous, très tôt, sans doute dès les sociétés les plus primitives, joué ce rôle d’objets également convoités par tous, et dont la possession conférait à leur détenteur un pouvoir qui devint aisément un pouvoir d’achat”

Marcel Mauss, Les origines de la notion de monnaie (1914)

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La Biennale Arte 2013 è contrassegnata da una forte impronta del giovane curatore, Massimiliano Gioni, il quale propone un tema molto vicino agli studi di cultura visuale come Il palazzo enciclopedico. Da una recente intervista1 si può evincere come dietro la presenza diffusa di elementi antropologici e di carattere non necessariamente artistico della Biennale di quest’anno, ci sia un evidente riferimento agli studi di antropologia delle immagini e di visual culture2. Di qui l’esposizione d’immagini nel senso più largo del termine, come collezioni, atlanti privati, progetti di lingue artificiali, oggetti di uso simbolico e rituale non necessariamente riconducibili alla produzione artistica commerciale contemporanea.
L’interesse per il sapere enciclopedico e le varie forme d’immagini che lo rappresentano non sono un tema nuovo nell’organizzazione di recenti mostre d’arte: da un lato abbiamo Atlas di Didi-Huberman3, dove viene ripreso il modello dell’Atlante Mnemosine di Warburg e dell’altro La vertigine della lista di Umberto Eco4, dove si affronta il tema del sapere universale, della sua impossibilità e del modo in cui si può costruire la sua visualizzazione.
La nostra proposta non è però quella di seguire il tema portante dell’esposizione, quanto di cercare un’isotopia interpretativa trasversale, che, di là dalla volontà del curatore, si è manifestata in varie opere. Si tratta di un tema dettato dalla situazione politico-economica attuale, in altre parole quello della produzione, dello scambio e della circolazione di oggetti, siano essi economici, naturali, artificiali o iconici. Si tratterà di prendere in considerazione le opere di Vadim Zakharov (Russia), Stefanos Tsivopoulos (Grecia), assieme a due opere del padiglione italiano (Piero Golia, Sislej Xhafa) proponendo un’interpretazione politica ed antropologica del concetto di produzione, scambio e culto nel tempo della crisi5.

History Zero – Padiglione Grecia

Circolazione. Le opere del padiglione greco e di quello russo presentano in modo chiaro ed evidente la centralità del problema della crisi economica. L’aspetto enciclopedico del padiglione greco è marcato dall’esibizione di un pannello all’entrata che elenca vari sistemi di valuta (antichi e contemporanei). Segue la narrazione di tre storie fra loro interconnesse che legano tre ambiti sociali, rappresentanti da tre attori (un migrante africano, un’artista tedesca ed una collezionista d’arte). Le storie ruotano attorno ad un centro vuoto, ovvero la ricerca di un valore, declinato come fonte di sussistenza, di piacere estetico ed  di profitto economico. Questo oggetto di valore attorno alla quale ruota tutta la vicenda, non è riducibile al mero concetto di ricchezza economica. Meglio sarebbe interpretarlo secondo le categorie antropologiche declinate da Mauss nel suo saggio sul dono6:

« L’emploi de la monnaie pourrait suggérer d’autres réflexions. Les vaygu’a des Trobriand, bracelets et colliers, tout comme les cuivres du Nord-Ouest américain ou les wampun iroquois, sont à la fois des richesses, des signes  de richesse, des moyens d’échange et de paiement, et aussi des choses qu’il faut donner, voire détruire. Seulement, ce sont encore des gages liés aux personnes qui les emploient, et ces gages les lient. Mais comme, d’autre part, ils servent déjà de signes monétaires, on a intérêt à les donner pour pouvoir en posséder d’autres à nouveau, en les transformant en marchandises ou en services qui se retransformeront à leur tour en monnaies. »7

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Moneta, valore, ricchezza, potere, scambio, talismano, mana e segno descrivono alcune delle possibili declinazioni del complesso campo semantico dell’economia del dono. L’opera di Stefanos Tsivopoulos rende evidenti alcune “sopravvivenze” del sistema del dono, sia in senso enciclopedico (il pannello posto all’entrata), sia in senso narrativo. Il legame narrativo si produce appunto mediante le metamorfosi che l’oggetto di valore subisce nelle mani di chi ne entra in possesso. Possedere l’oggetto di un altro non è mai un evento antropologicamente privo di conseguenze, basti qui ricordare la radice greca del dono: gift (eng.) – dosis (lat.) – dósis (gr.), ovvero “dose di veleno”. Il dono non restituito agisce in senso negativo, come se possedesse un’anima (lo hau), ma quest’anima è ciò che lega personalmente l’oggetto al suo proprietario. Anche se nelle tre proiezioni del padiglione greco non assistiamo ad avvelenamenti o a ritorsioni del dono (come invece accade ne LArgent di Robert Bresson), è evidente che l’oggetto scambiato mantiene parte dello spirito di chi l’ha posseduto. Gli oggetti ricercati dai tre personaggi rientrano pienamente nell’umwelt della loro situazione sociale (il migrante cerca rifiuti, l’artista cerca opere d’arte e la collezionista cerca di disfarsi del denaro). Ma cosa sono, infine, gli oggetti (o l’oggetto) dello scambio? Si tratta di valori, di ricchezze o d’inservibili resti? O forse sono semplicemente “cose”, intese però nel senso profondo del termine latino “res”:

« Ensuite, la res n’a pas dû être, à l’origine, la chose brute et seulement tangible, l’objet simple et passif de transaction qu’elle est devenue. Il semble que l’étymologie la meilleure est celle qui compare avec le mot sanscrit rahratih, don, cadeau, chose agréable. La res a dû être, avant tout, ce qui fait plaisir à quelqu’un d’autre. D’autre part, la chose est toujours marquée, au sceau, à la marque de propriété de la famille »8

Danaë – Padiglione Russia

Capitalismo, desiderio, religione: Il padiglione russo presenta una pièce teatrale interattiva basata sul mito di Danae. Elemento centrale del padiglione è il denaro, sotto forma di moneta che circola fra due piani grazie all’intervento volontario sessuato della componente femminile dei visitatori. Danaë è strutturato in varie scene, tutte connesse con il tema del flusso di beni (sia in forma di scarto, sia come perpetuum mobile). La parte centrale è costituita da un distributore di monete che fa piovere il denaro dall’alto verso il basso. Nella parte superiore si assiste alla pioggia osservando la scena da un’apertura quadrata circondata da inginocchiatoi. Segue poi una stanza dove un rullo in moto porta le monete nella parte più alta, dalla quale saranno erogate. Le monete, infine, vengono raccolte in una stanza posta a livello inferiore, che secondo il curatore rappresenta lo spazio femminile. Qui possono accedere sono donne munite di ombrelli, che possono scegliere di raccogliere una moneta e portandola in un secchio che servirà a ricaricare il rullo. Questa azione frutterà loro una moneta in omaggio.
… Sebbene condivida con il padiglione greco la preoccupazione per la crisi economica, l’opera di Vadim Zakharov tematizza un processo di tipo diverso. Danaë rappresenta l’assoluta autoreferenzialità del sistema capitalistico attraverso l’allestimento di una macchina che si riproduce attraverso lo sfruttamento dell’avidità degli spettatori. Il numero di monete che sono messe in circolazione è finito. Proviamo ad elaborare alcune considerazioni a partire dalla struttura dell’opera:

1. Da un lato lo spettatore è agito dalla macchina, ovvero produce il suo funzionamento mosso dal desiderio di possedere una moneta. Si verifica dunque quel caso di inversione dei rapporti fra natura, macchina ed operai previsto da Marx nel Frammento sulle macchine dei Gründrisse, ed oggi sempre più manifesto nel lavoro cognitivo. 

“L’operaio non è più quello che inserisce l’oggetto naturale modificato come membro intermedio fra l’oggetto e se stesso; ma è quello che inserisce il processo naturale, che egli trasforma in un processo industriale come mezzo tra se stesso e la natura inorganica, della quale si impadronisce”9

2. Lo spettatore di sesso femminile che permette la continuazione del processo di circolazione del denaro è trasformato in moneta vivente, secondo la felice espressione di un saggio di Klossowski:

“L’economia riflette dunque, nel suo interno, un duplice meccanismo: de da una parte, infatti, le forze pulsionali dell’individuo vengono assoggettate alle norme economiche, neutralizzate ed istituzionalizzate, dall’altra è l’economia stessa a riprodurre, attraverso gli oggetti fabbricati, il comportamento peculiare degli impulsi”10

La macchina ideata da Zakharov funziona come uno schema astratto del sistema di circolazione monetario. Evidentemente, non potendo esibire tutti i suoi tratti (la macchina è una mappa, non un territorio), si limita a segnalare quelli più problematici. Elemento problematico è la trasformazione del desiderio in circolazione monetaria e poi di nuovo in capitale costante. La spettatrice che supera il pericolo della pioggia di denaro e recupera una moneta, da un lato si abbandona al desiderio di tesaurizzare (sottraendo un elemento alla circolazione) e dall’altro permette il funzionamento della macchina.

3. Un altro elemento complesso è la natura mortale11 del processo capitalistico, che viene esemplificato dal fatto che la circolazione continua del denaro nella macchia produce sia il suo funzionamento che la sua fine per esaurimento delle risorse:

“Il capitale, che ha sempre sentito il tempo di circolazione come un ostacolo alla produzione, che si è sempre mosso per ridurre al minimo la contraddizione fra il tempo di produzione e il tempo di circolazione, si trova stretto entro un rapporto di forza che vede, insieme la necessità di stare a questo gioco, ma anche il carattere mortale di questa soluzione”12

“È tendenza necessaria del capitale mirare a porre il tempo di circolazione = 0, ossia a sopprimere se stesso, giacché è soltanto in virtù del capitale che il tempo di circolazione è posto come momento determinante del processo di produzione. Il che equivale a sopprimere la necessità dello scambio, del denaro, e della divisione del lavoro che su di essi si basano, ossia il capitale stesso”13

Nel capitalismo pulsione di vita pulsione di morte coincidono nella riproduzione della circolazione: ciò che mette in moto il sistema economico è ciò che vuole ricondurlo alla sua stasi. L’opera che contrappone al Lustprinzip del padiglione russo il Todestrieb – nella sua versione più “inanimata” – è il Tractatus Logicus Flat di Sisley Xhafa, una bara ricoperta da biglietti della lotteria esposta nel padiglione italiano. Qui non c’è più alcun perpetuum mobile, né di denaro né di viventi, qui è semplicemente espresso l’aspetto finito morale di ogni circolazione, con l’aggravante della sfida fallimentare alla Fortuna. Sempre nello stesso padiglione possiamo trovare un’altra opera che tematizza la finitudine della ricchezza e delle risorse: si tratta del blocco di cemento impastato con sabbia ed oro di Pietro Golia (Untitled, My Gold is Yours). Anche quest’opera, come nel caso del padiglione russo, è soggetta a mutazione (esaurimento dell’oro che l’artista invita a sottrarre dal blocco), ed anche in questo caso ciò che si esaurisce è una forma di valore economico.

Vice Versa – Padiglione Italia

Capitalismo divino: Nella breve analisi delle opere che abbiamo proposto vi è un tema sotterraneo a cui abbiamo solo accennato, per concentrarci maggiormente sugli aspetti di critica dell’economia. Questo aspetto è definibile nella formula benjaminiana di capitalismo come religione14. Secondo Benjamin il capitalismo non è una forma secolarizzata di religione, ma è in realtà un culto fondato sull’assenza di una dogmatica, sulla natura ininterrotta del suo officio ed infine sulla mancanza di un aspetto escatologico che si traduce nella creazione continua di una colpa-debito. Gli inginocchiatoi del padiglione russo, dove ci siede per osservare lo spettacolo della circolazione, la bara nel padiglione italiano ricoperta da biglietti della lotteria sono segnature dell’aspetto culturale del capitalismo.
… Per concludere vorremmo brevemente proporre un’interpretazione complessiva delle opere sin qui presentate. Si tratta dell’esposizione di un semplice modello di teologia economica15.

 

Nell’Introduzione all’opera di Marcel Mauss Lévi-Strauss parla di un signifiant flottant:

« Dans ce système de symboles que constitue toute cosmologie, ce serait simplement une valeur symbolique zéro, c’est-à-dire un signe marquant la nécessité d’un contenu symbolique supplémentaire à celui qui charge déjà le signifié, mais pouvant être une valeur quelconque à condition qu’elle fasse encore partie de la réserve disponible, et ne soit pas déjà, comme disent les phonologues, un terme de group »16

Il dono, il valore, la ricchezza e la moneta sono caratterizzate da questa struttura di segno vuoto a livello zero17 che non rappresenta un oggetto, ma una relazione. Seguendo le interpretazioni proposte da Deleuze e Derrida18 possiamo affermare che questo significante a livello zero è da un lato un oggetto contraddittorio, e dall’altro ciò che sta in relazione con tutti gli altri oggetti. Se per oggetto intendiamo qualsiasi ente, sia esso naturale, artificiale o immaginario, allora la relazione che connette fra loro tutti gli oggetti è qualcosa di trascendente.
… Per Derrida l’aspetto vuoto della trascendenza è un prodotto del nichilismo di Nietzsche, della scoperta dell’inconscio di Freud e della critica all’onto-teologia di Heidegger. Per Deleuze il significante vuoto è ciò che consente la circolazione fra gli elementi di serie fra loro eterogenee (come nel caso di doni scambiati).
… Proviamo dunque a ripetere l’esperimento di sostituzione di concetti “secolarizzati” con concetti “religiosi” condotta da Mauss nelle ultime pagine del suo saggio sul dono19, seguendo una teologia particolare, di stampo occasionalista20. Secondo questa teologia, la relazione fra due oggetti (di qualsiasi tipo) è data dall’intervento di un terzo oggetto, che rappresenta la natura della relazione stessa, ovvero Dio.
… Dio diventa una sorta di collante universale, ed interviene in ogni tipo di relazione causale. Si pensi alla ontologia di Berkeley: il fatto che il giorno sorga ancora non è dettato dalle leggi scientifiche, ma dall’intervento di Dio nella sua causazione.
… Torniamo a Marx, ai Gründrisse: che cos’è il denaro? È un oggetto? No, è il segno di una relazione, ed è medium fra tutte le cose, siano essi merci, viventi naturalia.

“[…] il medium “denaro” [ha] surrogato, come suo equivalente, il medium della religione, quanto meno della religione cristiana, ossia l’eucarestia, soppiantando all’inizio dell’età moderna nella sua funzione di medium culturale dominante”21

Dio, denaro e dono assumono una posizione contraddittoria, immateriale ed “atmosferica”: non sono infatti semplici oggetti, ma possiedono una struttura embricata. Possono avere forma materiale (nei simulacri, nei talismani), ma hanno sicuramente una forma nelle relazioni sociali ed una forma trascendente che eccede. Dio, denaro e dono sono nomi di forme di relazione, ed in particolare di relazioni che connettono tutto ciò che esiste in una rete gerarchica di vincoli e di forze.

Le opere della Biennale Arte 2013 che abbiamo preso in considerazione evidenziavano sia gli aspetti narrativi del dono come legame fra individui (Grecia), che quelli religiosi del culto del capitalismo (Russia) ed infine attestavano la pulsione di morte introiettata da questa forma di culto (Italia). Nella nostra interpretazione abbiamo tentato di far emergere alcuni temi di carattere filosofico più generale che sono stati stimolati dalla visione di queste opere, ed in particolare abbiamo individuato da un lato la volontà di comprensione antropologica dei fenomeni economici contemporanei e dall’altro la tematizzazione di aspetti religiosi legati a questi fenomeni. Vorremo concludere con un’ultima riflessione sullo statuto artistico delle opere segnalate. Se, come dicevamo, il denaro ha preso il posto del dio della tradizione teologica come mediante universale fra gli oggetti, che tipo di oggetti sono quelli artistici e come si inseriscono nel campo di forza delle relazioni? Evidentemente opere d’arte come quelle presentate nel padiglione russo o in quello greco non sono altro che meta-rappresentazioni astratte di un particolare tipo di relazioni fra oggetti. Mentre Dio ed il denaro connettono silenziosamente ed in modo invisibile gli oggetti fra loro, compito dell’arte è di svelare questo processo, costruendo schemi astratti che ne rendano visibile il funzionamento.

John Carpenter, They live (1988). Scena “This is your God”22

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Didascalia dell’immagine in homepage
Vadim Zakharov, Danaë, Padiglione Russo, Biennale Arte 2013, foto di Clara Mogno
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1 CfrImmagini, sintomi e ossessioni. Intervista a Massimiliano Gioni a cura di Elena Agudio,  Art e Dossier n. 300, Giunti, Milano, 2013.
Cfr. Georges Didi-Huberman, Devant L’image: Question Posée Aux Fins D’une Histoire de L’art , Paris: Éditions de Minuit, 1990; W. J. Thomas Mitchell (a cura di Michele Cometa), Pictorial Turn Saggi Di Cultura Visuale, Palermo: :duepunti edizioni, 2008; Hans Belting, Antropologia Delle Immagini, Roma: Carocci, 2011; Andrea Pinotti, Antonio Somaini, Teorie Dell’immagine: Il Dibattito Contemporaneo, Milano: Raffaello Cortina Editore, 2009.
3 Cfr. Georges Didi-Huberman, Atlas – How to Carry the World on One’s Back?: Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, Madrid, November 26, 2010 – March 28, 2011; ZKM, Museum Für Neue Kunst, Karlsruhe, May 7 – August 28, 2010; Sammlung Falckenberg, Hamburgo, September 24 – November 27, 2011, Madrid: Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia, 2010.
4 Cfr. Umberto Eco, Vertigine Della Lista, Milano: Bompiani, 2012.
5 Per l’interpretazione delle opere della biennale si è tenuto conto del catalogo Massimiliano Gioni (a cura di), La Biennale Di Venezia. 55a Esposizione Internazionale D’arte. Il Palazzo Enciclopedico (Venezia: Marsilio, 2013).
6 Cfr. Marcel Mauss, Sociologie et Anthropologie; Précédé D’une Introduction à L’oeuvre de Marcel Mauss, Paris: Presses universitaires de France, 1960, pp. 145-279.
7 Marcel Mauss, op. cit., pp. 268, 269.
8 Ibid., p. 233.
9 Antonio Negri, Marx Oltre Marx, Roma: Manifestolibri, 1998, p. 174.
10 Cfr. Pierre Klossowski, (a cura Rachele Chiurco) di La Moneta Vivente, Milano: Mimesis, 2004. Citazione dalla Prefazione di Roberto Chiurco, p. 18.
11 Cfr. Gilles Dostaler, Bernard Maris, Capitalisme et Pulsion de Mort, Paris: Albin Michel, 2009.
12 Antonio Negri, op. cit., p. 214.
13 Marx, Karl, Lineamenti Fondamentali Della Critica Dell’economia Politica1857-1858 , (tr. it. a cura di E. Grillo) Firenze: La nuova Italia, 1974, Vol. II., p. 303.
14 Benjamin, Walter, Capitalismo Come Religione, Genova: Il Nuovo Melangolo, 2013. Si veda anche gli atti di un colloquio tenuntosi in Germania nel 2005 attorno a questo testo e alle recenti mutazioni dell’economia globale: Marc Jongen (a cura di), Il Capitalismo Divino Colloquio Su Denaro, Consumo, Arte e Distruzione, con Boris Groys, Jochen Hörisch, Thomas Macho, Peter Sloterdijk e Peter Weibel, Milano: Mimesis, 2011. Ed. ita a cura di S. Franchini, postfazione di P. Perticari.
15 Termine utilizzato da Giorgio Agamben in  Il Regno e La Gloria: Per Una Genealogia Teologica Dell’economia e Del Governo : Homo Sacer, II, 2, Vicenza: Neri Pozza, 2007.
16 Lévi-Strauss, Introduction à l’œuvre de Marcel Mauss in Marcel Mauss, op. cit., p. LI.
17 Ricordiamo che Zero History è anche il nome del padiglione greco.
18 Jacques Derrida, La Structure, le signe et le jeu dans le discours des sciences humaines, in L’écriture et la différence, Paris : Seuil, 1967, pp. 409-429 e Gilles Deleuze, De la structure in Logique Du Sens, Paris: Editions de Minuit, 1982, pp. 63-67.
19 Marcel Mauss, op. cit, p. 273.
20 Graham Harman, “Time, Space, Essence, and Eidos: a New Theory of causation,” Cosmos and History: The Journal of Natural and Social Philosophy, 6 (2010), 1–17. Per una ricostruzione storica dell’occasionalismo e la sua applicazione nella filosofia contemporanea.
21 Citazione di Jochen Hörisch  in Marc Jongen (a cura di), op. cit., p. 74.
22 Per l’interpretazione politica e psicanalitica del film, si veda Slavoj Žižek, Denial: the Liberal Utopia, consultabile all’indirizzo http://www.lacan.com/essays/?page_id=397.

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Tommaso Guariento, dottorando in Studi Culturali Europei presso l’Università di Palermo. Collabora con Ágalma e Janus. Quaderni del circolo glossematico. Si occupa di cultura visuale, antropologia e filosofia politica.