Dove il realismo mostra con più evidenza il bisogno
di sganciarsi dalla realtà empirica è proprio nelle “storie vere”.
(Siti, 2013: 31)
Sindrome Italia
La parola sidelki in russo significa letteralmente «la donna che siede accanto all’anziano»: una definizione più specifica e umana del vago termine inglese caregiver, dove comunque appare il concetto fondamentale di cura, e sicuramente molto più dignitosa dell’anonimo e svilente termine italiano badante: nonostante il nostro sia, insieme alla Spagna, il paese europeo con il più alto numero di donne migranti impiegate nei lavori di assistenza familiare [1], per nominarle basta l’asettico participio di un verbo che suggerisce statica sorveglianza, che ne banalizza l’intervento e le mansioni e ne sminuisce il lavoro. Un atteggiamento linguistico che riassume bene la scarsa considerazione generale dell’impatto socioeconomico che il silenzioso e inestimabile operato di queste lavoratrici ha sulla nostra realtà. La storia di Vasilica, un’assistente familiare rumena che ha raccontato la sua esperienza alla drammaturga e attrice Francesca Vaccaro, poi raccolta nel fumetto disegnato da Elena Mistrello al centro di queste riflessioni, può aprirci gli occhi sul trauma della partenza, della lontananza e del ritorno problematico e tormentato al proprio paese: in buona sostanza, su quelle vite sospese che spesso ignoriamo e sulla loro malattia conosciuta come sindrome Italia.
Sindrome Italia come multitesto
Tiziana Francesca Vaccaro, drammaturga e attrice, ha deciso di approfondire e di scavare nelle vite sospese delle assistenti familiari provenienti dall’Europa dell’Est: come racconta nella postfazione al fumetto Sindrome Italia, storia delle nostre badanti (Vaccaro, Mistrello, 2021), testo al quale questo intervento è dedicato, nel 2018 inizia a pensare di lavorare con le storie delle donne migranti impegnate come assistenti familiari in Italia. È Silvia Dumitrache [2] che le parla per la prima volta della patologia che darà più tardi titolo alla drammaturgia teatrale e in seguito anche al fumetto, disegnato da Elena Mistrello. Al Mal d’Italia, la sindrome depressiva sviluppata dalle assistenti familiari provenienti dall’Est al ritorno nei propri paesi e alle loro famiglie d’origine, si erano dedicati già nel 2011 il compianto giornalista e scrittore Alessandro Leogrande e la regista Katia Bernardi, il primo in un articolo apparso su Il Fatto Quotidiano [3], la seconda con il film Sidelki-Badanti [4]. La Sindrome Italia ha colpito anche Vasilica, che tornata in Romania, non ce l’ha fatta a rimanere ed è ripartita, lasciando di nuovo il proprio paese. Ispirata dal suo racconto, Tiziana Vaccaro costruirà la drammaturgia teatrale, che porterà poi alla narrazione per immagini, al fumetto di Elena Mistrello.
Autonarrazione e testimonianza
Tiziana e Vasilica parlano via Skype. Compresa la profondità e l’importanza del racconto, l’autrice chiede alla donna se sia serena a condividere la sua storia. Le parole di Vasilica sono emblematiche:
«Non solo fa bene a me, ma sono certa che la mia testimonianza, farà bene a tante altre donne che non riescono a parlare, perché in fondo la mia vita è un po’ la vita di tutte noi ed è arrivato il momento di raccontarla» [5]
Il racconto del sé come spazio espressivo e di autoanalisi, ha innegabilmente un valore terapeutico [6]; anche per questo Vaccaro, da sempre interessata a portare in scena storie invisibili, attenta al valore civile della scrittura e della recitazione, promuove un laboratorio di intervento sociale aperto a donne italiane e migranti impegnate in lavori di assistenza familiare. Le testimonianze raccolte si aggiungono alla voce di Vasilica e diventano parte delle fonti utilizzate per la scrittura teatrale e per il fumetto. La scrittura teatrale di Vaccaro è un testo che attinge dall’autonarrazione, lasciando intatta la prima persona e i fatti narrati da Vasilica, e si alimenta del benessere generato nella dinamica di scambio e condivisione laboratoriale; il suo monologo materializza in scena il corpo e la voce di molte donne con un destino condiviso di dolore e sospensione, di strappi impossibili da ricucire, di esistenze vissute in un’apnea dalla quale è quasi impossibile riemergere.
Sindrome Italia. Storia delle nostre badanti: il fumetto
Elena Mistrello è fumettista e muralista ed ha già collaborato con Tiziana Vaccaro: sarà lei a disegnare le immagini del racconto che il corpo e la voce dell’attrice hanno suggerito in scena. Il libro Sindrome Italia Storia delle nostre badanti racconta una storia autoconclusiva e potrebbe essere definito un graphic novel, se non volessimo attenerci invece all’intuizione di Hillary Chute (2010) che nel suo lavoro, concentrato sulle autonarrazioni femminili, definisce graphic narrative ciò che si allontana dal romanzo per offrire piuttosto una narrazione che aderisce ad eventi reali. Vedremo come anche mediata dall’autrice e dalla disegnatrice del fumetto, la storia di Vasilica abbia infatti forma e forza di testimonianza, un racconto biografico in cui gli eventi reali si mostrano attraverso un trauma e uno sviluppo; rifletteremo su come il linguaggio sequenziale restituisca perfettamente il viaggio nella memoria frammentata e la rappresentazione del trauma attraverso la simultaneità e altri tratti tipici della sua grammatica e, soprattutto, attraverso la reinvenzione del corpo sulla pagina. Nell’idea di Chute la graphic narrative creata con il linguaggio del fumetto, mostra infatti somiglianze formali con l’atto e il movimento della memoria, ed è quindi un mezzo ideale per affrontare le narrazioni dello sviluppo e di teorizzare il trauma in forma visiva (Chute, 2010). Se il fumetto è costituito da un principio ibrido dato dalla sintesi di codice iconico e codice verbale, di spazio e tempo (Chute, 2010), nel caso di Sindrome Italia il linguaggio si fa crasi espressiva di narrati già esistenti, orali e performativi, dove si condensano gli elementi letterari dell’autonarrazione e quelli di condivisione e cura legati alla dinamica laboratoriale, in un’ulteriore ri-mediazione dove si apprezzano scelte stilistiche inedite, che allontanandosi dalla rappresentazione realistica sottolineano paradossalmente il valore di denuncia dell’opera.
Spazio e tempo: realismo e frammentazione
La storia di Vasilica nel fumetto è strutturata in parti che corrispondono a luoghi (Iasi in Romania, città di Vasilica o l’Italia, nelle città di Palermo e Milano) e tempi diversi e al contesto geografico è assegnato un colore: giallo per la Romania e verde/azzurro per l’Italia [7]. Rispettando il concetto di testimonianza come memoria, la narrazione inizia nel 2016 in Romania e ricostruisce gli eventi a ritroso: vediamo sullo sfondo in giallo il dettaglio ingrandito dei suoi piedi che fluttuano, senza toccare il fondale e nelle vignette sovrapposte, in nero, l’azione: un’inquadratura soggettiva- un biglietto aereo in mano- e una oggettiva nella quale vediamo Vasilica che lo sorregge; appena inizia a scrivere, sullo sfondo in giallo le sue mani emergono dalla superficie del liquido: con la lettera che scrive ai figli-che il lettore legge come un diario- Vasilica spiega che è tornata da un anno ma si sente «straniera di sé stessa» (Vaccaro, Mistrello, 2021: 17).
Per spiegare il suo percorso e il suo stato d’animo, Vasilica va indietro con la memoria al 2005, anno in cui decise di partire: dal futuro ammette di essere «scomparsa come madre» (Vaccaro, Mistrello, 2021: 27) in quel momento. L’azione passa quindi all’Italia: arrivata a Palermo Vasilica si trova muta perché non può esprimersi in italiano, eppure vorrebbe urlare la sua rabbia: la voce che non può parlare, la gonfia, ingrandisce il suo corpo sulla pagina, un corpo che finora ha rispettato i dettami della rappresentazione realistica, le cui proporzioni reali saltano, ingigantite dalla frustrazione.
L’elemento della voce porta la ricostruzione della protagonista di nuovo al presente rumeno del 2016. Il figlio Alessandro le chiede di lavargli la felpa e Vasilica è rappresentata, sente sé stessa e si pensa chiusa in un armadio che fluttua nel liquido, di nuovo sospesa, tra il ricordo delle sue mansioni come assistente domestica in Italia e quelle di madre in Romania
Col figlio Vasilica visita i luoghi della sua infanzia : ricorda di quando cantava e nella lettera scrive «Poi sono partita per l’Italia e non ho cantato più […] cantavo in silenzio, solo per me […] La voce però l’ho persa. Il desiderio, la gioia, li ho persi. È rimasto solo il silenzio. MUTA».
Nel meccanismo del ricordo e in quello della trasfigurazione del corpo, i figli hanno un ruolo determinante; quando nel 2005, a Palermo, Vasilica riceve la visita dei figli e non sa dove accoglierli, poiché la signora che assiste non le permette di ospitarli, la protagonista estende la sensazione di fame di cibo, a quella degli affetti. È in questo momento un elemento grafico che solo accennato in precedenza prende corpo: Vasilica diventa una rana. L’animale che vive a metà tra terra e acqua, che sopravvive in apnea è protagonista di una parte di narrazione completamente immaginaria che culmina con una tavola a pagina intera, una splash page dove in un impeccabile riferimento iconico al Saturno (o Crono nella mitologia greca) goyesco, Vasilica-rana si porta i figli alla bocca per divorarli.
Presa coscienza della propria condizione, l’immagine della rana non abbandonerà più Vasilica: la scelta grafica di sintetizzare uno stato d’animo di sospensione trasfigurando il corpo del personaggio e rappresentandolo come un animale anfibio antropomorfizzato, non pone particolari difficoltà d’interpretazione ma fa tremare l’impianto realistico della testimonianza. Verrebbe da ipotizzare che, riconosciuto a posteriori il trauma del distacco dagli affetti e dal proprio passato, questo possa essere affrontato solo attraverso metafore: nella sua testimonianza Vasilica parla di apnea [8], situazione che Elena Mistrello condensa nella figura della rana. Del resto, essere traumatizzati è essere posseduti da un’immagine o da un evento [9]. Troviamo la protagonista nella parte successiva di nuovo a Milano nel 2008, a servizio dalla colta signora Marilisa, che intuisce il suo disagio e le consiglia di imparare a respirare, come se avesse capito che Vasilica non sta più vivendo, che una parte di lei è morta. Torniamo a Iasi, nella Romania del 2016; la redazione della lettera ai figli, fisicamente disegnata e scritta su pagina, continua; la protagonista, nella ricostruzione a ritroso delle sue decisioni e del suo malessere affronta il tema della relazione con il marito, alla cui assenza e inettitudine attribuisce comunque una certa responsabilità. Di nuovo, come in ogni parte del racconto che si svolge in Romania, il colore è il giallo della terra e inonda la stanza da dove Vasilica scrive; il pensiero di affogare la avvolge, la solleva da terra, la costringe a cercare l’aria per non finire sommersa.
Vasilica torna donna per amore nella parte successiva: la morte della signora Luciana, la prima anziana per la quale ha lavorato a Milano, le provoca un dolore così grande da farle sentire il proprio corpo, che non è una rana, ma una donna viva, che a tutto può adattarsi meno che alla mancanza d’amore. Inizia a frequentare Bogdan che con l’amore la riporta letteralmente alla vita-restituendole anche la voce per cantare (Vaccaro, Mistrello, 2021: 112). La loro relazione precede di poco lo scioglimento della storia: nell’ultimo capitolo i colori giallo e verde/blu , come i tempi del racconto, si intrecciano in tavole molto dinamiche e profondamente toccanti: mentre pensa al suo futuro, Vasilica è tormentata dal ricordo dalle voci impositive delle signore per le quali ha lavorato, dall’acqua che le limita il movimento circondandola di oggetti galleggianti che indicano le varie mansioni domestiche: sono metafore visive e simultanee degli ultimi sintomi sensibili della sindrome che sta superando. I figli ormai grandi, la accompagnano all’aeroporto, da dove Vasilica ripartirà ma non per tornare in Italia.
Embodiment: il corpo sulla pagina
Dopo aver definito il quadro teorico nel quale ascrivere la lettura di Sindrome Italia come affine a quello ben esposto da Hillary Chute, che si è principalmente occupata di individuare e studiare le caratteristiche del fumetto che permettono a un’autonarrazione di essere considerata femminista, non possiamo prescindere dal dedicare una piccola riflessione al “corpo sulla pagina” [10], consapevoli che i suddetti riferimenti teorici e letterari siano spesso dedicati alle autobiografie o self narrative, e considerando il fumetto come una ri-mediazione (la seconda, dopo quella del monologo teatrale) di un racconto autobiografico. Sulla potenzialità del disegno narrativo come mezzo per la rappresentazione del corpo si esprime perfettamente Alessio Trabacchini quando afferma che
Disegnando e soprattutto disegnando noi stessi, possiamo guardarci, sentirci, costruirci, frammentarci, perderci, dissolversi, nasconderci, ibridarci, mutare. Vale per la mano che crea, ma anche per l’occhio che guarda […] Il fumetto, semplicemente complica le cose: mescola il racconto e l’immagine, traduce il tempo in spazio […] Ma l’articolarsi delle figure sulla pagina, che porta nel fumetto il calore e la tensione del corpo, quella parte che può eccedere il progetto, contraddire l’intenzione oppure infonderla di vita e di verità (Hamelin eds, 2020: 29-30)
La metafora visiva della rana, come spiega l’autrice Francesca Vaccaro, allude anche alla parabola chomskiana «racconta la difficoltà di reagire di balzare fuori dal pentolone con un forte colpo di zampa e tornare alla vita» (Vaccaro, Mistrello, 2021: 153). Questa rana in cui il corpo di Vasilica si trasforma sulla pagina, abbandonando le sue fattezze reali, è in grado di sopravvivere senza respirare, o immersa nell’acqua, così come Vasilica non è più madre, non è più donna e non riconosce neanche più sé stessa, ma si adatta alla situazione, ammalandosi. Se a livello narrativo la forza della metafora giustifica l’allontanamento dall’elemento strettamente realistico, una volta cosciente della sua condizione e del suo trauma, Vasilica riacquista il suo corpo sulla pagina, ama, vive, reagisce evadendo dalla gabbia della malattia.
Realismo e impegno
La storia di Vasilica riguarda molte badanti malate, divenute rane nella bella doppia pagina (Vaccaro, Mistrello, 2021: 136-7) che anticipa la chiusura del libro, immerse in uno stagno del quale riprendendo il principio esemplificato da Noam Chomsky, non conosciamo la temperatura ma crediamo idealmente essere vicina a quella del punto di ebollizione. Abbiamo sottolineato come pur non appartenendo alla categoria autobiografica, la storia si presenti come un racconto credibile in prima persona; potremmo riflettere anche su come, in questo caso, prima dell’iconotesto e delle sue favorevoli caratteristiche narrative succitate-da rintracciare nell’intersezione tra i caratteri costituenti del linguaggio applicati a una narrazione del sé femminile, traumatica e di sviluppo- la forma testuale performativa preveda un patto solido tra narratore e spettatore, delegando la fruizione della storia e il suo realismo alla messa in scena, alla presenza di un corpo e della voce di un’attrice. La genesi stessa della pièce si intreccia con una testimonianza corale offerta dalle partecipanti al laboratorio teatrale, il cui senso civico è quello di «progettare insieme per dar voce alle bellezze della comunità, producendo identità culturale e riconoscimento nei confronti del bene comune» (Vaccaro, Mistrello, 2021: 154). Quindi il libro, che conserva lo stesso intento, è a tutti gli effetti un fumetto di realtà, dove il realismo senza rinunciare alla sua pretesa di verità, ha assunto sì una veste consapevolmente problematica, ma si rifà a quella «operazione sociale» esposta da Donnarumma, nelle sue riflessioni sul Nuovo realismo narrativo italiano, che presuppone «non solo un raccordo tra narratore e pubblico ma anche il narratore rivendichi il suo mandato» (2008: 54). È opportuno chiedersi concludendo, quale sia la funzione delle metafore visive nella rappresentazione del corpo di Vasilica e delle sue metamorfosi. È proprio l’elemento del corpo, con la sua portata simbolica nella teoria femminista, ingigantita poiché considerata in un iconotesto che prende le mosse da una rappresentazione teatrale, che ci permette di situare l’opera in uno spazio intermedio tra graphic narrative come fumetto di realtà e autonarrazione femminista: nel dispositivo di moltiplicazione e proliferazione dei diversi corpi di Vasilica, nella loro interazione e sovrapposizione nello spazio della pagina, rintracciamo da una parte la densità che restituisce la «vita ricreata con i segni non come somma di elementi discreti, [ma] di livelli di significazione che si affollano in un tutto continuo» (Siti, 2013: 17) e dall’altra, soprattutto, quei punti di interesse costitutivi della narrativa femminista che Chute ha individuato nella spazialità, nel posizionamento e nell’embodiment.
Così mentre il fumetto si fa lingua di testimonianza [11] ribadisce la sua appropriatezza per il racconto di quei vissuti che attraversano un trauma e uno sviluppo, per presentare infine quelle soggettività ibride fondamentali alla narrazione dell’esperienza del sé e collettiva (Chute, 2015: 201).
Le autrici, diventate corpo, voce e sguardo di un soggetto narrante, moltiplicato nelle ri-mediazioni della sua storia, firmano opere che definiremmo di denuncia e femministe, per la ricaduta che il racconto del sé per come espresso, strutturato e analizzato, ha sulla sfera collettiva: sono artiviste (Trione, 2022) poiché testimoni [12] che svolgono quel «severo esercizio dello sguardo» che ogni artista politica posa sulla realtà, offrendo come esplicitato nel loro ringraziamento a Vasilica, «una coraggiosa testimonianza, dono prezioso per tutte le donne che lottano ogni giorno, invisibili».
Note
[1] Nel 2020 i lavoratori domestici nel mondo erano 67 milioni; in Europa, di questi il 62, 7% risiedeva in Spagna o in Italia. (Osservatorio lavoro domestico, consultato nel mese di ottobre, 2022)
[2] Silvia Dumitrache è fondatrice e presidente di ADRI (Associazione Donne Romene in Italia) e attivista per i diritti
umani impegnata nella lotta per il riconoscimento della famiglia transnazionale e dei suoi membri nei paesi di origine e destinazione. Nel 2020 i lavoratori domestici nel mondo erano 67 milioni; in Europa, di questi il 62, 7% risiedeva in Spagna o in Italia. (Osservatorio lavoro domestico, consultato nel mese di ottobre, 2022) Silvia Dumitrache è fondatrice e presidente di ADRI (Associazione Donne Romene in Italia) e attivista per i diritti umani impegnata nella lotta per il riconoscimento della famiglia transnazionale e dei suoi membri nei paesi di origine e destinazione.
[3] L’articolo non è più disponibile ma è stato ripreso da numerose pagine web e si può leggere qui
[4] Il documentario è prodotto dalla Provincia Autonoma di Trento e da KRmovie.
[5] Così Tiziana Vaccaro riportando le parole di Vasilica (Alias, il manifesto, 31 luglio 2021)
[6] Nel nostro paese, l’apporto maggiore alla teoria e alla pratica della scrittura del sé è quello del prof. Duccio Demetrio: coscienti che l’autobiografia sia pratica non verbale distante dall’affabulazione e dal racconto orale offerto da Vasilica, riconosciamo lo stesso valore metaterapeutico di rivisitazione introspettiva della propria esistenza, alle quali Demetrio accenna.
[7] «Serviva una divisione netta e visiva dei momenti in Italia e in Romania, così come di quelli reali da quello più interiori, li abbiamo tenuti e sviluppati nel fumetto. La Romania voleva essere più calda, più legata al ricordo. Mentre i toni più freddi dell’azzurro sono stati scelti per raccontare l’Italia e la malattia; inoltre, l’azzurro è anche il colore della sospensione e dell’acqua anche se questa scelta non è didascalica e a volte lo schema si inverte e si sovrappone». Elena Mistrello (Alias, il manifesto, 31 luglio 2021).
[8] In apnea è l’incipit del testo in prima persona che chiude il racconto, nel quale Vasilica spiega la patologia conoscitua come Sindrome Italia con le sue parole (Vaccaro, Mistrello, 2020: 145)
[9] «To be traumatized is precisely to be possessed by an image or event»: così Hillary Chute (2010) citando Cathy Caruth in Trauma and experience: introduction in Trauma: Explorations in Memory, pp. 3-12. Baltimore. Jhn Hopkins University Press, 1995.
[10] Il corpo sulla pagina è stato il tema centrale dell’edizione 2020 del festival internazionale di fumetto e illustrazione BilBolBul di Bologna ed è il sottotitolo del volume Prendere posizione a cura dell’associazione Hamelin, organizzatrice di detta manifestazione (Hamelin eds, 2020).
[11] Nell’originale «idiom of witness» (Chute, 2015: 201)
[12] Lo storico dell’arte riprende il concetto di testimone dal pensiero del filosofo Jacques Derrida, spiegando come «fedele all’obbligo di tramandare a noi ciò che dice di aver visto, costui trasforma la singolarità di un certo avvenimento in una sequenza narrativa dotata di uno spessore conoscitivo, destinata ad essere compresa e condivisa da una comunità di ascoltatori/lettori/spettatori. Vive l’esperienza del legame con l’altro […] fa appello alla credenza dell’altro in relazione a un evento al quale ha assistito» (Trione, 2022: 55)
Bibliografia
Vaccaro T.F. e Mistrello E., Sindrome Italia. Storia delle nostre badanti, Beccogiallo, Padova, 2021
Benvenuti G., Nuovi realismi e fumetto di realtà, Narrativan.41, 2019.
Chute H. L., Graphic Women. Life narrative and contemporary comics, Columbia University Press, New York, 2010
Chute Hillary L., The Space of graphic narrative. Mapping bodies, Feminism and Form. Narrative theory unbound: queer and feminist interventions, edited by Wahrol R. and Lanser Susan S., The Ohio State University Press, Columbus, 2015.
Donnarumma R., Nuovi realismi e persistenze postmoderne: narratori italiani di oggi. Ritorno alla realtà? Narrativa e cinema alla fine del postmoderno in Allegoria n.57, 2008 (pag. 26-54)
Hamelin eds., Prendere posizione. Il corpo sulla pagina, Bologna, 2020.
Siti W., Il realismo è l’impossibile, Nottetempo, Milano, 2013.
Trione V., Artivismo. Arte,politica, impegno. Einaudi, Torino, 2022, consultato il 10.10.2022.
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Virginia Tonfoni vive a Livorno, dove insegna nel liceo scientifico cittadino. Da anni si occupa di graphic novel: collabora con Alias de il manifesto e con numerosi festival letterari e di fumetto. È giurata del Premio Boscarato, del premio Pozzale-Luigi Russo e del neonato Premio Tuono Pettinato. Si dedica ai Comic Studies come ricercatrice indipendente. Nel 2017 ha pubblicato la biografia a fumetti di Violeta Parra, Violeta. Corazón maldito (Bao Publishing) disegnata da Alessio Spataro. È inoltre autrice con Andrea Benei e Matteo Contin del volume Tutti i critici sono bastardi (Edizioni Sido, 2021).