§Memorie Sottopelle
che cosa sa un corpo
Quali istanze in un corpo bambino?
dialoghi in ascolto tra corpi bambini e corpi adulti
di Daina Pignatti

Desidero raccontare di istanze in corpi bambini, ma il mio corpo non è più bambino da tanto tempo, quindi, in verità, posso raccontarvi le istanze portate dai corpi bambini di Bottega Baleno e le loro parole che, negli anni, abbiamo raccolto.

Intendiamo per istanza quel desiderio che ha aspetto di inderogabile necessità, di urgenza di prendere spazio e accadere.

Scriverò declinando al plurale e nominando femminile e maschile, seguendo le modalità che pratichiamo assieme a bambini e bambine nelle nostre giornate insieme [1].

 

“Hey, dobbiamo trovare un modo per pesare le anime.”
Leo, 9 anni.

 

Parlare di percezione di corpi bambini è un po’ come pensare di essere pipistrello nella coscienza di non poter mai sapere cosa provi il pipistrello, possiamo solo immaginarlo dal nostro punto di vista umano (Nagel, 1974), o adulto.
Questo apre ad un’osservazione pudica, portatrice di dubbio, al riconoscimento di quella cultura infantile che, all’occhio adulto e allenato alla produttività sembra un saltare di palo in frasca (Lorenzoni, 2019) e invece si colloca in un qui ed ora assoluto.

 

“Lo scheletro bambino ha le braccia aperte,
come se volesse provare a volare, perché ha una passione per gli uccelli.
Lo scheletro adulto ha la bocca aperta
 perché è molto chiacchierone e gli adulti brontolano tanto.”
Virgilio Sieni. Ossicino. La visione dello scheletro di Martin B.,
parole di Martin B, 8 anni

 

Bottega Baleno è un laboratorio di Collettivo Amigdala che nasce nel 2020 a Modena come un desiderio estivo di presa di corpo e di spazio in piena pandemia; nel tempo ha preso la forma di comunità artistica residente che coinvolge bambini e bambine tra i 6 e gli 11 anni.
Bottega Baleno si occupa di cura, di relazione, di raccontare e per raccontare usa il corpo in tutte le sue parole, nel camminare lungo il quartiere, nel prendere spazi di voce, nel praticare danze sottili o sfrenate, nel condividere azioni performative.

Davide Piferi de Simoni 2021 - lab Selvatico, prima che Bottega Baleno avesse la sua forma

“Di quale parola è provvisto l’infante, e di quale voce è provvisto ed abile?”
Chiara Guidi, Teatro infantile,
parole di persona adulta.

 

Bottega Baleno è una comunità e, in quanto tale, parla una sua lingua intima, un codice in cui essere accolti e accolte. Una lingua composta da frammenti di cui, a volte, abbiamo perso l’origine: non ci interessa chi abbia generato quel segno, quel gesto, quel nome, quel gioco, ci importa che sia riconosciuto in tante varianti quante persone siamo e quanti momenti viviamo.
Parliamo una lingua madre che non è comunicazione ma relazione (Le Guin, 1986).
La cura passa attraverso il gesto: abbiamo un gesto per attivare un silenzio, uno se dobbiamo proprio dire qualcosa di importante, possiamo rispondere a domande scegliendo dove collocarci nello spazio, prendere decisioni per consenso condividendo opinioni con le braccia.

Ogni persona ha un segno nome, ovvero l’espressione in gesti – segno della propria identità, possono essere gesti legati al nome proprio, alle passioni, alle abitudini. I segni nome cambiano nel tempo, come noi cambiamo, possono essere autodefiniti, proposti, donati, non tutti sono generati allo stesso modo.
Viviamo una pazienza di trasmissione e un grande agio.
Lo stare nel corpo, nel presente, nella percezione, aiuta noi adulte a lasciare da parte quello sguardo adultocentrico a cui siamo addestrate.

Lasciamo il significante e la centralità della dimensione verbale, raccogliamo il bisogno di essere visti e viste per quello che si desidera essere al di là di una proiezione affettiva familiare o normativa scolastica. Assistiamo alla scoperta della meraviglia dell’ascoltare e dell’abdicare ai primati di verbale e visuale.
Possiamo abbandonare anche il primato gerarchico del cognitivo e immergerci in un’esperienza di embodiment che è quel “ci credi, e se ci credi, ci credi” che si pone fuori, o almeno a lato, al giudizio adulto.
Questo ci permette di praticare il gioco come la più anarchica delle azioni in cui una comunità composta, in questo caso, da persone adulte e persone bambine, agisce direttamente la sua autodeterminazione [2].
Bambini e bambine aprono uno spazio narrativo divergente, che si prende tutto il tempo delle meraviglie laterali.

Con l’inizio di questo 2024, dopo un’immersione notturna in cui abbiamo dormito tutti e tutte insieme ad OvestLab, condiviso la prossimità del sonno, dei risvegli, delle canzoni all’orecchio, delle carezze sulla testa, dopo un oracolo notturno di trigrammi e parole abbiamo desiderato costruire un nostro vocabolario.
Nel portare questa proposta abbiamo identificato alcune parole, alcune per senso e altre per affetto e abbiamo osservato quale forma prendessero nei corpi con obiettivo di raggiungere un gesto dal significato condiviso e condivisibile.
Casa ha avuto immediatamente due gesti: uno era quello della casa abitazione, con le braccia sulla testa a forma di tetto e l’altro era la casa delle relazioni con le mani sovrapposte sul petto.
Non ci sono stati dubbi.
Una era un luogo attraversato e attraversabile, l’altra era una rete di affetti composta sia dai familiari che dalle amicizie, non tutti i familiari e non tutte le amicizie. Ognuno di questi gesti genera una postura differente, uno sguardo, il primo rivolto al fuori, uno sguardo finestra, il secondo rivolto alla prossimità.

Davide Piferi de Simoni 2022 - rifugi, Capanna della Danza

Altre parole si sono aggiunte come necessarie a quelle che avevamo proposto, sogno con un gran numero di declinazioni nelle punte delle dita, mare senza saperne il perchè, ma ne avevamo bisogno, camminare, giocare, insieme, lontano, respiro, e altre.

Dalle conversazioni è emerso un certo gusto nel non aver bisogno di scegliere se declinare al maschile o al femminile e così ci muoviamo verso una sempre più profonda messa in carne di concetti che, un gesto alla volta, va a costruire un universo di senso silente ma tangibile.

Con queste parole, bambini e bambine, hanno composto poesie silenziose che hanno trovato un loro posto nello spazio, una danza così ineffabile e dettagliata da aprire un’ampia riflessione sul corpo danzante e sul corpo che agisce consapevole del suo collocarsi nella sua espressività nello spazio, ma questo magari un’altra volta.

Restiamo, per ora, nell’immagine di una collettività molteplice che vive gusto nella simultaneità, nella forza dell’essere tra complici, e si prende tempi di isolamento quando li desidera.

Un gruppo di giovanissime persone che ha lasciato da parte il cerchio come unica possibilità dello stare, quel cerchio in cui, a volte, ci si sente in sovraesposizione, con timore di dover necessariamente partecipare. Allora da forma dello stare muta in un passaggio a cui tornare, per poi essere lasciato da parte quasi subito, e diventare una delle tante geometrie possibili dello spazio.

Quante geometrie sono possibili in uno spazio a bassa intensità pedagogica (Trasatti, 2016)? 

 

“Incontro dopo incontro, i bambini erano sempre più liberi di muoversi e divertirsi, con un’eccitazione che coinvolgeva tutto il loro corpo e la loro fantasia.
Lo spazio apparteneva a ciascuno e a tutti gli altri contemporaneamente.
Ogni azione era personale e condivisa.
Cosa sarebbe accaduto, invece,
se fossero entrati gli adulti e avessero visto quanto accadeva?
Lo avrebbero concesso?
E, se non lo avessero concesso,
in quale altro spazio “adatto” li avrebbero condotti allontanandoli dal gruppo?”
Chiara Guidi, Teatro infantile,
parole di persona adulta.

Davide Piferi de Simoni 2022 - cortile, danze
Daina Pignatti 2023 - misurazioni

Corpi bambini maestri nel celare, nell’aderire all’aspettativa adulta, adeguati al chiedere il permesso e non avere spiegazioni.
Mani che si alzano per offrire risposte corrette, chiedere se si può andare in bagno come se, in quanto adulte, avessimo diritto al comando sul corpo.
E se invece del comando fosse un dialogo?
Un allenamento dolce a portare reciprocamente le proprie istanze?
Quante volte, come persone adulte, pensiamo alle persone bambine come incapaci di accoglienza?

 

“Tu non sbagli, sei adulta, gli adulti non sbagliano”
“Sei sicuro? a me sembra di sbagliare un sacco di volte”
“Gli adulti, al massimo fanno errori piccoli”
“Dici?”
dialogo tra me, persona adulta, e Riccardo 8 anni.

 

Io: stretta allo stomaco, nebbia al cervello, nodo alla gola, ginocchia che si sciolgono al suolo, pesanti, occhi che cercano soluzioni negli angoli, parole mancanti. Fuori non so cosa si vedesse.
Riccardo: occhi enormi e sicuri, sorriso che accompagna il viso a spostare il ciuffo di lato, piccole mani in una posizione che indica il fatto che mi stia dicendo qualcosa di assolutamente ovvio. Dentro non so cosa succedesse.
Questo dialogo vecchio di due anni ha aperto una grande crisi nella consapevolezza della percezione che bambini e bambine avevano di noi, della nostra fallibilità, dei nostri tentativi, anche maldestri, di prossimità.
Ne abbiamo parlato, giocato, scritto, disegnato, danzato.
Si è aperto un mondo di nascondimenti allo sguardo adulto, di corpi e occhi e pensieri così impegnati a soddisfare un’aspettativa scolastica, familiare, sociale in relazione ad un modello che noi, adulti distratti, mettiamo su di loro: chi deve essere persona studiosa o educata, creativa, simpatica, distratta, concentrata, competitiva, empatica.
Che meraviglia lo spiraglio aperto sui nascondimenti, che prende la forma di occhiolini e fallimentarità condivise, di tentativi, di riuscite, ma anche no.

Davide Sabbatini 2023 - pieghe di corpi e carte con Dario Zeruto
Daina Pignatti 2022

Giovanissimi individui con così forte desiderio di corrispondenza al modello che la  società, e noi adulti tutti come veicoli culturali, proietta su di loro che si perde l’identità, e allora al posto di Sofia, Lara, Francesco, Leo, Giulio, Amelia, Ennio, Riccardo, Leda, Agnese, Lorenzo, Ada, Irma, Francesco M, Leòn, Sophie, Alice, Lea, Lucio, Paolo, Niccolò, Ines, Nina, Anita, Teo e ogni altro bambino e bambina appare l’infanzia.

Prendiamo le distanze dall’infanzia e troviamo il tempo di ascoltare quei gesti di ognuno e ognuna per cui amicizia è preferibile ad amico o amica perchè vale sempre (Teo, 10 anni).

Domandiamoci ogni giorno quale sia il modello che stiamo proponendo, e dove ci collochiamo reciprocamente, nella consapevolezza che in una relazione non è il solo contenuto a generare significato ma l’agire stesso, e che tutto questo si deposita in ogni corpo coinvolto, anche se non ne abbiamo intenzione.

Daina Pignatti 2023 - misurazioni
Daina Pignatti 2023 - usi

Bottega Baleno è la storia di una collettività, ora parla attraverso la mia voce ma non potrebbe esistere se non ci fossero Federica Rocchi e Anita Barbi nella progettazione e nella conduzione, nel nostro essere così diverse e non sempre d’accordo, Serena Terranova nei suoi sguardi silenti e nelle nostre residenze segrete, Silvia Tagliazucchi e Laura Petrucci che portano a bimbi e bimbe la pratica della retrospettiva e da quest’anno giocano con noi, le MiniA Arianna Macrì, Martina Rivoli e Adele Verri anello anagrafico di congiunzione, le artiste e gli artisti che abbiamo accolto tra Periferico Festival e SE scuola di arte pubblica e attivismo civico: Caterina Moroni che ha portato Bloom & Doom e ha lasciato foglie a misura di palmo e gesti che ormai sono nei nostri tendini, Dario Zeruto con cui abbiamo scoperto, piegando tanta carta, che il giardino è uno spazio di relazione e la nostra sala può avere mille forme, Francesca Grilli e Azzurra d’Agostino che ci hanno insegnato a leggere la mano e, noi che siamo esagerate, siamo passate all’I ching.

Ora, da giugno, sono con noi Leonardo Delogu e Valerio Sirna, stiamo esplorando giochi, alberi, modi dello stare e nomi che diamo alle cose e questo prenderà una forma e un nome ad ottobre con Periferico Festival. 

Bottega Baleno non si occupa di politica, né di pedagogia, ma le interroga entrambe. 

Davide Piferi de Simoni 2022 - eccoci (quasi)

Note

[1] All’interno di Collettivo Amigdala e in Bottega Baleno sono attive riflessioni intorno all’uso della lingua perché ogni persona si possa riconoscere, almeno un po’. Per quanto possibile cerchiamo di non declinare e, in Collettivo Amigdala, al bisogno, preferiamo il femminile sovraesteso.
In Bottega Baleno quando parliamo e scriviamo, poniamo attenzione a “bambini e bambine”, o “bambini, bambine e persone adulte” o altri modi per definire quale sia il gruppo coinvolto attivando parametri che non sono legati al genere.
Spesso emerge “i maschi fanno” o “le femmine fanno”, quando è possibile ne ragioniamo con le famiglie.
Quando scriviamo messaggi, indicazioni e li esponiamo (ci piace molto scrivere, lasciare lettere, creare poesie) scegliamo insieme posizioni che rispettino l’altezza dell’occhio di chi leggerà.
Spesso c’è chi può leggere a voce alta per altri, che magari non lo sanno fare o hanno dimenticato a casa gli occhiali.
[2] Tengo a specificare l’uso del termine “anarchica” in relazione ad una pratica autogestita che si sviluppa su regole condivise e discusse da una comunità e non calata da un “alto”. Per un velocissimo approfondimento si possono vedere le voci “anarchia” e “anomia” in Francesco Codello, Né obbedire né comandare, Eleuthera 2016.

Bibliografia

Nagel T., What is it like to be a bat? in «The Philosophical review», 1974
Lorenzoni F., I bambini ci guardano, Sellerio,  2019
Sieni V., Ossicino. La visione dello scheletro di Martin B., Maschietto editore, 2007
Guidi C., Amara L., Teatro infantile, Luca Sossella Editore, 2019
Le Guin U.K., I sogni si spiegano da soli, BigSur, 2022
Codello F., Né obbedire né comandare, Eleuthera 2016
Trasatti F., Lessico minimo di pedagogia libertaria, Eleuthera, 2016

Daina Pignatti si occupa di corpi ed espressione sia in scena che fuori, si muove in ambito performativo urbano, naturale, museale creando connessioni tra il patrimonio materiale e immateriale, l’ambiente e i suoi abitanti di ogni specie, età, abilità, disabilità, genere. È parte di Collettivo Amigdala, collabora con Accademia sull’Arte del Gesto di Virgilio Sieni, è parte amorosa di MUVet, insegna Tecniche di espressione e consapevolezza corporea al Conservatorio Vecchi Tonelli di Modena.