I musei contemporanei possono essere dei luoghi di apprendimento straordinari, per me rappresentano un contesto di opportunità in cui sperimentare nuove pratiche per apprendere e fare esperienza. A differenza della scuola, nelle sale del museo si possono incontrare persone di tutte le età e di diversa provenienza, che possono interagire in uno spazio di relazioni dinamico e informale che attraversa diversi campi della conoscenza.
A partire dalla mia pratica educativa nelle sale dei musei, racconterò esperienze che hanno avuto per protagonista il pubblico di bambini, giovani e adulti.
L’obiettivo di ogni mio progetto è suggerire nuovi modi di abitare il museo contemporaneo, ricercando insieme al pubblico, con attitudine coraggiosa e sperimentale, nuove possibilità per vivere esperienze intense e trasformative.
I percorsi che progetto e conduco prendono la forma di visite immersive e percettive, laboratori per_formativi, esperienze che partono dal corpo e privilegiano l’azione e il movimento per sollecitare i partecipanti a recuperare la dimensione del “sentire” e non solo del “pensare”. Embodiment, nell’esperienza del museo, significa mediare concetti e contenuti verbali che scaturiscono dai temi e dalle opere in mostra attraverso nuovi approcci comunicativi, che consentono al pubblico di vivere un’esperienza aestetica più coinvolgente.
L’esperienza dell’arte diventa uno spazio di scambi e relazioni, in cui scoprire e rafforzare opportunità di comunicazione ed espressione immaginativa, intuitiva, emozionale.
Il museo è il luogo in cui persone e cultura s’incontrano in un ambiente straordinariamente ricco di opportunità educative, dove il piacere della scoperta e della conoscenza può essere condiviso da persone di diversa provenienza culturale o sociale. Come educatore museale freelance ho l’opportunità di collaborare con diverse realtà, piccole e grandi, su tutto il territorio nazionale. Ogni spazio naturalmente ha caratteristiche uniche, ma sono convinto che il museo contemporaneo offra un contesto straordinario per la ricerca in ambito educativo.
Tra le istituzioni culturali del nostro tempo il museo può essere un luogo promettente nel quale sperimentare nuove visioni e pratiche per la formazione e l’educazione.
Nel ruolo di educatore attivamente coinvolto in questa avventura pedagogica, sono tra i professionisti del museo che interagiscono maggiormente con le persone, progettando attività per migliorare l’esperienza di tutti i pubblici.
L’attività educativa nel museo non deve ripetere le stesse censure e costrizioni corporee tipiche del mondo della scuola; nel museo c’è un’ampia possibilità di coinvolgimento fisico e di movimento, al quale corrisponde una sconfinata libertà espressiva: perciò non si tratta semplicemente di utilizzare insieme al pubblico un approccio meno “scolastico“ nella mediazione, ma di agire un radicale cambio di paradigma che riconosca al corpo e al movimento un ruolo centrale nell’esperienza dell’arte.
Per rimarcare la decisiva differenza tra il contesto dell’educazione formale scolastica e l’azione educativa informale nel museo, possiamo ricordare che nelle sale espositive non esistono banchi nei quali restare seduti per lunghe ore, così come non ci sono programmi prestabiliti da rispettare o obiettivi minimi da raggiungere e infine non ci sono giudizi o prove di valutazione.
Oltre a tutto ciò, nel museo si può interagire con persone di diverse età, costruire contesti di apprendimento intergenerazionali in cui sensibilità ed esperienze differenti si confrontano senza limiti, per esempio con adulti e bambini insieme, giovani e anziani, occasioni di scambio in cui ogni persona può accedere a un diverso livello di contenuti e approfondimenti a seconda del proprio grado di interesse o conoscenza.
Queste opportunità si rafforzano anche perché nel museo si possono affrontare temi che abitualmente non sono prerogativa della scuola.
Il museo è un laboratorio dell’esperienza, in cui sollecitare la curiosità, il piacere della conoscenza e l’apprendimento in un clima sereno, dinamico e informale.
Per queste ragioni è indispensabile elaborare per le sale del museo contemporaneo una nuova pedagogia, un’arte di educare alternativa, che non prenda come riferimento i metodi scolastici ma sappia approfittare delle specificità del museo per favorire nuove possibilità di scambio e condivisione tra cultura e persone.
Il sistema educativo tradizionale generalmente è diffidente verso il corpo e incapace di coglierne le potenzialità conoscitive. Il mondo della scuola notoriamente concentra le proprie attenzioni pedagogiche soprattutto alla formazione della mente degli individui riservando un’attenzione del tutto marginale alle possibilità conoscitive del corpo.
Nei fatti, il mondo della scuola ritiene che mantenere i corpi immobili e silenziosi, disciplinati nella staticità dell’aula, sia una condizione favorevole all’apprendimento cognitivo.
Nonostante immobilismo e silenzio siano condizioni del tutto innaturali nei bambini e nei giovani, a partire dalla scuola elementare i loro corpi vengono forzati alla staticità e incastrati in scomodi banchi per molte ore al giorno.
Sappiamo bene, invece, che gran parte delle cose che si scoprono, tanto negli anni dell’infanzia quanto da grandi, si apprendono attraverso esperienze dinamiche che coinvolgono tutto il corpo, i nostri sensi, l’immaginazione, le emozioni.
Come ho già detto non c’è nessuna ragione perché nelle sale del museo si debbano ripetere le stesse costrizioni sul corpo che esercita la scuola. All’opposto, il museo può rappresentare il luogo ideale per recuperare quelle risorse della conoscenza che la scuola trascura.
Nell’azione educativa è necessario rimettere in equilibrio gli aspetti cognitivi e razionali del “pensare” con le risorse sensoriali e percettive del “sentire”.
Ciascuna persona è una globalità complessa di mente, corpo, emozioni, memorie, ciascuna persona possiede una ricchezza conoscitiva che non bisogna trascurare affinché possa vivere esperienze coinvolgenti e ricche di senso.
La chiave per recuperare la dimensione del “sentire” è dedicare un’attenzione speciale al corpo.
Il corpo inteso come essenza di ciascun individuo, corpo interpretato nella multidimensionalità delle sue espressioni: non solo corpo fisico-sensoriale, ma corpo sociale, culturale, relazionale.
Una ricerca in azione
Al museo è possibile fare del rapporto col corpo il centro di una ricerca viva e vivace. Per prima cosa è necessario superare il pregiudizio che distingue facoltà intellettuali e capacità sensoriali, e riconoscere che la razionalità e le percezioni sono entrambe radicate nel nostro corpo e dunque hanno pari valore nella costruzione della conoscenza.
Mettere in pratica questa convinzione nell’azione educativa significa poter coinvolgere ogni persona completamente e nella dimensione più profonda.
A partire dalla mia pratica educativa, racconterò alcune esperienze che hanno per protagonista il pubblico di bambini, giovani e adulti. Nel mio approccio cerco di creare un incontro con le opere utilizzando modalità che coinvolgono i visitatori a partire dai loro corpi, con l’obiettivo di vivere su un piano estetico personale i contenuti culturali che il museo espone.
Questa ricerca è un tentativo di superare la dimensione di spettatori passivi, caratterizzata da sguardi superficiali e distratti, per sollecitare coinvolgimento attivo di ogni persona.
L’obiettivo è invitare il pubblico ad abitare lo spazio del museo con attitudine più presente e partecipativa.
I percorsi museali che progetto e conduco prendono forma di visite immersive e percettive, esperienze per_formative che coinvolgono il corpo e privilegiano l’azione come opportunità per sollecitare i partecipanti a recuperare la dimensione del sentire e non solo del pensare.
Attraverso una serie di suggestioni e azioni, ogni persona è invitata a superare l’atteggiamento contemplativo indotto dall’ambiente museale.
L’esperienza di visita al museo è un’occasione eccellente per sollecitare tutte le nostre capacità sensoriali, intellettive, intuitive ed emotive. È importante recuperare durante la visita il senso di un’esperienza capace di rimettere in equilibrio tutte le personali risorse conoscitive per coinvolgere completamente sia il pensiero sia il corpo.
L’approccio che coinvolge il corpo nell’esperienza dell’arte non è solo un’interessante possibilità educativa e neppure una pratica pedagogica alternativa, ma l’unico modo possibile per vivere un’esperienza di conoscenza capace di creare apprendimento autentico e significativo e, quindi, duraturo.
Una prossemica della relazione con le opere attraverso il movimento
Portare il corpo a partecipare all’esperienza richiede una certa gradualità. Il pubblico è abituato a restare spettatore passivo e ricevere stimoli di carattere verbale che richiedono unicamente un impegno razionale. Per coinvolgere il corpo all’interno dell’esperienza di visita si può cominciare con semplici attività di movimento.
Il movimento è essenziale per esplorare le sale e le opere del museo, il primo movimento è aprire gli occhi, cioè educare uno sguardo attento e curioso, capace di andare oltre la superficie, uno sguardo presente e dinamico che non si accontenta di contemplare passivamente.
Il corpo, allo stesso modo, è un corpo dinamico, che percepisce, che sente, capace di intrecciare l’esperienza dello sguardo con altri sensi, con le proprie memorie, con le conoscenze personali.
Per ricercare gradualmente di sciogliere quelle chiusure corporee che impediscono alle persone di mettersi in gioco completamente, i miei percorsi iniziano attraverso una sorta di training per il movimento.
Per cominciare, invito il pubblico a camminare liberamente tra le opere cambiando spesso ritmo nel passo, da un passo lento, lentissimo, fino a veloce; invito a scegliere nuovi punti di vista, andando più vicino alle opere per vedere i dettagli, cambiando focus dello sguardo, cambiando percorsi.
Questo riscaldamento cinestetico preparatorio rappresenta il primo stimolo per includere la fisicità del corpo nell’esperienza che seguirà.
In questo flusso, il movimento del corpo, produce un’apertura più disinvolta dei pensieri.
Come già scritto, un’attività è davvero coinvolgente quando concilia armoniosamente aspetti partecipativi fisico-corporei con atteggiamenti razionali e cognitivi di esercizio del pensiero.
È importante ricordare che nel condurre un gruppo nell’attività educativa tra le opere, la postura del mio corpo di mediatore nei confronti degli oggetti esposti influenza in modo determinante le modalità di comportamento del pubblico.
Se resto fermo di fronte a un’opera, anche le persone replicheranno la stessa immobilità; invece attraverso il movimento posso dimostrare attivamente quante prospettive interessanti è possibile ricercare per cogliere le differenti dimensioni comunicative di un’opera.
Per esempio, l’osservazione di una scultura richiede necessariamente molteplici punti di vista, non possiamo accontentarci unicamente dell’aspetto frontale: per cogliere la tridimensionalità spaziale dobbiamo necessariamente muoverci. Per notare i dettagli e la superficie dobbiamo osservare da molto vicino, mentre per apprezzare la visione d’insieme dobbiamo prendere le distanze. Moltissime informazioni sull’opera si possono ottenere semplicemente con esperienze dinamiche.
Per supportare l’esperienza di conoscenza dobbiamo favorire il movimento utilizzando il nostro stesso corpo di mediatori per dimostrarne le potenzialità.
L’educazione estetica attraverso l’arte
Il museo è certamente un luogo ideale per compiere un’intensa esperienza estetica. L’esperienza aestetica, nel suo senso etimologico, dal greco aisthesis, che significa “sensazione, percezione” è l’aspetto della conoscenza che riguarda l’uso dei sensi.
Le collezioni del museo possono rappresentare un enorme laboratorio per sollecitare attenzione, sensibilità e meraviglia. L’educazione estetica è l’allenamento dei sensi, cioè coltivarli, prendersi cura di loro, perfezionarli. Nella nostra epoca dominata dal digitale che media moltissime forme delle nostre relazioni con la realtà, è indispensabile recuperare le proprie capacità percettive e sviluppare l’uso consapevole del corpo.
I sensi ci mettono in contatto col mondo, ci permettono di conoscere e di apprendere, perciò è utile promuovere una partecipazione sensoriale più intensa e dinamica, che includa interazioni anche con aspetti tattili, uditivi, olfattivi e cinestetici.
Compiere un’esperienza estetica coinvolgente implica una partecipazione attiva del corpo, dei nostri sensi, nella quale entrano in gioco la personale cultura, i vissuti e le memorie e, non ultime, le risorse conoscitive dell’immaginazione e delle emozioni.
Pratiche corporee per la mediazione nel museo
Alcuni esempi in azione
Secondo la mia esperienza, alcuni contenuti concettuali possono essere trasmessi e compresi molto efficacemente attraverso esperienze sensoriali e di movimento, anziché attraverso il linguaggio verbale e razionale.
Infatti, ancora prima e oltre la comprensione razionale, tutti facciamo esperienza del mondo intorno a noi in modo fisico e sensoriale.
Ogni informazione o concetto che vogliamo trasmettere può essere trasferito contemporaneamente su più livelli, con la consapevolezza che le esperienze sensoriali sono modi di comprendere altrettanto validi rispetto all’approccio razionale.
Secondo la teoria delle scienze cognitive dell’embodied cognition, mente e corpo non sono separati, infatti ogni forma di conoscenza umana passa attraverso l’esperienza corporea, nell’interazione tra corpo, mente e mondo.
Nei percorsi e nei laboratori è dunque importante cercare di creare esperienze capaci di attivare tutti i canali percettivi, che sappiano collegare dimensione ideale e dimensione reale, per stimolare le persone a esercitare completamente il proprio essere.
Come già scritto le esperienze d’apprendimento capaci di rimanere impresse sono quelle che favoriscono l’equilibrio tra la dimensione razionale-cognitiva e le risorse sensoriali, immaginative ed emozionali delle persone.
Le possibilità offerte da questo approccio, che privilegia un coinvolgimento psico-corporeo per arricchire l’esperienza, sono molteplici; tra l’altro creano un clima più informale tra i partecipanti e rendono l’esperienza di visita complessivamente più piacevole.
Favorire nel pubblico un coinvolgimento fisico ed emozionale più intenso con i contenuti culturali, offre la possibilità di accedere a quegli aspetti che potrebbero essere oltre le parole e consente alle persone di esplorare la conoscenza attraverso processi altri rispetto al pensiero razionale.
Vedere con il corpo: coinvolgimento cinestetico
Le neuroscienze confermano che quando si attiva il sistema sensomotorio in accompagnamento al senso della vista, si realizza letteralmente un coinvolgimento superiore dell’attenzione: dunque muovere il corpo per assumere una posizione o interpretare un gesto, oppure per impersonare l’espressione di un soggetto, significa in qualche modo vedere in modo più consapevole, è un’occasione per osservare con maggiore presenza.
In quest’approccio si sviluppano tutte le potenzialità del Tableau vivant. Realizzare un Tableau vivant in relazione a un’opera è una valida modalità per coinvolgere il corpo nell’esperienza di osservazione. Non si tratta di riprodurre i costumi e le scenografie, ma di offrire al pubblico la possibilità di impersonare gesti e azioni di un’opera con il proprio corpo, con l’intenzione di comprendere meglio la struttura, notare quei dettagli che potrebbero sfuggire ad uno sguardo superficiale.
L’azione attiva i cosiddetti processi di embodiment, cioè permette di “incarnare” l’opera, viverne il contenuto, farne esperienza fisica.
Nell’immagine che segue il gruppo incontra l’opera del Pontormo attraverso un atto performativo che dimostra la comprensione di un elemento fondamentale della struttura compositiva, ossia la costruzione per piani della rappresentazione pittorica. Nell’azione di impersonare l’opera infatti i protagonisti hanno scelto di collocarsi sui gradini di una scala per interpretare i soggetti del dipinto.
Con i bambini più piccoli l’atteggiamento di osservazione statica e l’approccio totalmente verbale possono risultare faticosi, perciò è indispensabile coinvolgere il corpo, includerlo nell’azione, non trascurarlo, con la convinzione che se il corpo è presente anche la mente è più partecipe.
Tableau vivant per non vedenti
Gli interpreti di questo Tableau vivant stanno sperimentando un’efficace opportunità per comprendere la struttura e le relazioni tra le figure rappresentate nel dipinto. Successivamente un gruppo di persone non vedenti ha esplorato la disposizione delle figure dipinte attraverso l’esperienza tattile dei corpi reali. Il tableau vivant diventa una straordinaria “tavola tattile umana” che coinvolge tutti i partecipanti in un’esperienza concreta di accessibilità e inclusione.
embodiment astratti
Queste opportunità non si limitano esclusivamente alle immagini che raffigurano corpi e persone, ma sono un pretesto per rispondere in maniera fisica anche all’osservazione di opere astratte. I gesti e le azioni sono connesse ai pensieri, perciò una risposta fisico-corporea, o comunque di natura non verbale, è una possibilità per fare esperienza dell’opera di pari valore.
Vedere come Jackson Pollock
Il gruppo in questa foto è stato invitato a sdraiarsi al pavimento per osservare il grande dipinto di Jackson Pollock, Alchimia, del 1947. Ciò che sta facendo però non è un semplice esercizio di relax all’interno del percorso. Il gruppo sta sperimentando con un punto di vista attivo la stessa prospettiva con cui l’artista ha eseguito la grande tela.
Jackson Pollock era solito stendere sul pavimento le sue tele e salendoci fisicamente sopra iniziava a sgocciolare le vernici (dripping) producendo opere sconfinate come questa.
Questo contenuto concettuale di estremo rilievo per conoscere il processo creativo di Pollock, però, non viene semplicemente spiegato verbalmente, ma sperimentato attivamente col corpo. L’osservazione da questa posizione cambia completamente la percezione dell’opera, il gruppo può immedesimarsi negli occhi dell’artista arricchendo di notevoli suggestioni l’esperienza di osservazione.
Duchamp e Dada
Trasferire un concetto su un piano estetico più coinvolgente permette di partecipare con il corpo e con la mente all’esperienza di conoscenza. Ciò che sta avvenendo in quest’immagine è la traduzione di un concetto su un piano alternativo alla parola.
Con un’azione performativa il gruppo dimostra di aver colto l’essenza comunicativa della Ruota di bicicletta di Marcel Duchamp (1913).
L’opera rappresenta un emblema dell’attitudine irriverente e dirompente caratteristica del modo in cui Duchamp criticava le convenzioni dell’arte del suo tempo. In modo analogo, il gruppo disposto a raggiera nel pavimento decostruisce il comportamento convenzionale degli spettatori del museo. Essi stessi diventano protagonisti di una performance che metaforicamente incarna il senso dell’opera dadaista.
Land art
Trento Ellipse di Richard Long è un’opera creata dall’artista inglese per il Mart che nasce da un cammino di 8 giorni sulle pietraie e i nevai del massiccio dell’Adamello. L’installazione ellittica di pietre di porfido trentino costituisce un percorso ideale per “entrare” dentro la circolarità dell’opera e cogliere gli infiniti punti di vista che la caratterizzano.
Per i partecipanti di questa esplorazione in movimento, la camminata non è solo un’informazione sull’opera ma un’azione concreta, incarnata, agita.
Esperienza di mindfulness al museo
Mindfulness è un termine inglese che significa “piena consapevolezza”.
È una forma di meditazione che coinvolge nell’essere consapevoli dei propri pensieri, sensazioni e sentimenti e di ciò che ci circonda, momento per momento. L’importante è il qui e ora, senza altre aspettative e senza giudizio.
Si pensa che la meditazione sia una pratica unicamente psichica; in realtà si tratta di una pratica essenzialmente corporea. La meditazione inizia e finisce nel corpo. Si tratta di prendersi il tempo per prestare attenzione a dove siamo e cosa sta succedendo, e ciò inizia con l’essere consapevoli del nostro corpo.
Non si tratta di pensare al proprio corpo, di giudicare ciò che succede o di cercare di rilassarlo, bensì di cercare di entrare in contatto con esso.
Di reintegrarlo nel campo della nostra coscienza, della nostra attenzione.
La pratica della mindfulness aiuta ad aprire lo spazio tra i nostri pensieri e le nostre emozioni e scoprire un livello superiore di conoscenza dell’arte. Può migliorare i processi cognitivi, emozionali, sensoriali ed esperienziali del pubblico.
La mindfulness è una pratica che di solito non è associata ai musei, ma diversi musei nel mondo stanno già sperimentando con successo la pratica di mindfulness a diretto contatto con le opere, offrendo al pubblico la possibilità di meditare nelle sale espositive.
Esperienze sinestetiche visivo-sonore
La parola “sinestesia” deriva dal greco e significa “percepire insieme”. Una sinestesia è un’esperienza di interazione tra i sensi, in questo caso specifico l’esperienza di osservazione dei dipinti si intreccia con un’esperienza di ascolto di sonorità della natura.
Offrire esperienze sinestetiche di fronte alle opere è un’opportunità per aumentare la consapevolezza delle nostre percezioni. Lo stimolo sonoro che accompagna la visione di queste grandi tele di Paolo Vallorz per esempio può creare nel pubblico una suggestione emotivamente più profonda che muove lo sguardo e il pensiero, generando un’esperienza dell’immagine molto più intensa e coinvolgente.
Marco Peri (1978), Storico dell’arte specializzato in progetti educativi nei musei, ricercatore e docente.
La sua ricerca si focalizza sulla sperimentazione di attività interdisciplinari tra arte e educazione.
Progetta e sviluppa percorsi educativi per i musei e corsi di alta formazione per operatori e insegnanti. Collabora abitualmente con musei, festival, istituzioni e associazioni nella cura e sviluppo di programmi culturali e nella creazione di risorse didattiche innovative.
Ha collaborato con il Museo MART, Palazzo Grassi/Punta della Dogana, Peggy Guggenheim Collection, National Gallery di Londra e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Nel 2018 ha ricevuto The Marsh Award for Excellence in Gallery Education per le sue ricerche sulle pratiche educative nel museo. Nel 2019 ha pubblicato un libro dedicato a nuovi approcci per l’educazione museale “Nuovi occhi. Reimmaginare l’educazione al museo”. Attualmente è docente di Semiotica dell’arte e collabora con il Master “Museum Experience Design” presso l’Istituto Europeo di Design.
www.marcoperi.it