Ci sono immagini, materialmente supportate e riprodotte, che custodiscono ed esprimono, in una determinata prospettiva, la temporalità “balenante”1 della loro prima epifania. Accade, a volte, che tali oggetti, negli interstizi di stilemi storicamente comprensibili, conservino tracce e frammenti di un evento “tragico”, di una collisione tra i limiti del già avvenuto e i contorni del vigente, di una “transizione”2. Un’immagine, «ciò in cui quel che è stato si unisce fulmineamente con l’adesso in una costellazione»3, capovolge il guscio storicistico della “successione dei fatti”4 e si offre alla lettura e all’interpretazione nel risveglio, “critico”, del presente: «L’immagine letta, vale a dire l’immagine nell’adesso della leggibilità, porta in sommo grado l’impronta di questo momento critico e pericoloso che sta alla base di ogni lettura»5. Un’immagine del genere è quella oggettivata da Andrea Pazienza nell’ultima tavola della prima puntata de Le straordinarie avventure di Pentothal (1977-1981) (fig. 1). L’ambiguità emergente già in questa preliminare descrizione evoca, nell’analisi qui formalizzata, le tensioni6 politiche e culturali sorte nel tramonto della società fordista e delle relative mediazioni intellettuali, osservato e in parte tratteggiato dal cosiddetto “movimento del ’77”, al quale il testo di Pazienza, per forme e sostanza, va riferito. «Ciò accade, qui» – si potrebbe affermare, “usando”7 ancora una volta la produzione teorica benjaminiana – «attraverso l’ambiguità che è propria dei rapporti e dei prodotti sociali dell’epoca. Ambiguità è l’apparizione figurata della dialettica, la legge della dialettica nell’immobilità»8.
L’intera puntata, realizzata a Bologna nel mese di febbraio, fu pubblicata nella rivista «Alter» nell’aprile 1977. In essa venne raffigurata e descritta la “quotidianità politica” del capoluogo emiliano, nodo della rete del movimento autonomo italiano degli anni Settanta9. Le pagine offrono così un’accumulazione iconotestuale di frammenti riconducibili alla pratica teorica antagonista. In particolare l’intenzionale e qualificante incontro tra quotidiano e politico – possibile in un movimento che affermava una concezione “schizoanalitica” della produzione sociale come produzione desiderante10 ed eccedente la regolazione del capitale11 – è inizialmente espresso dalla riproduzione di un confronto tra il protagonista (alter ego di Pazienza) e la sua compagna che coinvolge la mediazione onirica, confonde sentimento e giudizio politico-militante e si esaurisce in uno scontro tra la coppia e una squadra neofascista. Tale endiadi orienta temi e organizzazione delle successive tavole, nelle quali gli scontri tra autonomi e polizia – intensificatisi nei primi mesi del ’77 durante la mobilitazione studentesca contro la circolare del ministro Malfatti ma caratterizzanti il generale antagonismo che opponeva gli apparati politici e culturali a un “proletariato giovanile”, politicamente organizzato, che praticava il “rifiuto del lavoro” e della rappresentanza e il “sabotaggio” dei dispositivi della produzione e della regolazione sociale12 – sono accompagnati, nell’ordine della lettura sequenziale, da un’assemblea “delirante”13, dalla fila alla mensa universitaria, da una festa moltitudinaria, da un “sogno”, tendente all’incubo, nel quale Pentothal invoca un immediato “risveglio”.
Un risveglio avverrà, nell’esperienza vivente e nella sua corrispondente figurazione, per un’imprevedibile “deviazione” produttrice di discontinuità, reali e narrative. L’11 marzo 1977 i carabinieri uccidono, a Bologna, il militante Francesco Lorusso. «Alle 13,30 Radio Alice comunica la notizia. È il segnale d’inizio di una rivolta»14 La lettura “presente” scopre, nell’ultima tavola di ciò che, nelle intenzioni di Pazienza, doveva essere un breve “sprazzo” iconotestuale, una cristallizzazione storica, carica di tensione. Pazienza, nei giorni precedenti la “rivolta”, aveva già consegnato il testo alla redazione di «Linus», responsabile di «Alter», ma “desiderava”, come nell’incubo rappresentato, modificare la narrazione:
Nota: mentre lavoravo a queste tavole nel mese di febbraio ’77, ero convinto di disegnare uno sprazzo, sbagliando clamorosamente perché era invece un inizio. Ne avessi avuto il sentore, avrei aspettato e disegnato questo bel marzo. Così mi trovo di colpo a non sapere più bene che fare. Ho già consegnato tutto il materiale a Linus venti giorni fa, ma, Cristo, sono cambiate tante cose nel frattempo e tante altre cambieranno sino al giorno in cui il fumetto sarà pubblicato che mi sento male e mi do del coglione per non averci pensato. Cioè disegnare fumetti non è come scrivere per un quotidiano. Se capite cosa intendo. Allora disegno questa tavola qui e provo a portarla a Linus in sostituzione dell’ultima pagina originale, sperando di fare in tempo. L’ultima tavola originale aveva al posto del “fine” di prassi in basso a destra un “allora è la fine”, che suona decisamente male. Madonna, vi giuro, credevo fosse uno sprazzo, era invece un inizio. Evviva! Andrea Pazienza, 16 marzo ’77.
Questa tavola sostitutiva, che «Alter» riuscì a pubblicare, mostra, insieme alla sopracitata nota, il protagonista, una “sveglia”, un trasmettitore che diffonde la “voce” collettiva di Radio Alice, una bandiera dedicata al militante ucciso, un carro armato, un pensiero («Tagliato fuori… Sono completamente tagliato fuori…»). Tale considerazione, riconducibile al concreto e alla sua narrazione figurata, muove da una soggettività rivoluzionata nella “crisi”15. Andrea-Pentothal finalmente vede il movimento reale e adegua la propria prassi “iniziando” dal riconoscimento del ritardo della produzione artistica dal processo di vita, dal “quotidiano”. L’appagamento della sua “speranza” annullava questa distanza realizzando, nell’occasione infinitesimale ma significativa, una tendenza incarnata nel “proletariato giovanile” italiano degli anni Settanta. La separazione tra arte e vita, già in vario modo individuata nelle avanguardie storiche e nell’esperienza situazionista, fu infatti lo spazio nel quale esso affermò alcune sue specificità differenziali. Già nel ’76, in «A/traverso», rivista dell’omonimo collettivo agitatore anche di Radio Alice, si leggeva: «Ripartiamo dalla lezione del dadaismo; ma quella separazione fra arte e vita che il dadaismo vuole abolire nel regno (illusorio) dell’arte, il trasverlaismo la abolisce sul terreno pratico dell’esistenza, del rifiuto del lavoro, dell’appropriazione. Trasformazione del tempo, del corpo, del linguaggio. […] dichiariamo la nascita del MAO-DADAISMO»16. Bifo, redattore della radio autonoma bolognese, nei giorni dell’arresto (15 marzo 1977) riconosceva, “dadaisticamente”, la propria responsabilità nell’attentato contro gli ordini separati di “segno” e “vita”:
Un attentato confesso di averlo compiuto: è l’attentato contro la separatezza della vita dal desiderio, contro il sessismo nei rapporti interindividuali, contro la riduzione della vita a prestazione salariata. Ma allora lo dicano chiaramente: È dada che terrorizza i grigi ottusi pericolosi custodi dell’ordine dello sfruttamento e della miseria – la scrittura trasversale che percorre gli ordini separati e ricompone i comportamenti isolati non è più solo oscena, per loro è reato. Quel che dada ha progettato ma non ha saputo realizzare, il trasversalismo saprà farlo: abolire la separatezza di segno e vita, scatenare il soggetto-significante non più nello spazio (illusorio) dell’arte, ma in quello (scandaloso) della pratica17.
La trasformatrice pratica “trasversale” o “maodadaista” – possibile in quella fase di sviluppo tecnologico e di massificazione del “sapere”, intercettata nel movimento autonomo anche a mezzo della lettura già operaista del general intellect marxiano18 e in parte determinante la crisi dei dispositivi di regolazione fordisti, ovvero la transizione post-fordista 19 – riconfigurava la composizione sociale del lavoro intellettuale contraddicendo, al contempo, le mediazioni culturali tradizionali:
La proletarizzazione del lavoro intellettuale apre la prospettiva dell’uso operaio della tecnologia. Lo sviluppo capitalistico raggiunge il suo limite, e la contraddizione tra produzione di valore d’uso e valorizzazione si rivela in tutta la sua pienezza. Per il potere la cultura deve funzionare come mediazione tra gli interessi della società capitalistica e gli interessi dello strato intellettuale, ma deve cercare di realizzare questa funzione in modo complesso. Ma ormai la mistificazione dell’indipendenza della cultura dal processo produttivo è messa in crisi dalla stessa massificazione di questa figura sociale. Il movimento operaio ha pensato che l’aggregazione degli intellettuali avesse la forma della mediazione culturale (Gramsci), oppure la forma di un’adesione volontaristica al partito (Lenin). Queste ipotesi sono superate nel momento in cui il lavoro intellettuale entra a far parte della composizione sociale del lavoro produttivo20.
Nell’ultima tavola della prima puntata de Le straordinarie avventure di Pentothal “risveglio” e sforzo extra artistico di Pazienza, forze motrici ma anche oggetti del (ri)prodotto iconotestuale, producevano se stessi in una rappresentazione che finalmente, in una “immediatezza” relativa, coincideva con l’esperienza vivente. Questa, fino ad allora in parte espressa nel “sogno” della prassi, “di colpo” si offriva all’interpretazione.
Le condizioni economiche che determinano l’esistenza della società giungono a espressione nella sovrastruttura; proprio come, nel caso del dormiente, uno stomaco troppo pieno trova nel contenuto del sogno – benché possa determinarlo in senso causale – non il suo rispecchiamento ma la sua espressione. La collettività esprime innanzitutto le proprie condizioni di vita, che trovano nel sogno la loro espressione e nel risveglio la loro interpretazione21.
Accade, a volte, che il “risveglio”, reale condizione di possibilità della lotta per il presente e «per il passato oppresso»22, produca l’intervento, la trasformazione, un rinnovato “inizio”. Oggi come (e per) allora. «Evviva!».
Andrea Pazienza, Ultima tavola della prima puntata de Le straordinarie avventure di Pentothal (16 marzo 1977)
Courtesy Marina Comandini
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1 «L’immagine dialettica è un’immagine balenante. Ciò che è stato va trattenuto così, come un’immagine che balena nell’adesso della conoscibilità» [W. Benjamin, Das Passagenwerk (1927-1940), Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1982, (N 9, 7); trad. it. I «passages» di Parigi, Torino, Einaudi, 2002, vol. I, (N 9, 7), traduzione di Giuseppe Russo, p. 531].
2 «Il tempo della transizione è […] un «tempo tragico»: del nuovo si intravedono i contorni, del vecchio si subiscono i limiti. Tra i due estremi si avanza errando, e laddove ci si sente soli, privi di categorie e di strumenti analitici per capire dove si sta veramente andando, riemergono visi, immagini e affetti ad animare la propria ricerca, la propria lotta» [C. Marazzi, Il posto dei calzini. La svolta linguistica dell’economia e i suoi effetti sulla politica, Casagrande, Bellinzona 1994; ed. Bollati Boringhieri, Torino 1999, p. 8].
3 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, cit., vol. I, (N 3, I), traduzione di Giuseppe Russo, p. 518.
4 «Lo storicismo si accontenta di stabilire un nesso causale fra momenti diversi della storia. Ma nessun fatto, perché causa, è perciò storico. Lo diventerà solo dopo, postumamente, in seguito a fatti che possono esserne divisi da millenni. Lo storico che muove da questa constatazione cessa di lasciarsi scorrere tra le dita la successione dei fatti come un rosario. Coglie la costellazione in cui la sua propria epoca è entrata con un’epoca anteriore affatto determinata. E fonda così un concetto del presente come del «tempo attuale», in cui sono sparse schegge di quello messianico» [W. Benjamin, Über den Begriff der Geschichte (1940), in Walter Benjamin zum Gedächtnis, Institut für Sozialforschung, Los Angeles 1942; trad. it. di Renato Solmi, Tesi di filosofia della storia, in W. Benjamin, Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi, 1962; ed. 1995, p. 86].
5 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, cit., vol. I, (N 3, I), traduzione di Giuseppe Russo, p. 518.
6 «Quando il pensiero si arresta di colpo in una costellazione carica di tensioni, le impartisce un urto per cui esso si cristallizza in una monade. Il materialista storico affronta un oggetto storico unicamente e solo dove esso gli si presenta come monade. In questa struttura egli riconosce il segno di un arresto messianico dell’accadere o, detto altrimenti, di una chance rivoluzionaria nella lotta per il passato oppresso. Egli la coglie per far saltare un’epoca determinata dal corso omogeneo della storia» [W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia, cit., p. 85].
7 «Metodo di questo lavoro: montaggio letterario. Non ho nulla da dire. Solo da mostrare. Non sottrarrò nulla di prezioso e non mi approprierò di alcuna espressione ingegnosa. Stracci e rifiuti, invece, non per farne l’inventario, ma per rendere loro giustizia nell’unico modo possibile: usandoli» [W. Benjamin, I «passages» di Parigi, cit., vol. I, (N Ia, 8), traduzione di Giuseppe Russo, p. 514].
8 Ivi, vol. I, (Exposés), traduzione di Renato Solmi, p. 14.
9 Cfr. S. Bianchi, L. Caminiti (a cura di), Gli autonomi. Le storie, le lotte, le teorie, DeriveApprodi, Roma 2007-2008, 3 voll.
10 «la produzione sociale è unicamente la produzione desiderante stessa in condizioni determinate» [G. Deleuze, F. Guattari, L’Anti-Œdipe: Capitalisme et schizophrénie, Les Èditions de Minuit, Paris 1972; trad. it. di Alessandro Fontana, L’anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, Einaudi, Torino 1975; ed. 2002, p. 31].
11 «La critica della psicoanalisi come naturalizzazione della rimozione storicamente determinata del desiderio e la ricerca di una macchina di riemergenza ed espressione dei flussi desideranti – la pratica della scrittura e della comunicazione trasversale come forma emergente di questa collettivizzazione del rimosso; questi i temi che A/traverso ha introdotto nel movimento, e in particolare nel proletariato giovanile» [«A/traverso» (giugno 1977)].
12 «il primo numero di “A/traverso” portava il titolo Piccolo gruppo in moltiplicazione. Era un nuovo modo di intendere l’organizzazione politica. Non più il partito, non più le grandi strutture politicizzate, ma un’organizzazione che nasce dal basso, dalla vita quotidiana, dai rapporti di amore e di amicizia, dal rifiuto del lavoro salariato e dal piacere di starsene insieme» [Collettivo A/traverso, Alice è il diavolo. Sulla strada di Majakovskij: testi per una pratica di comunicazione sovversiva, a cura di Luciano Cappelli e Stefano Saviotti, L’Erba Voglio, Milano 1976; ripubblicato con il titolo Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, a cura di Franco Berardi e Enrico Guarneri, ShaKe, Milano 2002, p. 10].
13 «Lo schizo dispone di modi di orientazione che gli sono propri, perché dispone innanzitutto d’un codice di registrazione particolare che non coincide col codice sociale o non coincide con esso se non per farne la parodia. Il codice delirante, o desiderante, presenta una straordinaria fluidità. Si direbbe che lo schizofrenico passi da un codice all’altro, che confonda tutti i codici, in un rapido scivolamento, a seconda delle domande che gli vengono poste, senza dare da un giorno all’altro la stessa spiegazione» [G. Deleuze, F. Guattari, L’anti-Edipo. Capitalismo e schizofrenia, cit. p. 17].
14 Collettivo A/traverso, Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, cit., pp. 19-20.
15 «La crisi riattiva la soggettività mostrandola, rovesciata nella sua capacità di rivoluzionamento, al livello che lo sviluppo delle forze produttive ha determinato» (A. Negri, Marx oltre Marx, Feltrinelli, Milano 1979; ed. manifestolibri, Roma 2003, p. 16).
16 Collettivo A/traverso, Scrittura trasversale e fine dell’istituzione letteraria, «A/traverso» (giugno 1976).
17 Collettivo A/traverso, Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, cit., p. 53.
18 Cfr. K. Marx, Grundrisse der Kritik der politischen Ökonomie (1857-58), Marx-Engels-Lenin Institut, Moskau 1939-1941; trad. it. di Enzo Grillo, Lineamenti fondamentali della critica dell’economia politica. 1857-1858, La Nuova Italia, Firenze 1968-1970, 2 voll.; ed. 1997, vol. II, p. 403.
19 Cfr. C. Vercellone, Elementi per una lettura marxiana dell’ipotesi del capitalismo cognitivo, in Idem (a cura di), Capitalismo cognitivo. Conoscenza e finanza nell’epoca postfordista, manifestolibri, Roma 2006, pp. 39-58.
20 «A/traverso» (ottobre 1975).
21 W. Benjamin, I «passages» di Parigi, cit., vol. I, (K 2, 5), traduzione di Massimo De Carolis, pp. 437-438.
22 W. Benjamin, Tesi di filosofia della storia, cit., p. 85.
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Bibliografia
Benjamin W., Das Passagenwerk (1927-1940), Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1982; trad. it. di Renato Solmi, Antonella Moscati, Massimo De Carolis, Giuseppe Russo, Gianni Carchia, Francesco Porzio, Ginevra Quadrio Curzio, Hellmut Riediger, Elena Agazzi, Giorgio Backhaus, Fabrizio Desideri, Anna Marietti, I «passages» di Parigi, Einaudi, Torino 2002, 2 voll.
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Danilo Mariscalco è dottore di ricerca (Doctor Europaeus) in Studi Culturali (Università degli studi di Palermo). È membro del comitato scientifico della rivista «Forma. Revista d’estudis comparatius. Art, literatura, pensament» (www.upf.edu/forma) e redattore del portale «studicultrali.it». È stato visiting researcher presso il Centro d’Estudis sobre Moviments Socials (Institut Universitari de Cultura, Departament d’Humanitats, Universitat Pompeu Fabra, Barcelona). Interessi di ricerca: pratiche comunicative e culturali dei movimenti antagonisti, cultura visuale, storia dell’arte contemporanea, storia sociale dell’arte, capitalismo cognitivo. Pubblicazioni (scelta): Considerazioni intorno l’opera e l’attività di impegno civile e politico degli artisti siciliani fra i moti del ’48 e l’esperienza dei Fasci dei lavoratori, in G. Barbera, M. C. Di Natale (a cura di), Arte in Sicilia, Centro Studi sulla Civiltà Artistica dell’Italia Meridionale “Giovanni Previtali”, Graphein, Napoli 2012; «A/traverso» la transizione. Le pratiche culturali del movimento italiano del ’77 e il paradigma artistico, «Enthymema», 7 (2012); Kunst, Wissen und biopolitische Subsumtion im Zeitalter des kognitiven Kapitalismus, in V. Borsò, M. Cometa (a cura di), Die Kunst, das Leben zu »bewirtschaften«. Biós zwischen Politik, Ökonomie und Ästhetik, Transcript, Düsseldorf (in corso di stampa);Rappresentanza/Rappresentazione. Un problema di storia della cultura, a cura di M. Cometa e D. Mariscalco, Quodlibet, Macerata (in corso di stampa).