Abstract: Montesanto foodwalk è la prima tappa di ZurriApp (dal napoletano “zurriare”: andare a zonzo), progetto di sound design sui quartieri di Napoli. Ideato da Nevermind, impresa di comunicazione e cultura digitale, ZurriApp offre “camminate sonore” nel tessuto cittadino, ma con un’ottica peculiare: ogni quartiere è letto alla luce di un filo conduttore, proprio come nel caso del quartiere Montesanto, indagato a partire dal suo rapporto con il cibo, e di tutti i significati ad esso correlato. Cibo come valore di comunità, cibo come “smart specialization”, nel caso di Montesanto è correlato ad un’altra istituzione culturale informale: il mercato, la vera e propria agorà del quartiere.
A raccontare il quartiere non è un solo narratore, ma è la voce collettiva, ed il suono, dei racconti di chi vive il quartiere a partire dal cibo.
I narratori dell’app sono infatti i protagonisti delle stesse attività presenti come presidio territoriale. Gli esercenti, gli artigiani, i cuochi, i pizzaioli, le persone che si occupano di cibo, solo per questo stesso fatto, si prendono cura del quartiere.
Il cibo, i mercati di strada dove si vendono frutta e verdura, pesce e carni, pane e vino […] tutto questo ha sempre costituito il germe su cui sorge e si sviluppa una città. […] Una città è costituita dalle sue occasioni pubbliche di cibo. Queste costituiscono gli spazi e li delimitano, rendono una piazza o uno slargo, un angolo o un vicolo qualcosa che crea occasioni di spazio circostante. Tanto più lo sono i mercati, […] attorno ai mercati si costituiscono i quartieri, si dimensionano le altre attività […]. I mercati formano il layout di buona parte delle città che conosciamo, anche quando essi li hanno rigettati e rifiutati come un segno di arretratezza. […] È la condivisione di un sistema di apprezzamento che diventa morale quotidiana, habitus che da alla vita un senso comunitario e corale.
Franco La Cecla
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Il Quartiere di Montesanto è uno dei quartieri più popolari, densi e multietnici della città di Napoli. Interstiziale tra i “quartieri alti”, il centro storico monumentale, e parti della città relativamente di stampo più occidentale (via Toledo), è un quartiere-soglia per eccellenza, a cavallo delle categorie: alto-basso, mare-montagna, locale-globale. Il sistema urbano ed inter- urbano dei trasporti ne caratterizza il paesaggio, con il passaggio quotidiano di ferrovia circum-flegrea, funicolare e metropolitana.
Anche in virtù di questo attraversamento tra interno della città e hinterland, insieme a una conformazione ed una densità tipica dei quartieri popolari ed una fitta rete di attività manifatturiere e commerciali, Montesanto si configura come luogo di passaggio incessante, di scambio, di prossimità.
La sua cifra caratteristica è la convivenza, in cui lo spazio comune – della taverna, della bottega, del mercato – ha ancora un ruolo prioritario rispetto al chiuso delle case.
L’idea è nata dall’osservazione del fatto che quando si visita un posto, per turismo, ma anche nell’attraversamento quotidiano, spesso è come se se ne avesse una percezione pre-confezionata, una sorta di profezia che si auto-avvera, fatta di luoghi comuni che si condensano nell’immaginario, per il quale: Venezia sarà sempre decadente, Napoli chiassosa e suggestiva etc.
Napoli sembra che in questo periodo di intensificazione turistica di massa sia particolarmente soggetta a questi fenomeni di semplificazione estrema del proprio apparato simbolico, della profondità ambivalente del proprio racconto.
Da anni attraverso il quartiere di Montesanto, e la mia percezione nel tempo è cambiata molto, ed è cambiata solo abbassando le difese nei confronti dello spazio e di chi lo vive, solo attraverso il privilegio dell’ascolto, della narrazione orale (che, come disse Walter Benjamin è LA forma narrativa), vedendo i turisti passare fuori Pescheria Azzurra (per rimanere ad un esempio legato a Montesanto), fare foto e proseguire, ho sempre pensato che si stessero perdendo qualcosa, il racconto di quelle che sono persone con un loro vissuto quotidiano di quello spazio, e che quello spazio lo conoscono e lo determinano.
È così che abbiamo pensato ad uno strumento con cui sia possibile accorciare questa distanza, che è pure a volte una barriera, e quindi nell’app tutti i percorsi hanno due caratteristiche peculiari che li differenziano da quelli delle altre soundwalk più comuni: il fatto di essere interattive – l’app consente di localizzare il corpo del visitatore nello spazio, per propali i racconti legati esattamente allo spazio in cui sta situando la propria esperienza – e di fare in modo che siano gli stessi abitanti del quartiere a raccontare i luoghi. Proprio per questo il primo episodio contenuto nell’app è dedicato al quartiere di Montesanto, quartiere-soglia per eccellenza, particolarmente vivo e dinamico, ed abbiamo avuto gioco facile pensare ad una chiave di accesso pensando al suo rapporto con il cibo, in particolare ad una idea di cibo come valore di comunità, come collante sociale, ed effettivamente non ci siamo sbagliati, avendo trovato una grandissima vivacità in questo senso, oltre a una grandissima disponibilità ed amicizia da parte degli intervistati, per citare il presidente del Premio, Gabriele Frasca, chi ha narrato si è davvero vestito di autorità. Abbiamo costruito un percorso fittissimo di dieci tappe, che partono dall’inizio della Pignasecca, a Vico Cappuccinelle 13, dove era ubicata la Mensa dei Bambini Proletari, uno delle esperienze più straordinarie di attivismo non solo napoletano, che segna un passaggio epocale verso una lotta politica intesa come attenzione ai bisogni specifici delle comunità, proprio a partire dal cibo.
Qui, per i lettori di Routes, anticipiamo l’ultima tappa del foodwalk, quella dedicata alla Mensa, dove la voce di Geppino Fiorenza scandisce il racconto missato sui suoni e le voci dei bambini che ogni giorno giocano al Parco dei Ventaglieri, interstizio di verde urbano proprio di fianco alla sede della Mensa, ed anche del DAMM, altra esperienza seminale della storia dell’attivismo cittadino.
Qui invece un audio-trailer dell’intero percorso:
Uno degli aspetti caratterizzanti del progetto “Montesanto foodwalk” sta nella progettazione, allo stesso tempo, di una piattaforma di narrazione multimediale a misura di quartiere e di un’app, strutturando un processo in cui la prima è contenuta nella seconda.
Un altro aspetto importante sta nel fatto che in questa logica è il territorio stesso un medium: dopo una prima fase di penetrazione all’interno del quartiere, si è cercato di inserire tale vissuto all’interno di un percorso multimediale fruibile esattamente nel territorio che si intende raccontare, in una perfetta simbiosi tra luogo ed esperienza.
L’elemento di racconto è contenuto in un’app, che, grazie allo sfruttamento della tecnologia GPS, consente un’esperienza di fruizione “aumentata” degli spazi, rendendoli “sensibili” e trasformandoli così in tappe di attraversamento del quartiere.
In ultima istanza è una forma di cinematografia senza schermo, che potremmo collocare nella categoria di post-cinema, in cui il fruitore, non solo è coinvolto attivamente nella scena, ma la invade con il proprio corpo ed il proprio passaggio, ne prende parte. In questa scena “aumentata” il sonoro (suoni e racconti) diviene un dispositivo di decodifica della scena sul piano visivo e cinetico.
Questa tipologia di esperienza ha una peculiarità indiscutibile: è un racconto multimediale in cui la narrazione si frammenta nello spazio, accompagnando il visitatore a vivere esattamente lo spazio nel quale il racconto è stato pensato e performato. La tecnologia GPS consente di fornire di volta in volta stimoli al visitatore in maniera dinamica, impulsi – sonori in primis, ma anche testuali e visuali – in grado di guidare il fruitore attraverso il quartiere. Il passeggiare diventa così un elemento saliente, in quanto le forme narrative che propone sono letteralmente scaturite dal moto del corpo del fruitore.
Montesanto foodwalk è una sorta di racconto collettivo di cui si colgono diversi frammenti che, composti, generano attorno alla città un immaginario condiviso.
Già il teorico della vita quotidiana Michel de Certeau notava come la camminata sia in grado di reinterpretare la città, creando uno spazio ogni volta diverso, rispetto all’organizzazione delle rigide funzioni urbane, capace di una “creatività surrettizia” che aiuta a fuggire le consuetudini e il controllo sociale, una “forma di organizzazione dello spazio” in cui si crea la topografia, le si conferisce senso.
La chiave di lettura con cui si è scelto di leggere questo spazio è stata quella del rapporto con il cibo, inteso in particolare come elemento comunitario.
Il cibo di strada, il mercato come luogo di scambio e la bottega come luogo di produzione: un quartiere di “economia locale”, fatto di mestieri, di conoscenze, vecchie e nuove, che non a caso mette al centro della propria vita il “mercato”, lo storico mercato della Pignasecca, esteso quasi quanto l’intera parte bassa del quartiere: Il mercato come primo luogo dialettico della messa in scena tra individui, gruppi, etnie.
La sceneggiatura del progetto multimediale si configura come qualcosa che ha a che fare con il design della città e che contribuisce a creare elementi di condivisione nella comunità: fornisce un corpo vero all’argomento trattato, il corpo del fruitore.
Spesso progetti di soundwalk prevedono una voce narrante che racconti il luogo, il progetto Montesanto foodwalk invece capovolge questo schema: è il quartiere che racconta se stesso, a partire dal rapporto con il cibo. Gli attori dell’app sono infatti i protagonisti delle stesse attività presenti come presidio territoriale. Gli esercenti, gli artigiani, i cuochi, i pizzaioli, le persone che si occupano di cibo, solo per questo stesso fatto, si prendono cura del quartiere.
Tutte le info sull’app, ed il link all’appstore, le trovate qui:
http://www.premionapoli.it/zurriapp/
Montesanto Foodwalk è prodotto da: Nevermind s.r.l.
Concept – Editing: Pasquale Napolitano
Interaction Design: Stefano Perna
Con il preziosissimo contributo di Maurizio Braucci, Carmelo Colangelo e Stefano De Matteis
Un particolare ringraziamento a tutti coloro che hanno donato la loro testimonianza:
Il sig. Luigi della Pizzeria “Vecchia Napoli”, Giuseppe “Frungillo” Varriale, Enzo dello Spiedo d’oro e la signora Nunziatina, Biagio Allegretti, Il Fornaretto, i Fratelli Benvenuto, Giuseppe Russo ed il prof. Altamura, La Famiglia Fiorenzano, Armando Scaturchio, Geppino Fiorenza della “Mensa dei Bambini Proletari”, e tutti i venditori, gli ambulanti, i ristoratori e gli inservienti che con la loro voce ed il loro corpo scrivono ogni giorno la geografia del quartiere.
Un particolare ringraziamento alla Ass. Le Scalze per aver messo a disposizione l’archivio del progetto iconografico “Ti Ricordi”.
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Per uno spaccato della qualità della rete degli attori della filiera culturale e creativa in cross over con gli operatori del no profit e dell’associazionismo, rimando al progetto del Quartiere dell’Arte ed al suo sviluppo:
http://www.museonitsch.org/eventi/quartiere-avvocata-quartiere-dell-arte
https://www.researchgate.net/publication/279845199_Il_caso_Quartiere_Avvocata_Quartiere_dell’Arte
Ed al mio recente testo sull’idea di “FabLab diffuso” nei quartieri popolari ad alta densità delle città del mediterraneo, edito dall’agenzia europea EUROCITIES all’interno del volume “EUROCITIES 30”:
http://nws.eurocities.eu/MediaShell/GetMediaBytes?mediaReference=13608
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Pasquale Napolitano è studioso di visual design e multimedia art. E’ docente di Digital Video presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, all’interno del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte. E’ borsista presso l’Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del CNR. Artista multimediale, video-maker e video-artista, partecipa a numerose mostre, rassegne, residenze, ha partecipato ad alcuni dei festival di new media art più significativi in ambito italiano ed europeo.