A.C. – Little Constellation è un network dedicato alla ricerca artistica contemporanea che dedica una specifica attenzione ad alcuni particolari territori, i cosiddetti “Piccoli Stati” quali Andorra, Cipro, Islanda, Liechtenstein, Lussemburgo, Malta, Monaco, Montenegro, San Marino, e in alcune micro realtà geoculturali dell’area europea tra cui: Canton Ticino, Ceuta, Gibilterra, Kaliningrad, le isola Aland, le isolae Faroe, Guernsey, Jersey.
Negli anni questo centro di ricerca, situato a San Marino, ha sviluppato diversi progetti tra mostre, produzioni video, pubblicazioni, laboratori…
Il punto di partenza di questo lavoro ha però un’identità del tutto particolare, così importante che ne qualifica la specificità: Little Constellation nasce infatti come progetto di ricerca di due artisti, Rita Canarezza e Pier Paolo Coro.
Me ne potete parlare?
R.C & P.P.C. – Il Network di Little Constellation ha inizio nel 2004 come progetto artistico, di studio e ricerca sull’arte contemporanea nei piccoli Stati d’Europa. Da subito è stata una forte scommessa anche per stimolare il coraggio di utilizzare la creatività come mezzo per reagire a una insicurezza. Infatti, generalmente quando si parla dei piccoli Stati emergono spesso facili cliché e stereotipi culturali che li definisco a torto o a ragione luoghi solo noti come paradisi fiscali, o luoghi chiusi e protetti in se stessi, marginali rispetto alla cultura artistica contemporanea, città parco del turismo di massa ecc. Quindi abbiamo sentito l’esigenza di effettuare un percorso di studio etno-antropologico per registrare e documentare aspetti di una realtà che è ben più complessa di come spesso appare, e nel nostro specifico conoscere se esistevano spazi, enti, istituzioni per l’arte contemporanea, se vi erano artisti con cui iniziare un dialogo, e soprattutto cercare di capire com’è vissuta la pratica del fare arte in piccole realtà geo-culturali e geopolitiche.
La ricerca, svolta in otto anni ed effettuata direttamente in tredici Paesi, ha evidenziato con grande sorpresa che nella maggior parte di queste piccole realtà è presente a vari livelli una scena artistica emergente, vi operano artisti e curatori, ci sono alcuni Musei estremamente attivi, anche se non si possono nascondere le difficoltà che l’attività artistica vive e che necessiterebbe di maggiori sforzi per la sua diffusione e nel creare relazioni. Durante il percorso abbiamo conosciuto diversi rappresentanti istituzionali, direttori di Centri per l’arte e Musei, Gruppi e Associazioni Culturali e incontrato numerosi artisti, visionato il loro lavoro. In un certo senso abbiamo fatto i curatori d’arte ma senza vestire gli abiti del critico, ma pensiamo guidati da una visione prospettica più empatica e profonda, in quanto noi stessi siamo artisti.
Gli esiti delle ricerche condotte hanno permesso anche di raccogliere molto materiale documentativo, libri, cataloghi, video, che oggi costituiscono la Library Archive del Network di Little Constellation. Il primo Archivio e Centro di ricerca sull’arte nei piccoli Stati d’Europa, che non vuole adoperarsi esclusivamente come catalogazione sistematica dei materiali raccolti, ma piuttosto come un archivio attivo in continuo aggiornamento e propulsore di strumenti e informazioni per la creazione di progetti e coproduzioni artistiche internazionali. L’insieme di questi incontri ha poi generato relazioni sempre più condivise a sostegno del progetto e quindi reso possibile la creazione del Network stesso. Oggi il Network di Little Constellation si configura come ampio ambito relazionale e progettuale, cui fanno parte numerosi artisti che hanno un ruolo attivo in questi Paesi, numerose istituzioni, enti pubblici e privati per la cultura artistica, e un team di critici e curatori internazionali che segue e sviluppa insieme gli artisti i progetti e le attività del Network.
Ci preme evidenziare inoltre come gli esiti complessivi di tutta la ricerca condotta fino ad oggi nei piccoli Stati, sia stata forse per noi anche una piccola rivincita sul piano personale, nel tentativo di comunicare, superare quelle ipocrisie, insicurezze e paure nell’affrontare questi argomenti e infrangere certi tabu. Primo tra tutti che in una piccola realtà può comunque svilupparsi anche una scena artistica contemporanea.
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A.C. – Un aspetto fondamentale legato al lavoro fatto in questi anni ha a che vedere con la dimensione di mappatura della scena artistica contemporanea di queste aree. Ma la mappatura è una forma di racconto e dunque l’ultimo libro a cui abbiamo lavorato racconta queste identità proprio sotto forma di mappe soggettive. Queste mappe si presentano nelle vesti di quell’archetipo culturale della trasmissione e conservazione della conoscenza: il libro, qui declinato in differenti possibili riformulazioni: fanzine, libri-oggetto, libri d’artista. Da queste produzioni è nata una mostra presso la Galleria Nazionale d’Islanda a Reykavik. Cosa pensate di questo progetto?
R.C & P.P.C. – La mostra Subjective Maps – Disappearance alla Galleria Nazionale d’Islanda che ha inaugurato lo scorso Reykjavik Art Festival, è stato un progetto a cui abbiamo dedicato due anni di lavoro. L’Islanda è stato in effetti uno degli ultimi Paesi in cui abbiamo condotto la ricerca, ma da subito si è sentita la grande energia e la presenza di una scena artistica estremamente vivace e molto nota a livello internazionale. La mostra si è sviluppata e poi approfondita attraverso una serie di presentazioni, workshop e seminari, con il coinvolgimento e i contributi di numerosi curatori e artisti tra cui l’interesse del direttore della Galleria Nazionale d’Islanda. Subjective Maps – Disappearance ha preso corpo attraverso tutte queste relazioni e motivazioni. L’idea poi di esporre libri unici d’artista si è prefigurata come un’interessante possibilità di coinvolgere il lavoro degli artisti verso un preciso campo d’indagine per raccontare esperienze e ricerche in relazione alla propria realtà e vissuto. Siamo poi stati catturati dalla suggestione che in Islanda c’è un forte legame con la cultura del libro. Basta pensare che in ogni Paese anche nel più piccolo villaggio è sempre presente una piccola libreria o sala di lettura pubblica. Ma soprattutto il libro come strumento che conduce profondamente alla narrazione e al suo forte legame con il mondo magico e mitologico della visione fantastica. Nella società contemporanea islandese l’immaginario e tutti gli esseri fantastici che lo abitano, sorprendentemente si connaturano quasi come entità esistenti nella realtà quotidiana e non come semplici credenze. In opposizione al senso di meraviglia del linguaggio fantastico, questo elemento ha poi messo in risalto un altro tema della mostra molto complesso che riguarda la “sparizione”. Infatti, la mitologia degli Elfi tratta della sparizione, e al seguito di un racconto di un fatto avvenuto realmente a Reykjavik negli anni ’70 inerente la scomparsa misteriosa di due uomini, mai più ritrovati, ci è sembrato molto interessante porre in relazione anche il senso di precarietà e cancellazione – soprattutto economica – che spesso ultimamente le cronache giornalistiche mettono in campo a proposito dei piccoli Stati.
La mostra ha cosi messo in scena un universo di libri d’artista, fanzine e materiali audio e video vivacemente eterogeneo nel linguaggio formale e visivo. L’allestimento è stato risolto con un display modulare molto affascinante realizzato da Oppy De Bernardo realizzato con tubi utilizzati nell’edilizia idraulica e ancoraggi a muro realizzati ad hoc per la Galleria Nazionale.
In due salette sono stati presentati i video degli artisti e il film documentario Small States on Un-certain Stereotypes, riguardante tutta la ricerca condotta nei piccoli Stati. Una serie di lecture e presentazioni pubbliche e un workshop, hanno accompagnato i tre giorni inaugurali.
Foto di Pier Paolo Coro
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A.C. – Quali sono state le opere per voi più interessanti?
R.C & P.P.C. – Tutti gli artisti hanno dato il meglio delle proprie ricerche, e siamo particolarmente grati verso coloro che si sono messi in gioco sperimentando per la prima volta il linguaggio del libro d’arte e della fanzine.
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A.C. – Pensando al tema specifico su cui roots§routes sta lavorando, vorrei proporvi una riflessione su questa idea di confine. Nei nostri viaggi, nei vari progetti che abbiamo sviluppato il confine, che è la misura di questi territori, è spesso apparso tutt’altro che liquido. Anzi il confine per un Piccolo Stato assume una valenza estremamente specifica che credo sia emerso in maniera estremamente eloquente in un progetto realizzato nel 2002 con la collaborazione di Sejla Kamerić. Che ne pensate?
R.C & P.P.C. – Quando si parla di piccoli Stati, emerge da subito l’idea di una specifica delimitazione geografica. Un relativismo chiaro e diretto. Primo tra tutti essere un territorio piccolo rispetto a un altro. Ma resta il fatto che comunque la si pensi, questa traccia di demarcazione geografica – anche se di una linea immaginaria si tratta – un confine c’è, esiste ed è un fatto reale quasi fisico.
A noi non è mai interessato il tema del confine inteso come opposizione tra vicinanza e lontananza o un azzeramento di questi. Semmai, il confine analizzato come spazio delle relazioni. Pensiamo sia una delle suggestioni principali anche di tutto il progetto di ricerca nei piccoli Stati. Vivendo prevalentemente in un enclave territoriale come San Marino questo concetto è molto eloquente. Oltrepassato il confine ti ritrovi in Italia, dove parli la stessa lingua e vivi parte della tua stessa cultura.
Non è un caso che il progetto realizzato con l’artista Bosniaca Sejla Kamerić nel 2002, metteva in luce alcuni di questi aspetti. Infatti in quell’occasione fu chiuso ufficialmente come intervento artistico il confine tra San Marino e Italia per la durata di 30 minuti. Le barricate posizionate lungo il tratto, chiusero il traffico stradale e le persone si ritrovarono a dover scegliere da che parte stare. Si formò una lunga fila di auto ferme, e un folto gruppo di persone e passanti si trovarono così divisi a conversare tra le due parti. Non era mai stato chiuso volontariamente nella storia di San Marino un portale di confine, neppure durante la Seconda Guerra Mondiale. Il significato era dunque molto forte. L’azione in se ci mostrava che quel confine esisteva, era reale e se chiuso aveva effetti immediati, e ci rammentava che eventi improvvisi, come i tragici fatti vissuti dall’artista nella guerra serbo-bosniaca, il cambiamento drammatico da una condizione iniziale a un’altra poteva giungere molto velocemente e i confini anche cambiare.
Da questa esperienza emerge anche un altro elemento pensiamo interessante. Il fatto che in un piccolo Stato la dimensione locale e quella internazionale coincidono, mettendo in risalto come in una piccola realtà si possano più agilmente realizzare interventi – come la chiusura di un confine ufficiale tra due Stati – che nell’apparato burocratico dei grandi Paesi richiederebbe molto più tempo o sarebbe quasi impossibile da realizzare. Forse una delle qualità più evidenti e molto spesso dimenticate del fare arte in un piccolo Stato, è la possibilità di attivare una doppia velocità, che ti permette di lavorare in una dimensione territoriale minima e al tempo stesso infinitamente più grande.
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Sejla Kamerić, Closing The Border, 2002
intervento sul Confine di Stato di Chiesanuova, San Marino – Italia
Foto: Pier Paolo Coro
Haris Epaminonda, Postcard, video, 2005
Immagine dalla video installazione per The Land seen from the Sea
Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova, 2012
Per gentile concessione dell’artista. Foto: Pier Paolo Coro
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A.C. – Un altro progetto sviluppato da Little Constellation nel 2012 si intitola “The Land seen from the Sea”. Si tratta di un lavoro di ricerca, una mostra e una pubblicazione che si sono sviluppate a partire da alcune specifiche direttrici, basate sulla percezione della distanza e sull’idea di esperienza estetica come esperienza di viaggio. Appunto, una serie di viaggi, soprattutto nel bacino Mediterraneo, ma anche verso nord, come per esempio in Islanda, hanno fatto emergere una particolare “condizione”: la possibilità di leggere la distanza, non come causa di isolamento, bensì come occasione di spostamento… che, come ricorda, per esempio, Emmanuel Levinas, si basa sull’incontro con “l’altro”… ancora una volta quindi l’idea di alterità come possibilità di relazione. Alcuni artisti hanno elaborato, per la mostra presso il Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce di Genova, la questione attraverso progetti estremamente interessanti. Penso a Nina Danino che ha messo a punto una complessa installazione che cerca di tessere le relazioni tra la sua terra d’origine, Gibilterra, e Genova. Dall’inizio del XVIII si attesta, infatti, la presenza di una nutrita comunità genovese all’interno della celebre Rocca. L’artista costruisce così un ponte radio tra le due città, diffondendo nelle sale di Villa Croce GBC,Radio Gibilterra, la cui programmazione alterna i successi del Pop anglofono con i pezzi della tradizione spagnola. Per voi che valore assume l’esperienza del viaggio?
R.C & P.PC. – Rispetto a tutto il percorso di ricerca nei piccoli Stati, poter compiere una ricognizione reale e recarsi direttamente in ogni singolo Paese, è stato decisivo per gli esiti della ricerca stessa. Soprattutto in un viaggio di studio, esperire direttamente il vissuto entro i limiti possibili, è stata una condizione di base cui non potevamo rinunciare. In questa direzione ci siamo collocati in una modalità di lavoro di Estetica relazionale, cercando sempre di attivarci con empatia anche nel tentativo di unire e definire quel complesso legame tra oggetto osservato e soggetto osservante, che sono elementi centrali della narrazione e che trasmettono anche il senso profondo dello spostamento e del viaggio in sé. Con il percorso di Little Constellation ci siamo ritrovati anche in una progettualità e modalità di lavoro Metartistica, per tentare di creare dispositivi per sviluppare relazioni condivise, conoscenze e favorire anche progetti ed occasioni di mobilità tra le persone. Dobbiamo dire, che sono molti gli artisti che in questi anni hanno potuto anche grazie alle attività del network, viaggiare, esporre e lavorare in gran parte dei Paesi coinvolti, e sviluppare anche nuovi percorsi di ricerca artistica più individuali.
Ma tornando alla domanda, l’esperienza di viaggio può assumere anche sentimenti molto contrastanti. Possiamo dire di ritenerci fortunati di aver potuto condurre un’esperienza di ricerca e viaggiare per lavorare a un progetto d’arte. Ma non dobbiamo dimenticare che ci sono altre declinazioni tematiche del viaggio che purtroppo non sono felici. Per esempio se si pensa ai viaggi dei popoli segnati dalla disperazione, in fuga da guerre e da ogni dramma umano. Non possiamo non ricordare le persone e i gruppi d’immigrati che abbiamo visto in attesa al porto di Valletta a Malta, le file di persone provenienti dall’Africa nera al confine di Ceuta tra Marocco e Spagna, o la “linea verde” che separa la città di Nicosia nella persistente e difficile convivenza tra le comunità greco-cipriota e quella turco-cipriota e che divide l’isola di Cipro.
Per quanto riguarda la mostra “The Land seen from the Sea” al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce di Genova, questa è stata un’esposizione molto importante per il network. Sono state realizzate opere specifiche, particolarmente incentrate sulla percezione della distanza e sul tema dello spostamento come esperienza estetica del viaggio. Inoltre, ciò che colpiva nella mostra e nell’insieme dei lavori esposti, è stata la distensione di una mappatura e una molteplicità di luoghi, in cui la città di Genova, viene così a trovarsi idealmente come centro attivatore, insieme alla cultura del Mediterraneo e al suo mare.
Nell’imponente opera di Elias Canetti Massa e Potere, uno dei principali “simboli di massa” è proprio il mare. Nell’opera il mare è descritto efficacemente come unità simbolica e come unità collettiva – non umana – la cui tenacia è impressionante, la cui costanza e il suo perdurare possono contenere tutto e non riempirsi mai. Il mare non riposa mai, è sempre in movimento.
Il titolo della mostra “The Land seen from the Sea” è stata dunque anche una sottile metafora per condurci a identificare con i termini di “relazione” e “mettere insieme”, due coordinate che animano in fondo lo spirito del network.
Da una parte il mare, simbolo di massa descritto da Elias Canetti quale entità contenitore e accumulatore di emozioni per condurci verso un ribaltamento delle prospettive e porre al centro le “relazioni”; dall’altra parte la terra, rappresentazione simbolica del “mettere insieme”, unire piccoli e grandi universi culturali che nell’arte possono realizzare una condivisione collettiva di significato e in continua espansione.
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Il mare è molteplice, è in movimento, ha una sua profonda coesione.
La sua molteplicità è nelle onde: molteplici onde lo costituiscono.
Le onde sono innumerevoli; chi si trova sul mare è circondato da esse per ogni dove.
Il mare non ha alcun interno confine, non è suddiviso in regioni e in aree di popolazioni. Ha una sola lingua uguale dovunque.
Si può dire che nessun uomo sia escluso dal mare.1 Elias Canetti
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1 Canetti Elias, Massa e Potere, Claassen Verlag Hamburg, 1960; Adephi Edizioni S.P.A. Milano, 1981.
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Alessandro Castiglioni è uno storico dell’arte e ricercatore culturale. Dal 2009 collabora con Rita Canarezza e Pier Paolo Coro per la cura del network di Little Constellation. Dal 2004 lavora per il Dipartimento educativo del Museo MA*GA di Gallarate dove è anche Co-Segretario Generale del Premio Nazionale Arti Visive Città di Gallarate. E’ curatore di Mediterranea 16 – XVI Young Artists Biennale e tra le istituzioni con cui ha collaborato si ricordano: National Gallery of Iceland, Reykjavik; Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova; Musée Cantonal, Lausanne; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino.
Tra le più recenti pubblicazioni si ricordano: Errors Allowed – Mediterranea 16, Quodlibet; Subjective Maps/Disappearances, Mousse Publishing; Roaming, Postmediabooks; LONG PLAY, Mousse Publishing.
Rita Canarezza, laureata all’Accademia di Belle Arti di Bologna e in Filosofia presso l’Università di Urbino, ha studiato Discipline teatrali presso l’Università di Bologna. Ha completato i suoi studi con un anno di post-laurea presso il programma internazionalie di ricerca presso il Centro per l’Arte Contemporanea di Kytakyushu in Giappone 1998-1999, visiting professor Marina Abramovic. Ha realizzato mostre personali e progetti artistici site specific in Olanda, Norvegia, Germania, Giappone, Islanda, Italia, San Marino e Stati Uniti. I suoi lavori e progetti sono stati esposti alla Biennale d’Arte di Venezia nel 1990 e nel 2000.
Pier Paolo Coro, laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, ha studiato Scienze della Comunicazione presso l’Università di Urbino. Ha esposto alla Biennale dei Giovani Artisti dell’Europa e del Mediterraneo, Lisbona nel 1994. Nel 2000 il suo progetto Point Out è stato incluso nella pubblicazione di Manifesta 3 – Biennale Europea di arte contemporanea. Nel 2002 ha esposto presso l’Istituto Svizzero di New York. E’ co-autore con Rita Canarezza del volume Little Constellation edito da Mousse Publishing nel 2010, ed esposto in diverse fiere internazionali tra cui il New York Independent Art Book al MoMA PS1. Nel 2012 hanno pubblicato il box dvd Small States on Un-certain Stereotypes edito da Mousse Pubblising.
Rita Canarezza & Pier Paolo Coro, hanno cominciato a lavorare insieme negli anni ’90. Nel 2000 hanno ideato e realizzato il progettoSanmarinosarajevo, un progetto relazionale tra gli artisti e le istituzioni di San Marino e la città di Sarajevo. Sono artisti e curatori promotori del network internazionale e Archivio Biblioteca di Little Constellation – un progetto artistico e di ricerca iniziato nel 2004 – dedicato agli artisti, curatori e alle principali istituzioni per l’arte contemporanea nelle micro-aree geo-culturali e piccoli Stati d’Europa. Il progetto nell’arco di nove anni ha collegato più di 80 artisti, curatori d’arte e oltre 50 istituzioni culturali internazionali di 19 Paesi. Dopo diversi anni di riunioni, seminari, presentazioni, conferenze, pubblicazioni, film, mostre e progetti, il network di Little Constellation è una piattaforma attiva e dinamica, per la promozione e la creazione di progetti artistici e collaborazioni culturali. La loro ultima mostra si è tenuta presso La Galleria Nazionale d’Islanda nel 2013.