Rosario Palazzolo, Letizia Forever, Santiago Edizioni, 2016
«Letizia forever è una donna sgrammaticata, esilarante, poetica, semplice e complicatissima, dal linguaggio dirompente, assolutamente personale, intriso di neologismi, solecismi, e non sense semiotici che diventano caricaturali non appena prendono di mira l’instabile certezza dei luoghi comuni. È una donna che racconta la propria esistenza, un’esistenza fatta di soprusi, di ignoranza, di rocambolesche peregrinazioni emotive. Ed è anche una musica, Letizia forever, quella dei “fabulosi anni Ottanta”; una musica che entra in collisione con la storia, o la sollecita, o la sorprende. Ma Letizia forever è soprattutto una distonia della personalità, un accanimento sociale, un rebus irrisolto, e irrisolvibile».
Così dice la sinossi presente nella brochure dello spettacolo, e dice bene, secondo me, ché di più non saprei aggiungere e solo se messo alle strette potrei aggiungere dell’altro e insomma pare che io adesso sia messo alle strette, e pertanto cercherò di dire dell’altro, qualcosa che non sia già stato argomentato, inoltre, dai molti che hanno scritto su Letizia, dai molti che hanno dato il loro contributo di senso, gareggiando a ampliare prospettive, a insinuare certezze, e per cui mi risulta davvero difficile analizzare adesso qualcosa che non mi appartiene più davvero, perché Letizia oramai è del pubblico e al pubblico dovremmo chiedere un qualsiasi altro contributo, eventualmente, ché io sto già invischiato in un’altra storia, c’ho degli altri problemi, insomma.
Ma ci provo, sia mai si dica in giro che non ci provo.
Lo spettacolo Letizia forever ha debuttato alle Officine Solimano di Savona l’undici ottobre duemilatredici, e da allora a oggi sessantaquattro repliche, ed è un numero impressionante se pensiamo che è stata una produzione indipendente, una produzione che ha dovuto trovare spazi e attenzioni e ospitalità, ed è anche un numero esiguo, sessantaquattro repliche, se riflettiamo un attimo su quanti teatri esistono in Italia e certo lo scopo di questo spettacolo è raggiungerli tutti, e sebbene ha la certezza, questo spettacolo, che una cosa è la volontà e un’altra la possibilità, a oggi la prospettiva risulta invariata, e anzi sollecitata dall’affetto di quanti hanno incontrato questa donna, questo rebus, questo personaggio ambiguo e umanissimo interpretato dal mio compagno d’avventure Salvatore Nocera, che è stato il motore, diciamolo, di tutta l’operazione pure se “operazione” è una parola poco indicata quando si parla di fatti artistici eppure è la più indicata, in questo caso, ché insomma è stata proprio un’operazione quella organizzata da Salvatore Nocera che un giorno di gennaio, mi pare, del duemilatredici mi contattò dicendomi che avrebbe desiderato dal sottoscritto un testo affinché potesse esserne il protagonista, lui, da me semi sconosciuto attore per non dire sconosciuto visto che lo conoscevo come bravo autore di canzoni e musicista e cantante e insomma mi contattò e mi disse ciò che mi disse e io lo presi un po’ sotto gamba, devo ammetterlo, tanto che per iniziare a scrivere il testo mi pigliai del tempo e iniziai solo in tarda estate ed è quindi un personaggio che ha preteso, Salvatore Nocera, e organizzato, e che ha perseguitato fino al debutto, che è stato quando è stato l’ho detto all’inizio, con le scene di Luca Mannino e le luci di Toni Troìa e la regia del sottoscritto, prodotto da Teatrino Controverso e T22 e il sostegno di Equamente – Bottega del mondo di Fabio Ruvolo, e oggi Letizia forever è uno spettacolo distribuito da Stefano Mascagni, e quindi si diceva che lo ha preteso, questo personaggio, Salvatore Nocera, e gli ha conferito una umanità grandissima, e certo all’inizio si brancolava nel buio, come si dice, ché c’erano troppi sgambetti nel panorama, perché era facile cadere nella macchietta, nel contrappunto, e occorreva che Salvatore diventasse una donna senza che mettesse in campo i clichet tipici dell’uomo che fa la donna e insomma si doveva trasformare in una donna, e in un battibaleno farsi sparire la barba, e difatti ricordo che gli dissi subito «Entro cinque minuti dovrai farti sparire la barba» e lui mi guardò incerto e certo non gli chiedevo un gioco di prestigio ma una magia vera e propria e dunque di cosa parla Letizia, mi chiederete, in due parole, epperò io due parole non ce le ho, con qualcuna in più potrei dirvi che affinché questo testo possa aprire delle porte è necessario avere delle porte da aprire e tutti abbiamo delle porte da aprire sebbene non intendiamo mostrare la serratura al primo venuto, e dunque Letizia è nata a Palermo e in queste prime pagine racconta dove si trova adesso, dice della necessità di parlare, dell’obbligo di parlare perché qualcuno ascolta e lei deve parlare per forza e pertanto parla, e lo fa in una lingua sua, carica di neologismi, con un ritmo che via via si fa serrato e maledetto, un ritmo che dissimula coi silenzi, ogni tanto, ma che poi diventa di nuovo forsennato, perché Letizia ha un sacco di tempo e non sa che farsene del tempo e lo stesso pretende una fine, un nuovo inizio, una fine, un nuovo inizio, ché tanto non succederà niente di nuovo e nuovo sarà solo il pubblico che volta per volta si sceglierà, i corpi a cui darà un’anima, un pensiero, dei vestiti, un pubblico che ogni giorno pretenderà di sapere fino in fondo ciò che non ha mai avuto una fine, figurarsi un fondo, e lei lo compiacerà il suo pubblico ignorante e malizioso, proponendogli una storia piena di voracità e d’innocenza e di dolore e di verità cagionevoli e monche e indecenti, perché Letizia ha vissuto una vita senza darsi il tempo di pretendere una vita, ha dovuto fare i conti con l’ovvio, confrontarsi con l’assodato e ne è uscita perdente e vincente insieme, come del resto capita a tutti quando si ha a che fare con la vita, ed è solo accidentale che sia la vita di Letizia, e mai importerà a Letizia identificarsi in qualcuno, arrogarsi il diritto di dichiararsi una parte lesa, perché la sua storia sarà sempre non decodificabile, astrusa, un vero e proprio rebus, perfino per me, e difatti ogni volta che qualcuno, timidamente, dopo lo spettacolo, mi si avvicina e mi chiede «Chi è Letizia?», io non so mai cosa rispondere, e infatti non rispondo.
LETIZIA FOREVER
scritto e diretto da Rosario Palazzolo
con Salvatore Nocera
scene Luca Mannino luci Toni Troia assistente alla regia Irene Nocera
produzione Teatrino Controverso
Spettacolo vincitore della Biennale Marte Live 2014, Premio Festival Teatri di Vetro 2014, Selezione Torino Fringe Festival 2015
Lo spettacolo è distribuito da Stefano Mascagni
Le foto di scena sono di Claudio Cavalli
Il testo dello spettacolo è stato pubblicato nel 2016 da Progetto Santiago (www.progettosantiago.it)
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Rosario Palazzolo è scrittore, regista e attore. Per la narrativa ha scritto: L’ammazzatore (2007), Concetto al buio (2010) e Cattiverìa (2013) tutti pubblicati con Perdisa Pop. Nel 2010 ha vinto il Fringe al 18° Festival Internazionale del Teatro di Lugano. Invitato a più riprese dalle università di Liverpool, Manchester e Capodistria, recentemente gli è stata dedicata una tesi di laurea. Nel 2013 fonda (con l’attrice Delia Calò) Teatrino Controverso, con il quale produce Letizia forever e Portobello never dies.