“Precisamos descobrir o Brasil! Precisamos desesconder o Brasil, mostra-lo para nós mesmos e para o mundo. Precisamos entender o Brasil; no lugar de conceitos rígidos, noções líquidas, no lugar da reta, a curva. Precisamos nos fundir com o Brasil, tomar um banho em suas águas, que são muitas .”
“Dobbiamo scoprire il Brasile! Dobbiamo disnascondere Il Brasile, Mostrarlo a noi stessi e al resto del mondo. Dobbiamo capire il Brasile; al posto di concetti rigidi, nozioni liquide, al posto della retta, la curva. Dobbiamo fonderci con il Brasile, farci un bagno nelle sue acque, che sono tante. ”
Celio Turino
(Storico e scrittore brasiliano)
Lamparina Luminosa è un progetto nato all’interno dell’Associação de Promoção Humana e Resgate da Cidadania, una ONG attiva nella città di São Bernardo do Campo, nell’estrema periferia sud di São Paulo del Brasile, fondata nel 1996 dal padre missionario Leo Commissari, con il principale obiettivo di offrire capacitazione professionale alla popolazione nella regione che maggiormente soffriva a causa della crisi di lavoro degli anni ‘90.
Nonostante ciò l’associazione, nei suoi quasi venti anni di vita, ha sempre cercato d’essere molto di più che una scuola professionale: negli anni si è trasformata in uno spazio avanzato di organizzazione popolare.
Chi la frequenta, oltre ad un corso professionale, partecipa ad una serie di attività parallele come lezioni di cittadinanza, capacitazione in imprenditoria, feste ed eventi comunitari, momenti di convivenza collettiva, formazione artistica e culturale, che stimolino una vera formazione integrale dell’individuo: una capacitazione nella sfera sociale del mondo del lavoro, dell’economia e della politica, insieme agli strumenti per uno sviluppo personale critico e cosciente.
La sua sede si trova fisicamente tra i quartieri Jd Silvina e Vila São José, all’entrata di una favela chiamata dell’Oleouduto.
La favela è divisa in due parti principali: parte alta e parte bassa. La parte alta è costruita da mattoni su di una riva, mentre la parte bassa, sino a qualche tempo fa era formata per lo più da baracche di legno e altri materiali riciclati, costruite sul terreno dove passano i dotti della Petrobras (la compagnia nazionale di raffinazione e distribuzione del petrolio).
Le condizioni sociali generali di tutta la favela sono sempre state precarie, ma la parte bassa, oltre ai problemi derivati dall’estrema povertà (già globalmente molto noti, quando si parla di favelas), era periodicamente soggetta a forti innondazioni e allagamenti che in passato hanno provocato la distruzione di varie case e in più occasioni vittime.
Per porre rimedio a questi drammi ricorrenti, nel 2009 la nuova amministrazione municipale di São Bernardo do Campo, ha dato il via ad un grande progetto residenziale, che consisteva nella sostituzione di tutte le case della parte bassa con atterramento e nuova costruzione di palazzine popolari di cemento, cartesiane, solide e sicure.
Un’operazione di enorme dimensione che, anche se prevedeva l’intervento diretto solo in alcune aree, ha interagito intensamente con la realtà di tutta la favela, trasformando in maniera definitiva la sua configurazione fisica e rivoluzionando le dinamiche del suo flusso vitale.
Noi, educatori dell’associazione, abbiamo accompagnato molto da vicino la distruzione del passato e la costruzione del futuro. All’epoca coordinavo un progetto di giornalismo comunitario, impostato sui principi di educazione popolare di Paulo Freire attraverso il quale, insieme alla popolazione, publicavamo notizie e informazioni rilevanti della comunità, registrandole con video, fotografie e interviste.
Ovviamente, per tutta la sua durata, ci siamo concentrati principalmente su questa operazione urbanistica: filmavamo le ruspe abbattere case, ascoltavamo la gente, gli ex abitanti che già cercavano case in altri quartieri, intervistavamo i commercianti.
Abbiamo intuito subito che non era solo la struttura urbana del luogo a rivoluzionarsi, ma prima di tutto l’identità della sua gente, la sua storia. La favela dell’Oleoduto infatti, nonostante sia un quartiere “informale” (o abusivo) e la sua costruzione sia relativamente recente, possiede una storia ricchissima, fatta di lotta popolare per l’urbanizzazione e per la conquista dei diritti minimi come luce, acqua e copertura con asfalto delle strade. Molti gli episodi significativi, tragici e allegri e di dinamiche proprie, create dalla vita e dalle tradizioni culturali delle famiglie residenti. Una storia però mai registrata ufficialmente, probabilmente per il fatto di appartenere ad una zona degradata, provvisoria (anche se esiste da decenni) o appunto abusiva e non “degna” di una ricerca storiografica. Una storia che può essere riscattata solo ascoltando i ricordi di chi l’ha vissuta e di chi ne è stato protagonista.
Insomma, se non avessimo creato velocemente un canale di registro di memorie del popolo, la vera storia del Jardim Silvina, le numerose gocce di ricordi che la formano, sarebbero presto o tardi perdute. Trasferite in altre zone, disperse per infinite altre ragioni o spente per la fine naturale del ciclo biologico di chi le carica.
Il progetto Lamparina Luminosa nasce nel 2010 e rappresenta una sorta di evoluzione delle attività di giornalismo, comunicazione comunitaria e produzione culturale dell’Associação de Promoção Humana e Resgate da Cidadania. Il principale obiettivo è pubblicare libri con attenzione specifica alla cultura popolare, alla storia della nostra comunità ricostruita attraverso la partecipazione diretta dei cittadini, al registro delle memorie individuali e collettive, all’organizzazione delle conoscenze della gente. Dare, allo stesso tempo, visibilità alle vocazioni letterarie e poetiche presenti nella nostra regione, che spesso rimangono nascoste o lontane dai circuiti tradizionali di distribuzione. Produrre progetti editoriali che diano largo spazio alla creatività e all’invenzione, sia per i suoi contenuti che per il modo in cui vengono elaborati.
La prima sfida di Lamparina Luminosa è stata quella di intervenire urgentemente, contribuendo nel registro dell’identità della favela dell’Oleoduto, prima che il nuovo progetto urbano la trasformasse definitivamente. Non volevamo creare solamente documenti in grado di ricostruire la sua storia citando dei dati. L’intenzione principale, sin dall’inizio, è stata creare degli archivi affettivi, che potessero dar voce alla dimensione umana, legata alla storia, alla relazione autentica delle vite con il territorio e con il passato.
Se avessimo creato dei documenti sul processo di urbanizzazione della favela dell’Oleoduto, avremmo dovuto citare date importanti, nomi, numeri, fare una statistica sugli stati di provenienza degli abitanti, e scegliere forse di pubblicare il tutto attraverso una rivista o un blog di informazione.
Invece optando per la creazione di un archivio personale, oltre alla documentazione, siamo stati obbligati a cercare anche il registro di quello che è immateriale, effimero: il dolore degli emigranti nel lasciare la propria terra, la paura e lo smarrimento all’arrivo nella città grande, il desiderio di qui costruirvi una casa e una famiglia, la gioia di esserci riusciti e la tristezza di vedere abbattere le proprie mura.
Abbiamo scelto di produrre dei libri di prosa e poesia, dove la dimensione intimista della scritta riesce ad unire la narrazione dei fatti ai sentimenti ad essa legati.
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Il libro A mineirinha e outras histórias
Nel novembre del 2011 finalmente, dopo quasi due anni di preparazione, siamo riusciti ad inaugurare A Mineirinha e outras histórias, il libro che rappresenta in maniera più chiara il lavoro e il modus operandi di Lamparina Luminosa.
Il suo contenuto è risultato di una lunga collaborazione e convivenza con una classe di alfabetizzazione per adulti del progetto MOVA (Movimento de Alfabetização para Jovens e Adultos) presente negli spazi dell’associazione – una intensa ricerca sulle possibilitá di tradurre memorie individuali in opere letterarie.
La classe in questione era composta principalmente da adulti abitanti nella favela dell’Oleoduto, che per la prima volta avevano l’opportunità di imparare a leggere e scrivere. In un primo momento, Lamparina Luminosa ha voluto contribuire al progetto offrendo, ogni quindici giorni, lezioni di inclusione digitale, introduzione all’uso del computer e alla ricerca in internet. Ogni alunno digitava un breve testo sulla propria vita, arricchito da relative immagini cercate sul web. La docente del MOVA, insegnava agli alunni a riconoscere le lettere per la costruzione delle frasi, mentre noi mostravamo le possibilità di uso dei programmi di digitazione e navigazione.
Il processo è stato da subito molto gratificante e l’emozione che gli alunni dimostravano nel poter usare per la prima volta il computer è stata contagiosa. Ma soprattutto ci siamo accorti che le brevi relazioni scritte, oltre ad un esercizio di digitazione, erano semplici ma toccanti testimonianze, profondamente modellate dalla dura vita nei campi o dal turbolento processo di migrazione. Tutti i partecipanti infatti vengono da altri stati del paese per motivi diversi: c’è chi è fuggito dalla secca del Nord-Est, chi in cerca di un lavoro dignitoso e chi è venuto per amore. Ognuno porta con sé una storia ricca di usi, tradizioni e paesaggi lontani così interessanti che abbiamo subito proposto di approfondire l’esperienza realizzando un libro di racconti che come fonte e materia-prima avessero la loro vita.
La particolarità, così come la difficoltà del progetto, sta nel fatto che non abbiamo organizzato una pubblicazione in cui le vite e le testimonianze fossero l’”oggetto” dell’opera elaborate da altri, con dominio la scrittura; ma abbiamo condotto il lavoro in modo che Lamparina Luminosa fosse solo lo strumento facilitatore, attraverso il quale gli alunni potessero trovare il modo di organizzare e pubblicare il loro racconto come autori.
Il processo è stato arduo e ci ha trasformati in veri archeologi della memoria. La classe infatti non manifestava solamente problemi nello scrivere il proprio testo, fatto più che comprensibile visto che si trattava di un processo di alfabetizzazione, aveva anche una nitida difficoltà nel ricordare, nel parlare di sé, in un campo intimo e spirituale come quello dei sentimenti, essenziale per dare la dimensione poetica dei racconti. Ci siamo resi conto che gli alunni non l’avevano mai fatto, non ne erano assolutamente abituati. La vita gli ha sempre messo davanti delle altre priorità, molto concrete, che si sono imposte, sulla loro formazione sin da giovanissimi: lavorare, cercare acqua da bere o cibo per sfamarsi.
I testi scritti, in un primo momento, si limitavano a elencare, in maniera riassuntiva, i fatti importanti delle loro vite, come la data dell’arrivo a São Paulo, il giorno del matrimonio o il nome dei figli. Non contenevano immagini, suoni o sapori, non lasciavano trasparire le emozioni legate ai fatti: i dolori e le allegrie imprescindibili per una comunicazione profonda delle proprie esperienze.
Tutti questi elementi sono stati pazientemente riscattati, in primo luogo, grazie all’amicizia e alla reciproca fiducia che si stava instaurando tra noi, frutto della convivenza nei nostri incontri, ma soprattutto usando diverse dinamiche, metodi e tecniche che non avevamo assolutamente pre-elaborato, ma che per istinto e intuizione credevamo avrebbe funzionato con il gruppo.
La prima e più importante di queste è stata la realizzazione, durante le lezioni di inclusione digitale, di lunghe video interviste, dove ad ogni alunno venivano poste numerose domande sulla propria vita. Da principio domande semplici: Da dove vieni? Com’è il posto dove sei nato? Cosa ti piacerebbe scrivere nel libro? ecc., ma che gradatamente diventavano sempre più investigative e invitavano a ricordare nei dettagli alcuni episodi marcanti del passato e le immagini ad essi legate.
In un secondo momento abbiamo invitato una collaboratrice a condurre una serie di incontri basati sulle dinamiche teatrali che si utilizzano nella creazione delle drammaturgie. Durante questi incontri, il gruppo, attraverso il gioco e le azioni fisiche, era stimolato a scavare ancora più profondamente nella memoria, per farvi emergere sensazioni vive, suoni e sapori legati ai momenti descritti nelle video interviste.
Infine ognuno è stato invitato a realizzare la propria linea della vita, un esercizio che consiste nel tracciare su di un grosso pezzo di carta, una linea rappresentativa della propria esistenza: la parte iniziale è la nascita e la parte finale il presente. Gli alunni dovevano marcare lungo essa, dove si trovavano cronologicamente, gli episodi che si era scelto di pubblicare nel libro. Illustrarli disegnando, tagliando e incollando fotografie dalle riviste e così facendo dando una forma visibile, più precisa e nitida alle memorie.
Se a principio i testi scritti non possedevano la profonditá ricercata, dopo gli esercizi e dinamiche, i racconti avevano guadagnato una sorprendente ricchezza di emozioni, fatti curiosi, risate e momenti di sospensione. Il nostro lavoro perciò non è stato altro che organizzare e tessere minuziosamente i risultati delle dinamiche nei testi originali, studiando il modo di preservarne l’autenticità e la spontaneità con cui essi sono stati registrati.
A Mineirinha e outras historias è un libro di quattordici racconti scritti in un linguaggio spontaneo che rispetta l’identità dei suoi autori. Si percepisce chiaramente la nostalgia dei tempi felici dell’infanzia nella campagna, il lamento nell’abbandonare l’agricoltura e lo sforzo per incontrare un posto al sole nella grande città.
È un libro che ci avvicina alla realtà della nostra comunità, ci presenta il suo viso. Gli autori ci aiutano a rivelare come fluisce oggi la vita dentro d’essa e ci allertano su come, anche dopo la trasformazione urbanistica, è saggio che nessuno dimentichi la sua storia.
Come descrive Genivaldo nel suo racconto Quando salvei uma vida (Quando ho salvato una vita) che narra dettagliatamente un allagamento della parte bassa della favela scrivendo:
“O rio trasbordou, parecia uma onda levando tudo no seu caminho, rapidinho chegou. Começou a invadir as casas dos vizinhos.
[…]
Entrei em um barraco, me reparei com uma criança desmaiada, logo fui ajuda-la, fiquei muito feliz por ter ajudado ela. Não senti medo, me senti com coragem.
Tirei algumas coisas e tomei choque, quase a água me levou.
Depois entrei em outro barraco porque tinha três pessoas em cima da caixa de água numa laje, e alguns caras estavam amarrados em uma corda para chegar até o barraco. Era perto da boca do lobo e a água fazia moinho. Eles não conseguiram porque era o lugar mais fundo e a água era mais forte. Então eu e mais dois caras conseguimos ir até eles. Me amarrei em uma corda para a correnteza não me levar, mas tinha gente me ajudando.Pegamos as pessoas e passamos para quem estava no lugar mais baixo.Tinha muita gente chorando porque perderam tudo, eram todos desesperados e ficavam nervosos. Eu vendo aquilo fiquei balançado.”
“Il fiume è straripato, sembrava un’onda portando via tutto sul suo cammino, rapida è arrivata.
Ha iniziato ad invadere le case dei vicini.
[…]
Sono entrato in una baracca, mi sono accorto di un bambino svenuto, subito l’ho aiutato, mi sono sentito molto felice nell’aiutarlo. Non ho sentito paura, mi sono sentito coraggioso.
Ho tolto alcune cose e ho preso la scossa, quasi che l’acqua mi portava via.
Dopo sono entrato in un’altra baracca perché c’erano tre persone sulla cisterna dell’acqua sopra al tetto, e qualche persona si era legata una corda per arrivare alla baracca.
Era vicino all’entrata della fognatura e faceva un vortice d’acqua. Loro non riuscivano perché era il posto più profondo e l’acqua era più forte. Allora io e altri due siamo riusciti ad arrivare sino a loro. Mi sono legato ad una corda per non farmi portare via dalla corrente, ma c’erano persone che mi aiutavano. Abbiamo preso le persone e le abbiamo passate alle altre che stavano nel posto con l’acqua più bassa. C´erano molte persone che stavano piangendo perché hanno perso tutto, erano tutti disperati e nervosi. Io vedendo quello mi sono sentito scosso.”
Quando durante la video intervista abbiamo chiesto a Genivaldo perché questa storia è importante per il libro, lui ha risposto sicuro: “perché dicono che ora migliorerà tutto, ma la gente saprà per cosa siamo passati. La gente del centro saprà e la gente di qui non si dimenticherà”.
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Il libro A mineirinha e outras histórias puó essere visionato e scaricato attraverso ISSUU tramite il seguente link:
http://issuu.com/lamparinaluminosa/docs/livro_30_09-11_final/3?e=0
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Christian Piana (Stazzano – AL, 1978) è fotografo diplomato all’Istituto Europeo di Design di Roma nel 2002. Dal 2005 vive a São Bernardo do Campo – São Paulo – Brasile dove insieme al suo lavoro di fotografo documentarista e pubblicitario, coordina progetti di cultura e comunicazione comunitaria, seguendo i principi dell’educazione popolare di Paulo Freire, in collaborazione con varie ONG e spazi culturali pubblici della Grande São Paulo. È fondatore e coordinatore editoriale del progetto Lamparina Luminosa
www.christianpiana.com
Lamparina Luminosa è un progetto che pubblica e distribuisce libri di prosa e poesia, giornalismo narrativo e libri di arte. I libri sono spesso risultati da collaborazioni ed elaborazioni collettive e i suoi contenuti coperti da licenze Creative Commons. Nel 2009 riceve il Premio Ponto de Cultura tramite la Secretaria do Estado de São Paulo da Cultura e il Ministerio da Cultura.
www.lamparinaluminosa.com