«Lo spettacolo finiva con la partenza di Astolfo che volando sull’Ippogrifo sopra il labirinto va sulla luna (tutta la sfera ora varco del fuoco e quindi vado al regno della luna etc. etc.) e c’è una registrazione della mia voce con gli applausi finali. Lo dico perché con l’Orlando Furioso avevamo degli applausi che erano davvero straordinarî (ritma con le mani sul tavolo): «ce n’est qu’un debut, continuons le combat!» [scil. era il motto del Maggio francese del 1968]. Quando lo abbiamo fatto a Milano, in piazza del Duomo, poi siamo tornati in albergo e alle 4 di notte abbiamo visto in televisione lo sbarco degli americani sulla luna per davvero» (Sergio Nicolai).
L’Orlando Furioso di Lodovico Ariosto nella riduzione di Edoardo Sanguineti per la regia di Luca Ronconi (Spoleto, Festival dei Due Mondi, luglio 1969 – New York, Bubble Theater at Bryant Park, novembre 1970) è fra gli spettacoli teatrali che meglio hanno incarnato il clima politico-culturale successivo al Sessantotto. Quello di un’utopia possibile, in termini di spazio e di tempo, di un teatro popolare ritrovato perché capace di mantenere in comune, e di generare nuovo senso, nell’intero immaginario della sua festa. Un teatro vissuto e attivamente partecipato dallo spettatore, secondo la felice definizione di Luciano Berio che ne fu testimone, come una «polifonia di eventi per gente libera».
Immagine nella homepage: Duilio Del Prete (Astolfo), copyright The New York Public Library, per gentile concessione
Stefano Tomassini. Nato a Piacenza nel 1966 è ricercatore presso l’Università Iuav di Venezia, insegna all’università della Svizzera Italiana ed è consulente di danza per i programmi di LuganoInScena al LA C. Dal 2013 al 2016 ha collaborato con la direzione artistica del settore Danza della Biennale di Venezia. È critico di danza per “Artribune” e fa parte della commissione per le Giornate della Danza Svizzera 2019.