Il suono ha memoria, è in grado cioè di rievocare il passato, di riportarlo letteralmente in vita. Se la estrema capacità evocativa di sensi come l’olfatto e il gusto è nota – vedi alla voce madaleine de Proust 1-, l’inestricabile relazione tra i sensi, soprattutto in campo artistico risulta meno indagata. Eppure ha delle evidenze scientifiche. Secondo un gruppo di ricercatori dell’University College London, il ricordo di un avvenimento è suddiviso nel nostro cervello tra le diverse aree sensoriali di cui esso è formato, quali l’ippocampo e la corteccia. Questo comporta che se uno dei sensi viene stimolato nel rievocare un ricordo, anche gli altri ricordi legati agli altri sensi, riaffiorano. Questo ci riporta alla mente un’esperienza del nostro passato estremamente dettagliata, con suoni, odori, gusti, sensazioni tattili e ovviamente immagini. Una vera e propria esperienza multisensoriale completa e immersiva.
Il neurologo Jay Gottfried (2003), insieme ad alcuni colleghi, in uno studio pubblicato sulla rivista «Neuron», ha effettuato un esperimento per verificare se il fenomeno della madaleine proustiana, ossia un ricordo evocato da un odore, possa essere invertito. Il risultato sarebbe in quel caso un odore evocato da un ricordo. L’esito è stato positivo, la corteccia piriforme di un gruppo di volontari a cui è stato chiesto di associare immagini e odori, si è riattivata anche in assenza di questi ultimi. Come spiega Gottfried «Il nostro studio suggerisce che il cervello, anziché raggruppare le immagini, i suoni e gli odori di un ricordo in un unico punto, distribuisce la memoria nelle differenti aree e può risvegliarla anche mediante uno solo di questi canali sensoriali. Questo meccanismo potrebbe consentire agli esseri umani una maggiore flessibilità nel recuperare i propri ricordi» (Gottfried, 2004). Questo ci dice molto sul modo in cui i ricordi vengono immagazinati nel nostro cervello e sulla nostra incredibile capacità immaginativa.
Fontana del lupo (serie di 12 fotografie) 2017
20×25 cm (pezzi unici su pellicola istantanea Polaroid Type 800 Impossible 8X10 BW in Bianco e Nero)
Il Suono dei fiumi di Alessandro Librio2 è un’installazione sonora urbana di quasi tre chilometri che nell’arco di ventiquattro ore, a partire dall’alba di domenica 3 settembre 2017, ha evocato il ricordo collettivo – culturale e non temporale, s’intende – di un paesaggio naturale dimenticato: quello della città di Palermo alla fine del ‘500, quando era attraversata dai fiumi Kemonia e Papireto.
Uno scavo nella memoria geologica della città, che attraverso il senso dell’udito e degli altri, inscindibilmente correlati, ha riportato in vita un elemento naturale noto – la toponomastica e la segnaletica ne ricordano ancora la presenza – ma di cui si era persa la percezione sensoriale. Il Kemonia e il Papireto infatti, intombati alla fine del ‘500 perché insalubri, sono stati in parte deviati, mentre in alcuni tratti scorrono ancora al di sotto dell’attuale tracciato viario.
Si diceva dell’utilizzo primario nell’installazione del senso dell’udito, l’opera infatti è ascrivibile all’ambito della Sound Art, nella sua dimensione urbana e ambientale, dal momento che insiste nello spazio fisico della città, lungo l’antico letto dei due fiumi. Rileggendo l’opera a distanza di qualche mese, e analizzando la risposta della comunità disomogenea di passanti e visitatori volontari e involontari che hanno instaurato una qualche forma di relazione con essa, posso affermare che uno degli elementi emersi è stato quello di leggerla, soprattutto da parte degli insiders, come un monumento pubblico ai due fiumi.
A questo proposito, Alan Sonfist3 già nel 1968 aveva sostenuto l’esigenza di progettare un nuovo tipo di monumento pubblico, che celebrasse non solo la comunità umana, ma anche l’ecosistema di cui essa fa parte: «as in war monuments that record the life and death of soldiers, the life and death of natural phenomena such as rivers, springs and natural outcroppings need to be remembered» (Sonfist, 1968). La sua opera più nota Time Landscape (in italiano Paesaggio Temporale) all’incrocio tra Houston Street e La Guardia Place al Greenwich Village di New York, iniziata nel 1965 e realizzata a partire dal 1977 fino ad oggi, gli consentì di ripristinare il paesaggio precoloniale di New York, piantando al centro di Manhattan un piccolo bosco con la vegetazione che cresceva in quel sito all’epoca della colonizzazione dell’America. La stessa attitudine nel creare monumenti non solo “nel” ma “al” paesaggio la troviamo nel lavoro di Librio che con Sonfist condivide l’ispirazione ecologica.
Lo status di monumento alla natura di Il Suono dei fiumi è poi confermato dalla genesi del progetto che, come l’opera di Sonfist, ha avuto una complessa fase di mediazione con le diverse istituzioni pubbliche coinvolte territorialmente (la committenza dell’amministrazione comunale, gli uffici preposti a regolamentare l’uso del suolo pubblico e del traffico veicolare, e per Sonfist l’ufficio di pianificazione di Greenwich Village, la New York Horticultural Society, l’amministrazione cittadina etc), oltre al coinvolgimento di un team multidisciplinare costituito da un biologo, un botanico, un chimico, un geologo e un urbanista necessari nella fase di studio all’artista americano, e un ingegnere del suono, un geologo, un cartografo e uno storico per Librio.
Recuperare la storia dell’ambiente naturale di Palermo e farla rivivere attraverso le capacità sinestetiche implicite nell’utilizzo del suono è stata la promessa che Il Suono dei fiumi ha mantenuto: un “paesaggio temporale” che a differenza di quello dell’artista americano è però (eccone la singolarità) stato ricostruito a partire dal contributo mnemonico, sensoriale e immaginativo dei passanti-visitatori, dando vita ad una eterotopia.
Il termine “eterotopia” è stato utilizzato da Michel Foucault per designare quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di «essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l’insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano» (Foucault, 2010).
L’eterotopia rappresentata da Il Suono dei fiumi è frutto di un singolare montaggio temporale, che mette in relazione lo spazio immaginato (il paesaggio fluviale) con lo spazio esteriore (il paesaggio urbano), dando vita ad un’illusione concreta (favorita dalla sinestesia innescata dal suono). Per dirla con le parole del filosofo francese, l’opera apparterrebbe a «quella specie di utopie effettivamente realizzate nelle quali i luoghi reali, tutti gli altri luoghi reali che si trovano all’interno della cultura vengono al contempo rappresentati, contestati e sovvertiti, una sorta di luoghi che si trovano al di fuori di ogni luogo, per quanto possano essere effettivamente localizzabili» (Foucault, 2010).
1 Detta anche sindrome di Proust.
2 Alessandro Librio, Palermo a Palermo, Il Suono dei fiumi, installazione sonora e mostra a cura di Giusi Diana, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Palermo, Archivio storico comunale e Chiesa dei Santi Crispino e Crispiniano, Palermo 03 settembre-27 ottobre 2017, www.palermoapalermo.com
3Alan Sonfist (New York 1946) esponente della Land Art americana
Bibliografia
Foucault M., Eterotopia, Mimesis edizioni, Milano-Udine 2010.
Gottfried J.A., Smith A.P.R., Rugg M.D., Dolan R.J., Remembrance of odors past: human olfactory cortex in cross-modal recognition memory, in «Neuron» n°42, 2003. pp. 687-695.
Gottfried J.A., Il legame tra olfatto e memoria, in «Le Scienze», 2004. Edizione italiana di Scientific American www.lescienze.it
Sonfist A., Natural Phenomena as Public Monuments, Neuberger Museum, 1968.
Giusi Diana è storica dell’arte e giornalista culturale, ha studiato presso le Università di Palermo e di Siena; saggista e curatrice indipendente ha scritto monografie e cataloghi di mostre di artisti italiani e internazionali, con una particolare attenzione alla giovane scena indipendente italiana e a progetti di sound art, arte pubblica e arte relazionale. Nel 2010 presso il Laboratorio Zeta di Palermo ha curato il progetto indipendente “Hotel des Etrangers, dal grand Tour ai centri di accoglienza” e nel 2011 la collettiva “IO SIAMO/ santachiara” promossa da Riso, Museo regionale d’arte contemporanea della Sicilia. Dal 2013 al 2016 è stata curatrice del programma di residenze d’artista “Divinazioni/Divinations” ideato per il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento, e nel 2015 di “A Sicilian Walk, mostra diffusa nel territorio siciliano” promossa da Riso. E’ corrispondente dalla Sicilia e guest editor di Il Giornale dell’Arte (Torino), e collabora con The Art Newspaper (Londra) Le Journal des Arts (Parigi), e Arte Mondadori, Cairo Editore (Milano). Ha insegnato Nuovi Media e Storia dell’Arte contemporanea, e tenuto seminari e conferenze sull’arte elettronica, l’arte e l’attivismo politico, il giornalismo culturale e la fotografia contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Palermo e di Catania, e l’Università degli Studi di Palermo (Facoltà di Architettura e dipartimento Culture e Società – Beni Culturali).
Alessandro Librio nasce a Erice (Trapani) nel 1982. Musicista, compositore, sound artist, performer e artista marziale si laurea in violino al Conservatorio Vincenzo Bellini di Palermo. Nel 2004 studia musica elettronica con Francesco Galante e violino con Giuseppe Gaccetta (ultimo erede della scuola di Paganini). Nel 2005 fonda il 38° Parallelo, gruppo di lavoro sensibile all’avanguardia teatrale, musicale e della video arte, per il quale scrive lo spettacolo teatrale “Oper-azione Zero”. Ha esposto alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Padiglione italiano con l’installazione sonora “Palermo a Venezia” e alla 14. Mostra Internazionale d’Architettura della Biennale di Venezia dove per gli architetti Pagliaro/Cantoni, in collaborazione con Zabbara, ha realizzato l’installazione sonora “Post-frontier”. Si è esibito al Maxxi di Roma e ha effettuato registrazioni per Rai e Sky Arte, collaborando con alcuni tra i massimi artisti della scena internazionale, tra cui Patti Smith, Michael Moore, David Murray, Wim Wenders e Alvin Curran. Ha registrato per la BBC le musiche del documentario su Antony Gormley, per il film “La Cause et l’usage”, regia di Dorine Brun e Julien Meunier (vincitore al Centre Pompidou del premio “Cinéma du Réel 2012”) e per “Eu 013 L’ultima frontiera” selezionato al 44° International Film Festival di Rotterdam. Ha composto le musiche per lo spettacolo di Danza “S-Filare” commissionato dal “Museo del Tessuto di Prato”, coreografia di Susan Sentler (2010); “Miss Dot Red” commissionata da “Wapping Project London”, coreografia di Alice Tatge; e “Now and Then” commissionata dal “Laban Centre conservatory of London”, coreografia di Alice Tatge. www.alessandrolibrio.com