«La pittura di Michelangelo da Caravaggio (1571-1610) è stata dai critici del Seicento, considerata antitetica a quella di Annibale: Annibale mira all’ideale, il Caravaggio al reale. Si tratta di una schematizzazione, che non risponde a quella che fu, di fatto, la posizione dei due artisti. E’ tuttavia importante che, sia pure schematizzando, la critica del tempo riconoscesse: primo, che Annibale e il Caravaggio erano i due grandi protagonisti della pittura del secolo; secondo, che l’uno e l’altro si opponevano nettamente alla cultura manieristica romana; terzo, che l’idealismo dell’uno e il realismo dell’altro erano due tendenze divergenti; ma in un rapporto dialettico e quasi di reciproca integrazione o di complementarietà. I due poli, infine, dello stesso problema.»1
Per Carlo Giulio Argan, ragionare intorno ad una tesi, antitesi e infine sintesi risulta il metodo dialettico entro cui collocare la descrizione di ciascun artista che non muove mai i suoi passi in maniera indipendente dalla propria collocazione geografica e in relazione all’operato degli altri artisti. Comune a tutti i manuali di Storia dell’Arte Italiana è la visione di una Caravaggio inventone del “reale”, talmente reale da diventare insopportabile. Caravaggio violento, Caravaggio genio, Caravaggio maestro.
Per Piero Adorno, Michelangelo Merisi «Vissuto, come i Caracci, a cavallo dei due secoli, è come loro, erede della tradizione cinquecentesca, e, al tempo stesso, apre una via nuova. Ma mentre i Carracci intraprendono questa via con moderazione e raggiungono una massima compostezza serenamente equilibrata, Caravaggio affronta senza mezzi termini il problema esistenziale dell’umo, il suo dramma nella ricerca della verità, una verità non imposta dall’alto, non supinamente accettata. E la verità nelle cose stesse: la rappresentazione della realtà è dunque il fondamento della pittura caravaggesca, una realtà che appare aglio occhi della società contemporanea talmente sconvolgente da essere scambiata per brutale volgarità.»2
L’impostazione concettuale data dal celebre trio di storici dell’arte Bertelli-Brigati-Giuliano si pone come obiettivo l’essere oggettivi nella ricostruzione di una storia dell’arte che per essere conosciuta e compresa va riprodotta fedelmente e per la quale l’iconografia dunque svolge una funzione di altro testo, da leggere e comprendere in parallelo alla parola scritta. Per gli autori: <<La contrapposizione storico-critica teorizzata nel Seicento da scrittori d’arte come Giulio Mancini e Giovan Pietro Bellori sottolineava l’antitesi Carracci-Caravaggio. La contrapposizione dei due protagonisti del XVII secolo era riassunta nei concetti ideale-reale, classicismo-realismo: l’uno restauratore dell’antica tradizione, l’altro rivoluzionario e distruttore di questa. Tale tesi, schematica e troppo rigida, si è consolidata nel corso dei secoli successivi. Alcuni contemporanei come Vincenzo Giustiniani, uno dei primi protettori “illuminati” di Michelangelo Merisi detto Caravaggio, ritenevano invece che i due pittori avessero elementi culturali comuni come l’opposizione di entrambi al tardo manierismo e che le due tendenze avessero cospicui monumenti di complementarietà.»3
Analizzando i tre differenti volumi presi in considerazione, appare chiaro come l’inequivocabile posizionamento del Caravaggio all’interno del Seicento sia discrezionale seppur funzionale al proprio metodo di ricerca o più semplicemente editoriale. Carlo Giulio Argan inserisce Caravaggio all’interno del capitolo “Il Seicento: Annibale Carracci, Caravaggio, Rubens”. Per Piero Adorno il capitolo è definito dal “Barocco” dedicato sempre a I Carracci e a Caravaggio e infine Bertelli-Briganti-Giuliano sembrano avere una disposizione più diretta decidendo di inserire il nostro artista all’interno del capitolo “L’opposizione al manierismo, I Carracci e Caravaggio”.
E se la nostra mente prova ad ipotizzare un Caravaggio anti-barocco, ha la risposta Carlo Giulio Argan: «Non ha senso chiedersi se l’arte del Caravaggio sia barocca o antibarocca: ci si può semmai chiedere se l’arte barocca sia caravaggesca o anticaravaggesca. Si potrà rispondere che l’arte barocca reagisce al Caravaggio, ma lo assume come ineliminabile polo della dialettica di realtà e ideale, di verità e immaginazione.»4
Tutti concordano nel definire Caravaggio come il maggiore pittore italiano del 600 e uno dei massimi di tutti i tempi. Insieme a Michelangelo e a Leonardo da Vinci entra nel podio dei grandi pittori dell’Arte Moderna Italiana. L’Arte Moderna italiana e in Italia assume una sua valenza esistenziale nella ripartizione disciplinare in pittura, scultura e architettura e il suo peso può essere misurato in maniera direttamente proporzionale alla mole di manuali didattici ad essa dedicati. L’Arte Moderna italiana ha trovato la più grande delle committenze mai esistite nell’ambito della sua visione eurocentrica, nella Chiesa, arte come strumento di potere e di grande visibilità, di insegnamento illustrato e guida iconograficamente introiettata e ormai conosciuta dal popolo. Una Storia dell’Arte da intendersi come disciplina scandita da esatte tempistiche, che insieme costituisco una linea retta, fatta di coerenze, incongruenze, ma pur sempre da collocarsi in precise dimensioni temporali e spaziali.
L’artista Caravaggio incarna il genio ribelle e violento che porta il popolo all’interno delle sue opere, atteggiamento che ai più e soprattutto alla committenza risulta poco decoroso e che culmina nell’accusa di blasfemia nel caso del dipinto La morte della Vergine5 oggi conservato al Musée du Louvre: «Per la Madonna della Scala in Trastevere dipinse il transito di Nostra Donna, ma poiché havea fatto con poco decoro la Madonna gonfia e con le gambe scoperte, fu levata via: e la comprò il Duca di Mantova e la mise in Mantova bella sua nobilissima Galleria.»6
Quella di Caravaggio è una risposta ed insieme una presa di posizione: se la Chiesa vuole usare la “veridicità” delle storie bibliche con palese missione educativa rivolta ai fedeli, allora gli stessi fedeli entrano di diritto in quelle storie. Quale scandalo se i fedeli sono e rappresentano il popolo? L’artista ha dunque un intento provocatorio, sicuro che la maestria della tecnica e la profondità dell’insieme ottenuto gli assicurerà comunque altri lavori, su richiesta della solita e fedele committenza. «La sua arte attuò una rivoluzione artistica di enorme portata, sia per la scelta e rappresentazione di soggetti legati a una realtà umile, spesso popolaresca, sia per la personale interpretazione del luminismo, realizzato mediante un sapiente gioco di luci che movimenta i dipinti».7 Nel 1909, forse nel 1910, Caravaggio dipinge a Napoli il celebre quadro David con la testa di Golia8 oggi esposto presso la Galleria Borghese di Roma. L’artista si reca nel capoluogo campano dopo essere stato in Sicilia, per sfuggire all’arresto in seguito all’accusa di omicidio. E’ anche probabile che l’opera non sia stata commissionata, ma che sia stata realizzata spontaneamente con lo scopo di essere acclusa alla domanda di grazia che invia al Cardinale Scipione, quale dono da recapitare al Papa Paolo V. Questa teoria è sancita in modo definitivo dalla Critica d’Arte anche per la scelta di Caravaggio di narrare uno degli episodi più famosi della Bibbia, ovvero la storia del pastorello Davide che, armato di una semplice fionda, uccide Golia temibile gigante dei Filistei in guerra con il popolo di Israele. Inoltre numerosi biografi del Seicento hanno individuato nella fisionomia di Golia un autoritratto di Caravaggio. Ovvio lo sguardo sofferente del gigante dall’espressione drammatica che per analogia viene associata alla stessa condizione vissuta dall’artista. Ma Davide regge e osserva la testa decapitata del gigante senza manifestare alcun atteggiamento di trionfo. Il peccatore va punito a causa delle sue colpe, ma il precetto della religione cattolica al quale l’artista si rivolge è la “compassione” e la conseguente ricerca della “redenzione”.
Nel 2014 l’artista di origini iraniane Mitra Farahani è in residenza presso l’Accademia di Francia a Roma Villa Medici ed ha modo di confrontarsi in maniera approfondita con il patrimonio culturale italiano. Sono trascorsi circa 400 anni dalla creazione del dipinto David con la testa di Golia e il quadro è esposto presso la Galleria Borghese, proveniente dalla collezione del cardinale Scipione Borghese. Come dichiara l’artista “Tournée au Musée de la Villa Borghese, à Rome, et prenant le tableau David et Goliath de Caravage pour sujet. Comme nous le savons, le peintre a profité de ce thème biblique pour se glisser en autoportrait dans la tête décapitée de Goliath – autrement dit, derrière Goliath décapité gît Caravage auto-décapité. Comme l’observe M. J. Friedlander : « Son auto-identifiation avec Goliath, victime d’un pouvoir supérieur et innocent est une idée que le Caravage a pu aisément avoir. On mesurera toutes ses implications psychologiques. »9”
Il quadro di Caravaggio diventa così protagonista dell’installazione video David & Goliath N°45 di Mitra Fahrani.10
L’eredità di Caravaggio è estremamente difficile da amministrare e spetta agli operatori culturali trasmetterne la conoscenza. Continua l’artista: “Mais qui va nous raconter cette histoire avec ses implications psychologiques ? Où en est-on aujourd’hui de cette histoire ancienne et quelle en est la place dans l’inconscient collectif ? Or plutôt que de se focaliser sur le tableau lui-même, la vidéo D&G laisse là encore le Caravage en hors-champ. Elle nous donne plutôt à voir les guides touristiques de la Villa Borghese qui offrent leurs commentaires aux visiteurs venus du monde entier et désireux de « comprendre » le tableau. Autrement dit, plutôt que d’appuyer sur le « mythe » Caravage, on se demandera comment « faire parler » le tableau.11”
Nel vasto mondo dei probabilmente, della Critica d’Arte intesa come campo disciplinare, é compito delle guide turistiche trasmettere la conoscenza e appagare la curiosità degli spettatori che Mitra Faharani definisce attiva, anche nel campo della spesso dichiarata contemplazione auspicabile nel campo dell’Arte Moderna. David & Goliath N°45 riprende infatti differenti guide turistiche che si alternano nel descrivere ai visitatori l’affasciante quadro e le vicende del Caravaggio ad esse correlate, ciascuna nella propria lingua. E tornando al nostro Caravaggio, è certo che la grazia gli venne accordata, ma è incerto se questa notizia lo raggiunse in vita e dunque durante il viaggio di ritorno Roma o se lo raggiunse durante la sua permanenza a Porto Empledocle, forse ancora, morì prima di ricevere la notizia. La Critica d’Arte presenta ancora una volta una Storia fatta di forse e di probabilmente. A ciascuna guida di Villa Borghese spetta il compito di rielaborare la morte di Caravaggio, descrive l’opera, ipnotizzare gli spettatori rispetto alla fascinosa e tormentata vita e morte dell’artista. Il video è interessante non solo per le implicazioni interpretative e linguistiche palesate nelle varie spiegazioni fatte dalle guide, ma anche per le scelte tecniche ed estetiche fatte. Il direttore della fotografia è il maestro Luca Bigazzi, il più ammirato nel cinema italiano.
Sullo sfondo, il punto fisso del video è il quadro del Caravaggio. Sono le guide e gli spettatori ad alternarsi. Sono le varie interpretazioni iconografiche di uno stesso dato. E’ il caso dell’iscrizione che compare sulla spada “H.AS O S”, sciolta dalla critica con il motto agostinianoHumilitas occidit superbiam. ovvero l’umiltà uccise la superbia. Il video è fluido, è sottilmente ironico nella ricerca di un’unica verità; mostra come la flessione della voce, l’intonazione, la caratteristica propria di ciascuna lingua risulta più o meno convincente, più o meno tragica, efficace, morbida.
E come sostiene Mitra Farahani: En résumé, la question principale à laquelle se propose de répondre la vidéo D&G, celle des rapports entre lecture et vision: doit-on connaître l’histoire du tableau afin de le comprendre et de le relier à sa propre expérience? Ainsi que demande Léonard de Vinci à Poussin dans le Dialogue des morts de Fénelon: «Lisez l’histoire et le tableau. Mais quelle en est l’histoire? La connaissez-vous?».11
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1 C. G. Argan, Storia dell’Arte Italiana. Vol. 3, pg. 231-232. Sansoni Editore S.p.A.. 1988, Firenze.
2 P. Adorno, L’Arte italiana. Vol. 2, Tomo II, pg. 1060. Casa editrice G. D’Anna. 1999 Messina-Firenze.
3 C. Bertelli, G. Briganti, A. Giuliano (a cura di), Storia dell’Arte Italina, Vol. 3, pg. 278. Electa/Bruno Mondadori. 1991, Milano.
4 C. G. Argan, Storia dell’Arte Italiana. Vol. 3, pg. 244. Sansoni Editore S.p.A.. 1988, Firenze.
5 Caravaggio, La morte della Vergine; 1605 – 1606; olio su tela. Parigi, Musée du Louvre.
6 G. Baglione, Vite de’ pittori, cultori e architetti ecc., pp. 136. 1642.
7 L. Tognoli Bardin (a cura di), Enciclopedia della Pittura e dei Pittori, pg. 173. Federico Motta Editore. 2015, Milano.
8 Caravaggio (Michelangelo Merisi)
, David con la testa di Golia, 1609-1610, olio su tela. Roma, Galleria Borghese.
9 Appunti dell’artista Mitra Farahani.
10 Il video è stato presentato nell’ambito dell’esposizione UNEDITED HISTORY (IRAN 1960-2014) al Musée d’Art Moderne della città di Parigi (15 maggio-15 agosto 2014) a cura di Catherine David e in seguito al MAXXI Museo d’Arte Contemporanea di Roma (dicembre 2014-febbraio 2015) all’interno della serie dei 5 peintures Prendimi la testa ma smettila di farmi venire il mal di testa!
11 Op. cit.
12 Op. cit.