La frase d’amore più vera, l’unica è: ‘hai mangiato?’
Elsa Morante
Vista retrospettivamente, l’eredità più fertile di quel secolo lungo di rivoluzioni che è stato il ‘900, può essere ricapitolata in una frase celeberrima di Camus che è però, ironicamente, antirivoluzionaria, o almeno che di fronte la rivoluzione si pone come un problema: “Io mi rivolto, dunque noi siamo” (ne L’uomo in rivolta, 1951). Perché la rivolta è per Camus sollevazione individuale, ma il suo obiettivo è la collettività di quelli che in quest’atto riconosceranno un punto di riferimento, un inizio, una promessa. Camus sostiene che dalla rivolta, nel tempo, debba nascere la rivoluzione. Ma qui è implicita un’ambiguità, perché nel momento in cui la rivolta diventa collettiva e muta in rivoluzione, ecco la necessità di un’organizzazione, di un leader, di un partito. E in questo passaggio, avverte Camus, la carica e l’etica della rivolta si slabbrano, rischiano di cedere al compromesso, alla repressione, all’ambizione.
La storia di Genuino Clandestino è un successivo articolarsi e maturare di questo difficile dialogo tra rivolta e rivoluzione, tra individualità contro e necessità di organizzazione. Quello che rimane costante, e che risuona straordinariamente privo di retorica nel loro caso, è l’orizzonte di un bene comune che si edifica a partire dal buono. Un buono che non è platonicamente morale, ma alimentare e quindi materiale, è l’obiettivo della loro rivolta, della loro clandestinità: è il genuino.
Curioso che le parole d’ordine del ‘900 rivoluzionario, liquidate come armamentario antiquario dalla politica e dalla società, si siano rifugiate tra le cascine e i campi e gli attrezzi di queste persone. Che, senza alcuna prosopopea o nostalgia da sindacato, tra loro si chiamano compagni.
Genuino Clandestino – comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare nasce nel 2010 come campagna comunicativa per la libera lavorazione delle eccedenze agricole. Genuini sono i prodotti perché la materia prima utilizzata per la lavorazione e trasformazione è sana, biologica, fresca e km0, ma allo stesso tempo clandestini perché il Regolamento (CE) 852/2004 in materia di igiene dei prodotti alimentari ne rende illegale la vendita. L’attuale regolamentazione, infatti, non opera alcuna distinzione tra la grande industria e i piccoli trasformatori rispetto all’obbligo di determinate dotazioni, laboratori e attrezzature da utilizzare per la lavorazione dei prodotti alimentari.
La campagna di Genuino Clandestino nasce di conseguenza come forma di resistenza agricola e di reazione politica per rivendicare l’adeguamento della normativa vigente alle esigenze delle diverse realtà esistenti. Gli aderenti al movimento hanno così deciso di autodenunciarsi di fronte ai consumatori ma anche ai legislatori come clandestini, ossia non a norma di legge, con lo scopo di dare voce e di diffondere le diverse istanze delle realtà agricole che operano su scala locale attraverso la vendita diretta al consumatore finale. Secondo molti osservatori, le dinamiche tipiche della filiera corta devono essere tutelate e valorizzate in quanto generatrici di meccanismi virtuosi che rappresentano una rivoluzione nelle abitudini di distribuzione e di acquisto dei prodotti alimentari e che si realizzano dall’incontro e dallo scambio diretto tra produttori e consumatori. Quest’aspetto comporta l’annullamento degli intermediari che a sua volta genera un duplice effetto. Da una parte si abbattono i costi di transazione e ciò permette ai produttori di ottenere un prezzo più giusto e in linea con i costi di produzione/trasformazione, contemporaneamente si ottiene un accesso più ampio ai prodotti locali, etici e di qualità per i consumatori finali a un prezzo ragionevole.
In questo modo il movimento Genuino Clandestino ha sviluppato un nuovo modello di distribuzione, e quindi di circolazione, dei prodotti agricoli di qualità che esula dalla grande distribuzione organizzata, coinvolge produttori e trasformatori e responsabilizza i consumatori i quali, scegliendo di orientarsi verso questi prodotti, ne assicurano la sopravvivenza.
In queste dinamiche il principale fattore di scambio commerciale è intimamente legato alla conoscenza diretta tra produttori e consumatori. Trovandosi coinvolti in un rapporto di fiducia reciproca i soggetti che entrano nella dinamica dei clandestini sostengono inoltre che proprio le relazioni di conoscenza e di prossimità geografica, il sentire comune, la comunanza di orizzonte morale e alimentare incrementano il valore dei prodotti e del lavoro contadino.
L’interesse per i temi sollevati all’interno della rete si è diffuso rapidamente e ha portato alla realizzazione nel 2011 di un lungometraggio-documentario dal titolo Genuino Clandestino, Movimento di Resistenze Contadine firmato da Nicola Angrisano di InsuTv. Questo documentario ha rappresentato uno strumento comunicativo che, usando un linguaggio trasparente e diretto, ha discusso e fatto discutere su protagonismo delle persone, democrazia del cibo, sviluppo economico, tutela ambientale e accesso alla terra rimbalzando dalle case di consumatori più o meno consapevoli fino ad accedere a luoghi più istituzionali come università e conferenze su biologico e certificazione.
Genuino Clandestino, movimento di resistenze contadine. 2011
Regia Nicola Angrisano, Soggetto Michela Porcelli, Musiche Pietro d’Iroso
Nel 2014 è stata poi lanciata una campagna di finanziamento partecipativo che ha raggiunto l’obiettivo economico di 5.000€ e dal quale è scaturito il viaggio-progetto del libro GENUINO CLANDESTINO, Viaggio fra le agri-culture resistenti ai tempi delle grandi opere pubblicato nel 2015 da Terra Nuova Edizioni. Il libro è un diario di viaggio in sette tappe lungo la penisola italiana attraverso diverse storie di realtà contadine aderenti a Genuino Clandestino. Una coinvolgente narrazione in parole, quelle di Michela Potito e Roberta Borghesi, e immagini, con la fotografia di Sara Casna e Michele Lapini.
La campagna Genuino Clandestino è diventata rapidamente un movimento nazionale portando alla costituzione di una rete nazionale. Attualmente vi aderiscono 26 associazioni che lavorano in 10 regioni e che organizzano due incontri nazionali pubblici all’anno in cui si discute di sovranità alimentare, distribuzione autogestita, accesso alla terra, autonomia dei territori, garanzia partecipata per l’assicurazione della qualità dei prodotti contadini.
A livello internazionale i movimenti, le reti e le esperienze il cui progetto parte dal recupero delle relazioni basate sulla fiducia tra le persone si stanno sviluppando in modo esponenziale e presentano alcune ricorrenze che ne dimostrano la replicabilità. Un caso emblematico è rappresentato dalla Cooperativa Integral Catalana (CIC), modello “di disobbedienza e di autogestione generalizzata per ricostruire la società dal basso (in tutti gli ambiti e in modo integrale) partendo dall’autogestione, la auto-organizzazione e la democrazia diretta” (sito web CIC). L’obiettivo di questa cooperativa è rappresentato dalla realizzazione di un sistema economico e di vita autogestito e alternativo al sistema capitalista. La Cooperativa si avvale di una moneta sociale, l’Eco, per le transazioni e gli scambi di beni e servizi tra gli associati. Come in ogni sistema monetario l’Eco viene utilizzata per semplificare e contabilizzare gli scambi tra le persone ma in questo caso all’interno di un mercato sociale, che è per definizione aperto, che rispetta criteri ecologici, sociali ed etici, e il cui accesso è garantito senza l’intervento di intermediari. Anche in questo caso il sistema si alimenta grazie alla base locale della CIC, alla prossimità geografica e alla conoscenza e alla fiducia reciproca tra le persone coinvolte. La Cooperativa si avvale anche di un sistema di disobbedienza civile e fiscale come azione politica contro alcune delle dinamiche governative ritenute inique per portare all’attenzione diritti sociali e civili non previsti dalle leggi dello stato. In particolare la disobbedienza fiscale si realizza attraverso una serie di azioni individuali e collettive, un esempio è rappresentato dall’insubordinazione fiscale che redistribuisce il denaro della tassazione non versato allo Stato per l’autogestione e la realizzazione di progetti interni alla Cooperativa. Da un punto di vista legale questa azione non è perseguibile in quanto non vi è profitto individuale. La cooperativa catalana punta a realizzare un modello integralmente autonomo, indipendente e alternativo a quello governativo che non immette risorse nel sistema economico statale ma che si autoalimenta attraverso l’azione dei suoi soci e i servizi erogati.
La CIC inaugura e rappresenta un efficace modello interpretativo del progetto più ampio e diffuso di rivoluzione integrale che si sta realizzando all’interno di FairCoop, La cooperativa della Terra per l’equità economica. Uno dei suoi principali attivisti, il clandestino Enric Duran, noto alla cronaca per la sua sottrazione seriale tra il 2006 e il 2008 di quasi mezzo milione di euro a 39 banche spagnole1 e la successiva distribuzione del denaro all’interno di modelli sociali costruiti a margine del capitalismo (la Cooperativa Integral è uno dei “beneficiari” di questa azione) la definisce come una cooperativa aperta mondiale che opera per creare una società postcapitalista.
Duran, il “Robin Hood delle banche”, si trova attualmente in clandestinità poiché denunciato per truffa da 16 dei 39 istituti bancari derubati, ma partecipa attivamente alla realizzazione del progetto FairCoop, che vuole essere un sistema economico e finanziario alternativo a quello capitalista, basato su una criptomoneta – il FairCoin – con lo scopo finale di redistribuire in modo equo la ricchezza senza il controllo dei governi in una logica di cooperazione tra le comunità partecipanti.
Video FairCoop the Earth cooperative for a fair economy
I progetti raccontati rappresentano solo alcuni modelli di attività cooperative su base comunitaria che sono espressione di molteplici volontà nate dal basso con lo scopo di sovvertire in maniera etica e sostenibile le leggi del capitalismo che sta soffocando il pianeta.
Il nostro secolo si fa testimone di una rivolta che è diventata integrale e collettiva, in netto contrasto con la logica dell’ambizione individuale, che si realizza grazie al contributo e alla partecipazione di una moltitudine di leader, peer, compagni, tra loro.
Oggi forse Camus avrebbe visto in questi movimenti la possibilità di sciogliere il nodo problematico denunciato dal suo Uomo in rivolta e risolverne la contraddizione in modo collettivo e comunitario: “Noi ci rivoltiamo, dunque noi siamo”.
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Giovanna Sacchi è ricercatrice postdottorale presso Ca’ Foscari Università Venezia all’interno del progetto Strategie alternative di etichettatura ecologica per il consumo sostenibile di prodotti agroalimentari. Nel 2012 ha ottenuto il Dottorato di Ricerca in Economia e Politica Agraria e Alimentare presso l’Università di Bologna discutendo una tesi sui Sistemi di Garanzia Partecipativa brasiliani per l’assicurazione della qualità dei prodotti biologici. I suoi interessi di ricerca attuali riguardano il consumo sostenibile e collaborativo, le reti alimentari locali, i sistemi partecipativi di garanzia dei prodotti biologici.