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Quando gli edifici diventano senzienti
Di Salvatore Iaconesi e Oriana Persico

Introduzione

Se fossimo arrivati alla Sala delle Colonne del Castello del Valentino il 3 Novembre 2017, sarebbe affiorata progressivamente alle nostre orecchie una voce digitale, mentre cantilena delle poesie generative “sul caldo e sul freddo”.

Un po’ concitata ed indaffarata, la voce declama in continuazione le operazioni di machine learning (ML) che un computer poco distante sta eseguendo per tentare di comprendere come i movimenti e le espressioni delle persone presenti negli spazi del castello si correlino con il consumo energetico, tramite illuminazione, riscaldamento e aria condizionata.

Si tratta di una installazione artistica: “Sul Caldo e Sul Freddo”. La leggenda (o, meglio, la comunicazione) vuole che il Castello del Valentino si sia trasformato in un artista. Tra pittori, scultori e musicisti, nell’edizione del 2017 della Settimana dell’Arte Contemporanea di Torino torreggia lui, un intero castello che, primo al mondo, si candida come artista: poeta, per la precisione. Non le persone dentro il castello: proprio il castello in sé.

Siamo nel dominio degli edifici e delle città senzienti, quelle descritte da Mark Shepard (2011), da Greenfield (2006), e le città di Kitchin (2016), Zook e Graham (2007), Mitchell (1996), McCullough (2005) e i tanti altri che nel tempo hanno iniziato a studiare gli impatti che si verificano quando dati, informazioni e intelligenze artificiali ubique iniziano a permeare completamente, in maniera pervasiva l’ambiente in cui viviamo, gli oggetti che utilizziamo, le nostre scuole, case, uffici, e tutti i mezzi di cui ci serviamo per informarci, relazionarci, imparare, lavorare, divertirci.

Impatti che sono, allo stesso tempo, tecnologici, produttivi, economici, psicologici, cognitivi, culturali, sociali, politici, estetici e, in generale della nostra percezione del mondo e della nostra capacità e possibilità di comprenderlo.

Questa è la materia di studio di HOME (Human Observation Meta Environment), il progetto di ricerca scientifica che è il contenitore dell’operazione artistica di “Sul Caldo e Sul Freddo”.

Il progetto è creato dalla convergenza di diversi istituti di ricerca: HER – Human Ecosystems Relazioni (Salvatore Iaconesi e Oriana Persico); Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST);  PoliTo Green Team (Giulia Sonetti) e UniTo Green Office (Dario Cottafava).

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HOME si occupa di studiare nuove forme di interazione che siano in grado di creare relazioni tra gli edifici e i suoi abitanti, in modo da comprendere i comportamenti energetici e migliorarli.

Il progetto parte da una duplice domanda di ricerca:

 

  1. è possibile utilizzare l’arte e l’interazione naturale per migliorare il comportamento energetico delle persone?

  2. è possibile utilizzare tecniche e tecnologie afferenti ai domini generali dell’Intelligenza Artificiale per creare sistemi che realizzino relazioni tra edifici e i loro abitanti, proprio attraverso arte e interazioni, che conducano questo processo di trasformazione del comportamento energetico delle persone?

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Alla prima parte della domanda di ricerca si cercherà risposta sia in modo diretto che indiretto.

In modo diretto, sperimentando come le interazioni e relazioni dell’Arte possano essere utilizzate per suscitare maggior comprensione e sensibilità riguardo le implicazioni energetiche dei comportamenti umani, e per stabilire dinamiche relazionali dirette tra persone e edifici. Per questo vengono utilizzati sistemi di interazione naturale (Norman, 2008), ovvero quelli che utilizzando le tecnologie pervasive e le reti di sensori, permettono alle persone di interagire con i sistemi utilizzando la voce, il corpo, le gestualità e lo spostamento nello spazio, sì da massimizzare la sensazione di interazione (e quindi relazione) diretta con l’ambiente e le entità “artificialmente senzienti” (le intelligenze artificiali) che lo animano e lo rendono reattivo.

In modo indiretto, cercando di creare i presupposti secondo cui la valenza artistica di luoghi e contesti risulti evidenziata al fine di rendere possibile negoziare con maggior vantaggio le condizioni energetiche. Ad esempio, il Castello del Valentino, con le sue grandi sale auliche, non eccelle in termini di comfort. Le ampie stanze sono difficili da riscaldare a fronte di un elevato consumo di energia. Allo stesso tempo, passeggiando tra sale e corridoi, tutto sembra fatto per posizionare l’essere umano in un contesto straordinario, di estrema bellezza, tale da predisporre i presenti a considerazioni etiche e morali elevate. In questo senso la ricerca si domanda se sia possibile – tramite la comunicazione, la relazione e l’interazione – fare leva su queste caratteristiche dell’ambiente per raggiungere un migliore equilibrio tra comfort e consumo energetico: è possibile accettare un livello, per esempio, di riscaldamento, inferiore e, quindi, il corrispondente minor consumo energetico, in virtù della bellezza e della valenza artistica dell’ambiente?

Tutto questo descrive la realizzazione di un sistema sperimentale esperienziale continuo, in cui le persone siano pienamente coinvolte nel vivere esperienze interattive, comunicative e relazionali, tra loro e con l’edificio, tali da sperimentare i modi possibili in cui la prima domanda di ricerca può trovare soddisfazione.

È qui che entra in gioco la seconda domanda di ricerca.

Infatti alcune tecnologie afferenti al dominio dell’Intelligenza Artificiale – quali l’Analisi di Linguaggio Naturale, la Computer Vision, il Machine Learning e il Deep Learning –, rese vive attraverso uno Smart Agent (SA) – una entità digitale senziente capace di stabilire relazioni con gli abitanti dell’edificio, e di diventare il tramite esperienziale della sperimentazione – verranno messe al servizio delle interazioni naturali e della possibilità di creare un sistema interattivo relazionale tra l’ambiente e i suoi abitanti, ove stabilire le dinamiche di negoziazione tra comfort e consumo energetico.

L’avvio del progetto

Essendo questo un progetto di ricerca appena avviato, non daremo qui descrizioni completamente dettagliate della metodologia e dell’apparato tecnologico utilizzato, perché tutti e due sono oggetto di elaborazione durante lo svolgimento del progetto stesso: durante il processo di ricerca verranno completati e perfezionati ambedue.

Al contrario utilizzeremo la versione iniziale della metodologia e dell’architettura tecnologica per eseguire delle considerazioni più ampie.

Partiremo, per questo, dalla considerazione che ogni elemento metodologico e tecnologico ha almeno due tipi di implicazione in un qualsiasi progetto. Da un lato, abilita a “fare le cose”: se ho un martello posso piantare un chiodo. Dall’altro, obbliga a fare le cose in un certo modo, influendo non solo sui risultati, ma anche sulla percezione del mondo di cui ho esperienza e che utilizzo per comprenderlo: appena ho un martello in mano, tendo ad interpretare il mondo in termini di una serie di chiodi da pestare.

In un progetto come questo, che entra ad influenzare non solo le dinamiche che riguardano come le persone abitano lo spazio pubblico, ma anche i diritti e le libertà delle persone – come vedremo nel seguito –, considerazioni di questo genere diventano di primaria importanza.

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Tra gli obiettivi principali del progetto vi è quello di cercare di realizzare una architettura tecnologica in grado di:

  • osservare e raccogliere informazioni riguardo i comportamenti umani, le loro relazioni e pattern ricorrenti negli edifici, per come questi sono rilevanti ai fini del consumo energetico;

  • descrivere strategie che interconnettano obiettivi di consumo energetico e comportamenti, interazioni e relazioni umane;

  • creare output sensoriali, visivi e interattivi in diverse forme e modalità che siano capaci di coinvolgere gli abitanti di spazi e edifici per renderli partecipi

    • delle strategie

    • dei loro stessi comportamenti e di quelli delle altre persone, nei termini per cui risultano rilevanti ai fini del consumo energetico

    • delle modalità in cui diventa possibile comportarsi per contribuire positivamente agli obiettivi dell’ottimizzazione del consumo energetico.

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Tutti questi elementi sono ineccepibili dal punto di vista etico. Allo stesso modo richiedono di avviare dei processi di raccolta ed elaborazione dati che potrebbero facilmente causare implicazioni negative a livello di privacy e del controllo di sorveglianza cui sono sottoposte le comunità.

Questo vale, in generale, per ogni tecnologia, per come è utilizzabile per raccogliere dati e informazioni e, in base a questi, determinare algoritmicamente azioni, reazioni e interazioni. Si tratta della biopolitica dei dati (Iaconesi, 2017), ovvero dei modi in cui raccolte ubique di dati, sistemi di interazione e governance algoritmiche diventano direttamente o indirettamente strumenti di esercizio di potere e elementi capaci di influenzare negativamente diritti, libertà ed autonomia delle persone.

È per questo motivo che le prime fasi del progetto sono state completamente dedicate a stabilire una connessione con gli abitanti stessi degli edifici toccati, e con gli studenti e gli esponenti della ricerca delle istituzioni coinvolte nel progetto, in maniera transdisciplinare.

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Dei colloqui preliminari, l’installazione artistica e una intensa sessione di workshop hanno svolto questo ruolo, con l’obiettivo di:

  • creare partecipazione attraverso le diverse discipline;

  • informare le persone riguardo gli obiettivi del progetto e le strategie utilizzate per conseguirli;

  • coinvolgere le persone nel confrontarsi con le possibili problematiche evidenziate dall’operazione;

  • coinvolgere le persone nelle possibili opportunità generate dall’operazione;

  • saggiare le reazioni alla presenza dello Smart Agent nell’edificio, e trarre informazioni riguardo le necessità di aggiustamento, correzione dell’interazione, traduzione nelle culture visuali e sensoriali del luogo e dei suoi abitanti, e azioni simili.

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L’installazione

In particolare, l’installazione artistica de “Sul Caldo e Sul Freddo” ha contribuito impostando un immaginario visuale, culturale e concettuale per l’operazione. La domanda posta dall’installazione ai suoi visitatori è: cosa avviene quando un edificio diventa senziente e inizia a osservarci per ottimizzare il consumo energetico?

La risposta è stata progettata per non essere lineare, ma per aprire la strada a riflessioni complesse.

Lo Smart Agent, nella sua versione installativa (che sarà sostanzialmente differente da quella in uso negli spazi quotidiani delle due università) si apriva alla vista innanzitutto in quanto oggetto/soggetto in grado di influire sulla percezione dello spazio degli edifici e delle persone che li abitano, attraverso la sua stessa percezione, differente (Altra) dalla nostra.

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L’installazione era, infatti, un modo di aprire il cervello artificialmente intelligente dello SA alla visione del pubblico. Tutti gli elementi dell’allestimento contribuivano ad esporre i meccanismi di funzionamento del cervello dello SA:

  • la prima visualizzazione mostra la computer vision dello SA, con sovrapposte le riprese delle telecamere e i contorni rossi delle cose che gli algoritmi trovano interessanti (la presenza di persone, identificate a seconda della presenza del loro corpo), con l’evidenza del tipo di informazione prodotta da questo tipo di osservazione (una matrice di densità di presenze umane nello spazio);

  • la seconda visualizzazione mostra l’andamento delle quantità del comfort (temperatura e umidità, mentre nella versione installata nelle aule universitarie si tenterà di misurare anche vari parametri della qualità dell’aria), e come questi vengono memorizzati e interpretati per generare il suono dell’installazione;

  • la terza visualizzazione rappresenta il motore di pattern recognition che viene utilizzato per cercare forme ricorrenti nei dati raccolti, per generare nuova conoscenza riguardo come i comportamenti delle persone si correlano alla variazione delle grandezze del comfort e al consumo energetico;

  • per ultima, la voce, che declama costantemente le sue “poesie generative sul caldo e sul freddo” che altro non sono se le vocalizzazioni dell’attività delle reti neurali, utilizzate come motore generativo linguistico che, ad ogni pattern di sensibilità attivato nei vari momenti dell’elaborazione, ne descrivono l’operato (es.: “la temperatura si è alzata e loro se ne sono andati”, a descrivere come un certo pattern sia stato riconosciuto e “messo da parte” per verificare se per caso fosse ricorrente, tanto da giustificare una prima ipotesi di causalità).

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Già solo l’installazione, quindi, aprendo e rendendo visibili (quasi “nudi”) i modi di agire dello SA e il suo modo di interpretare il mondo, diventava un modo accessibile, raccontabile e discutibile in maniera molto inclusiva per tutti i presenti che, liberati dal divide tecnico e tecnologico grazie all’opera d’arte che rendeva fruibile e comprensibile l’architettura tecnologica, potevano riflettere, conversare e criticare l’apparato tecnologico, il metodo e le loro implicazioni.

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Ad esempio, venivano discusse:

  • le implicazioni in termini di privacy e controllo, largamente mitigate dal fatto che i sistemi impiegati non registrano alcuna forma di dato sensibile (ma semplicemente le densità di presenze umane nello spazio), ma ancora caratteristiche di un processo di raccolta a tappeto di dati dall’ambiente;

  • le implicazioni in termini di trasparenza e comprensibilità dell’operato delle Intelligenze Artificiali; ad esempio si utilizzava il concetto di “Alien Knowledge” di David Weinberger (2017) per tentare di comprendere se il fatto che l’Intelligenza Artificiale ci mostrasse in tutti questi modi i “meccanismi” e le “ragioni” delle elaborazioni riuscisse a contrastare la sostanziale impossibilità di comprendere l’operato di questi algoritmi;

  • le modalità di intervento nello spazio, e cosa potesse costituire interventi invasivi, capaci di distrarre o disturbare, o anche di creare sensazioni di intimità, convivialità, relazione;

  • le modalità di raccolta dei dati, e se gli algoritmi di computer vision fossero accurati nel percepire la presenza, lo spostamento e le gestualità, se vi fossero bias interpretativi introdotti via software, se e come usare la sensoristica per misurare le quantità del comfort, e come utilizzare le infrastrutture di monitoraggio già esistenti, da punti di vista legali, amministrativi e gestionali;

  • le dimensioni della comunicazione, sia nello spazio fisico che digitale, per assicurare il coinvolgimento delle persone e una loro comprensione e attivazione nei confronti delle strategie di risparmio energetico;

  • la possibilità di generare nuova conoscenza grazie alla trasformazione di una istituzione culturale in un generatore di Big Data, e la possibilità di usare meccanismi di Intelligenza Artificiale a questi fini.

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L’installazione, quindi, ha creato una sorta di filtro di accessibilità per l’operazione, capace di rendere l’iniziativa più inclusiva tramite l’offerta di una materializzazione fisica del progetto che non fosse “tecnica”, e in cui i linguaggi dell’arte e del design fossero in grado di aprire conversazioni più umane, anche sfuggendo al solo dominio dell’informazione sull’efficienza energetica, e arrivando potenzialmente anche alla sfera del paradossale (ad esempio quando lo SA dichiarava tramite la voce di non essere in grado di comprendere alcuni fenomeni che si verificavano), del critico, del desiderabile, dell’immaginabile.

La tavola rotonda

La tavola rotonda organizzata nella Sala della Caccia del Castello del Valentino in occasione dell’inaugurazione dell’installazione è stato il modo di continuare il processo di apertura, verso la città.

All’incontro hanno preso parte diversi tipi di soggetto, per creare una discussione organica sui possibili impatti che potrebbero derivare dall’introduzione di tecnologie intelligenti nelle architetture, nei servizi, nelle organizzazioni, nelle istituzioni e, in generale, nella vita quotidiana.

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Per questo, sono stati attentamente selezionati i partecipanti, per creare un discorso continuo, capace di proporre visioni in diverse modalità:

  • Simone Arcagni (prof. Associato presso il dipartimento Cultura e Società dell’Università degli Studi di Palermo), a moderare la sessione e ad esplorare le implicazioni metodologiche e in termini di filosofia dell’innovazione;

  • Alessandro Bollo (direttore Polo del ‘900) a descrivere gli scenari in cui le organizzazioni culturali possono trasformarsi in generatori di Big Data e usare l’Intelligenza Artificiale per creare nuova conoscenza, nuovo valore e nuove modalità di relazione con i pubblici, le collezioni, gli spazi, i servizi;

  • Giulio Lughi (professore di Media Digitali, dipartimento DIST Politecnico/Università di Torino, presidente del Comitato Tecnico Scientifico CSI Piemonte) a esplorare le questioni dal punto di vista della storia e evoluzione dei media, e dalla prospettiva delle culture e delle arti digitali;

  • Fabio Malagnino (giornalista del Consiglio regionale del Piemonte, social, egov/wegov, open knowledge, Torino Digitale) a comprendere come queste tecnologie e modalità operative possano essere adottate dalle pubbliche amministrazioni e in sinergia con i cittadini;

  • Luca Ruggeri (AgID – Agenzia per l’Italia Digitale) a esporre come una agenzia governativa abbia addirittura istituito una Task Force per comprendere come le Intelligenze Artificiali possano entrare nei servizi e nelle interazioni tra pubbliche amministrazioni e cittadini;

  • Catterina Seia (Fondazione Fitzcarraldo) a mostrare come le fondamentali questioni esistenziali e politiche derivanti da queste nuove tecnologie siano in realtà una occasione per cambiare paradigmi, creare processi che coinvolgano le persone, utilizzando a piene mani Arti e Design;

  • Giulia Sonetti (Green Team Management, assegnista del DIST, Politecnico di Torino), nel gruppo di progetto di HOME, a esporre il punto di vista degli studi ecologici che, per loro natura, necessitano della collaborazione attraverso le discipline, coinvolgendo l’ingegneria, il design, la comunicazione, la psicologia, la sociologia, l’antropologia assieme alle altre scienze e ambiti di ricerca umanistica.

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Il risultato è stato di grande propositività, con il progetto che non solo ha fornito utili spunti per affrontare la discussione, ma anche e soprattutto occasioni per avviare collaborazioni nelle fasi successive, fondamentalmente confermando la bontà e la desiderabilità dell’approccio che vede gli operatori cittadini pienamente coinvolti nelle azioni.

Di nuovo, l’arte e il design si sono manifestati sotto forma di catalizzatori, e di una sorta di piattaforma di traduzione dell’azione e delle sue motivazioni in modo comprensibile e traducibile nei vari linguaggi disciplinari e di contesto.

Nell’intero gruppo di progetto è stato riconosciuto come un momento di fondamentale importanza, cui dare seguito nelle fasi successive del processo di ricerca, e da valorizzare attraverso occasioni di incontro pubblico e di disseminazione successive.

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Il workshop

Come descritto in precedenza il processo di apertura si è materializzato anche in direzione degli studenti delle università coinvolte, per mobilitare l’attenzione e il coinvolgimento verso i temi affrontati, e per attivare riflessioni e collaborazioni negli abitanti degli edifici che ci accingevamo a coinvolgere, attraverso le discipline.

Il workshop si è svolto in più fasi, iniziando a narrare gli scopi e i metodi del progetto, l’architettura tecnologica utilizzata e arrivando a un esercizio di storytelling di squadra per arrivare a definire possibili scenari costruttivi, critici e addirittura distopici, utili per saggiare in modo estremamente comprensibile e comunicativo le possibilità e le opportunità che i partecipanti percepivano come disponibili e desiderabili per lo sviluppo progressivo di un progetto del genere.

Uno dei focus nella creazione del workshop è stato quello dell’inclusione, sia in fase di approntamento dei materiali, che in quella del coinvolgimento e della raccolta dei partecipanti.

Dal primo punto di vista, si è scelto di no realizzare un workshop dalle caratteristiche (e requisiti) tecniche avanzate, optando per una modalità di presentazione dei contenuti che non fosse incentrata sul dettaglio tecnologico (invitando però le persone a interpellarci qualora volessero approfondire), ma sulle implicazioni derivanti da ogni scelta progettuale. Questa è sembrata una scelta vincente, che ci ha permesso di affrontare in maniera eccellente e da diversi punti di vista alcune delle maggiori preoccupazioni e questioni aperte presenti nel progetto, creando valore e coinvolgimento.

Dal secondo punto di vista, si sono selezionati partecipanti provenienti da diverse discipline mediante una call aperta, corredata da una lettera di motivazione che i proponenti dovevano compilare per descrivere il significato di una loro partecipazione. Questo ci ha permesso di selezionare una grande varietà di soggetti (Psicologia, Ingegneria di vari tipi, Economia, Design, Sociologia, e tanti altri) e di avere delle persone pienamente coinvolte e volenterose di realizzare interventi significativi.

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Durante la fase di esposizione sono state confermate le nostre aspettative riguardo le tematiche di particolare criticità che sono affrontate da un progetto del genere, e che sono state prontamente riprese dai partecipanti:

  • i temi etici, della privacy, del controllo algoritmico delle persone;

  • i temi delle problematiche che emergono quando dei software “senzienti” e dotati di un certo livello di autonomia possano godere della possibilità di (e dei gradi di libertà per) progettare strategie che poi avranno effetto sui partecipanti umani, concepire e realizzare esperimenti, trarre conclusioni e porre supporti strategici alle decisioni umane;

  • i temi più tecnici e strettamente collegati al progetto specifico, quali quelli sul (non) funzionamento degli effetti placebo in tema di comfort; sulla libertà di controllo degli apparati di controllo climatico negli spazi da parte dei loro abitanti; sulle dimensioni della comunicazione necessarie ad attivare e rendere consapevoli; sul ruolo e le caratterizzazioni dell’arte e del design.

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La fase del workshop dedicata allo storytelling si è svolta formando dei gruppi transdisciplinari, ognuno dei quali ha lavorato sulla costruzione di uno scenario narrativo, da rendere in output attraverso un video:

  • Interazione: quali sono le forme di interazione più efficaci per comunicare e negoziare benessere e consumo?

  • Implicazioni psicologiche: le tecnologie non sono neutrali e influiscono sui comportamenti e le opportunità. Quali sono le implicazioni psicologiche di trovarsi in un edificio senziente?

  • Privacy ed Etica: quali sono le implicazioni in termini di privacy ed etiche che derivano dal trovarsi in un edificio senziente?

  • User Satisfaction: quali sono i modelli secondo cui utilizzare questo tipo di interazioni per massimizzare la user satisfaction utilizzando un edificio senziente?

  • Behavioural Change & Awareness: come usare la comunicazione per creare consapevolezza e coinvolgimento in questo tipo di azioni?

  • Business Opportunities: quali sono altri usi per cui è pensabile utilizzare sistemi del genere? quali gli impatti e le trasformazioni culturali?

Ogni tema era presentato attraverso un incipit, che il gruppo di lavoro poteva utilizzare per avviare la narrazione. Ad esempio, l’incipit per il tema del “Behavioural Change & Awareness” era “Avevano imparato ad abbracciarsi quando faceva freddo”.

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Conclusioni

L’obiettivo di questo articolo era quello di aprire una discussione su una particolare tipologia progettuale, che corrisponde ad una domanda abbastanza specifica: cosa succede quando ci troviamo ad abitare edifici senzienti, e ad usare oggetti, prodotti e servizi che sono dotati di qualche livello di Intelligenza Artificiale? Come cambiano i nostri comportamenti, le nostre relazioni, i nostri modi di fare le cose? Come possono questi cambiamenti influenzare i grandi problemi dell’umanità, come in questo caso il consumo energetico? Quali sono i possibili ruoli dell’arte, del design e della comunicazione in questi processi? Come fare per coinvolgere discipline differenti, pubblici diversi e la città in maniera inclusiva?

Questo progetto è solo all’inizio, e speriamo di poter contribuire a porre risposte interessanti e di valore almeno a qualcuno di questi interessanti quesiti. Siete tutti invitati a prendere parte all’azione.

 

Bibliografia

Shepard, M., Sentient City: Ubiquitous Computing, Architecture, and the Future of Urban Space, Architectural League of New York, New York 2011.

Greenfield, A., Everyware: The Dawning Age of Ubiquitous Computing, New Riders, San Francisco 2006.

Kitchin, R. & P. Sung-Yueh, Code and the City, Routledge, London 2006.

Zook, M. & Graham, M. Mapping DigiPlace: Geocoded Internet Data and the Representation of Place, Environment and Planning B: Urban Analytics and City Science, Vol 34, Issue 3, 2007.

Mitchell, W. J., City of Bits: Space, Place, and the Infobahn, MIT Press, Cambridge 1996.

McCullough, M., Digital Ground: Architecture, Pervasive Computing, and Environmental Knowing, MIT Press, Cambridge 2005.

Norman, D., Il design del futuro, Apogeo Editore, Milano 2008.

Iaconesi, S., «Interface and Data Biopolitics in the Age of Hyperconnectivity» in Proceedings of Design For Next, 12th EAD Conference, Sapienza University of Rome, 12-14 April 2017. Published as: Iaconesi, S., «Interface and Data Biopolitics in the Age of Hyperconnectivity. Implications for Design», The Design Journal, Volume 20, 2017 – Issue sup1: Design for Next: Proceedings of the 12th European Academy of Design Conference, Sapienza University of Rome, 12-14 April 2017, pp. S3935-S3944.

Weinberger, D., Our Machines Now Have Knowledge We’ll Never Understand, Wired, 04/08/2017. Accessed Nov. 13, 2017 at https://www.wired.com/story/our-machines-now-have-knowledge-well-never-understand/

Salvatore Iaconesi e Oriana Persico, creatori di Art is Open Source e Human Ecosystems Relazioni, sono artisti e agitatori culturali. Insegnano Near Future Design e Transmedia Design a Firenze (ISIA), Roma (La Sapienza). Si occupano delle mutazioni dell’essere umano e della società con l’avvento delle tecnologie ubique.