Questo articolo descrive un progetto di formazione per docenti della scuola primaria che ha visto l’inedita collaborazione tra l’artista Marcella Vanzo, il Dipartimento Educativo di Pirelli HangarBicocca e il Corso di Laurea in Scienze della Formazione primaria, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa” dell’Università degli Studi Milano-Bicocca.
IL MUSEO
Il contatto, come minimo
«The key word is contact, as a minumum requirement» (Lind, 2020). Nel recente saggio/intervista You don’t need an educational department la curatrice ed ex direttrice del Testa Konsthall Maria Lind sottolinea come il “requisito minimo” per l’educazione e la mediazione all’interno dell’istituzione di arte contemporanea sia il “contatto”. L’istituzione, secondo Lind, è un terreno di incontro (o contact zone nelle parole della linguista e antropologa Mary Louise Pratt) che favorisce l’accesso alla conoscenza (Pratt, 1999). In poche righe Lind tratteggia i pilastri di una visione dell’istituzione culturale in relazione al pubblico: la presenza di persone negli spazi, l’accessibilità, la reciprocità della relazione educativa, lo scambio di saperi. E al centro di tutto l’arte, il cui infinito potenziale dovrebbe essere massimizzato e non solo scalfito in superficie. Una visione che Pirelli HangarBicocca ha fatto sua fin dall’inizio della sua riapertura nel 2012, mettendo al centro del proprio progetto un’idea di relazione con il pubblico che ne costituisce il nucleo di pensiero e di missione. Cosa accade quando questi pilastri – la relazione, la presenza di “esseri umani”, la conversazione come scambio di conoscenza, vengono improvvisamente sospesi e da un giorno all’altro alle istituzioni e al pubblico viene negato il “contatto” – come nel marzo del 2020?.
L’assenza, nel caso di Pirelli HangarBicocca, ha assunto una specificità ancora maggiore: perché le opere, l’allestimento, gli spazi stessi chiamano e invitano a un’esperienza del visitatore fatta sia di sguardo, che di movimento e di relazione del corpo nello spazio e con l’arte. Le mostre ospitate negli spazi ex-industriali propongono una modalità di “incontro ravvicinato” con le opere, mai separate da barriere né da didascalie, spesso senza supporti e piedistalli, con l’accompagnamento eventualmente di dialoghi “uno a uno” con i mediatori culturali o vissute in solitudine grazie all’ampiezza degli spazi. L’esigenza di recuperare un “contatto” con il pubblico che è – come dice Lind – “condizione minima” è stata da subito condizionata da due fattori: la possibilità di una relazione biunivoca e diretta con i singoli e i piccoli gruppi, soprattutto di bambini e ragazzi ma anche di pubblico adulto – che ha fatto escludere a priori, in questa prima fase, l’idea di produrre webinar o contenuti multimediali da “erogare”; il recupero di una sensorialità, di una corporeità che ha sempre caratterizzato l’esperienza dell’arte e la relazione dentro gli spazi. L’idea di coinvolgere gli artisti nelle attività didattiche – che trovava un precedente nelle attività estive dei campus, progettate e condotte da artisti da alcuni anni – è apparsa immediatamente un’opzione che permetteva di saltare un “grado di separazione” tra il pubblico e l’arte. Il progetto di coinvolgimento dell’artista Marcella Vanzo, infatti, ci ha permesso di muoverci su un triplice livello: il recupero della relazione “di persona” con i bambini, la messa al centro dell’opera – questa volta nella forma di un processo di arte partecipata e infine la riattivazione del corpo nello spazio reale e non solo virtuale. Partendo da questa intuizione nel corso del 2020 si sono sviluppati due progetti, che hanno visto in una prima fase una collaborazione tra l’istituzione e l’artista e in una seconda fase il coinvolgimento dell’Università.
I WORKSHOP CON I BAMBINI
Partendo dal lavoro di Marcella Vanzo #squola_pubblica, Pirelli HangarBicocca ha coinvolto l’artista in due workshop digitali consecutivi per piccoli gruppi di bambini dai 6 ai 10 anni, ponendo al centro la relazione e il processo di creazione condivisa come oggetto principale, discostandosi dalle attività online che mettevano al centro l’aspetto realizzativo, artigianale o espressivo. Il workshop diveniva così un’occasione e uno strumento per agire su questioni che in quel contesto sembravano rilevanti per la condizione dei bambini, e in particolare:
- lo spazio domestico come spazio chiuso cui si oppone lo spazio dell’inquadratura digitale altrettanto chiuso. Attraverso piccole azioni apparentemente elementari ma cariche di potenza immaginativa – il lancio di una pallina da un riquadro all’altro, la realizzazione di un’opera collettiva secondo la pratica di ascendenza surrealista del cadavre exquis – Marcella Vanzo ha trasmesso ai bambini l’idea di una permeabilità tra gli spazi separati fino a renderli spazi condivisi. Rimettendo al centro la dimensione immaginativa, l’artista ha generato la possibilità di creare spazi in cui reale e immaginario non sono rigidamente definiti, e questo spazio immaginativo è diventato spazio condiviso.
- l’idea di corpo interrotto. All’interruzione di qualsiasi possibilità di attività fisica e sportiva fuori di casa fa specchio l’idea di casa come un luogo dove la fisicità si esprime in modo compresso e quello dello spazio digitale, fruito solo passivamente o al massimo – nella didattica a distanza – attraverso l’inquadratura del viso della maestra e dei compagni, privati di ogni fisicità. Nelle attività l’invito a esplorare la casa, a utilizzare la voce e il movimento, a muoversi nello spazio domestico danno luogo a momenti di piccoli “riti collettivi” che permettono ai bambini di riappropriarsi in parte delle possibilità espressive del corpo anche in relazione al loro ambiente e ai pari.
- La sospensione della dimensione pubblica. Una delle questioni più rilevanti – che si è protratta fino ad oggi – è stato il sottrarre ai bambini la loro principale dimensione di partecipazione alla dimensione pubblica costituita dalla scuola. Facendo propria la motivazione che ha spinto Marcella Vanzo a intraprendere il progetto #squola_pubblica il museo, che non si può sostituire in nessun modo alla scuola, ha raccolto il testimone di una responsabilità delle istituzioni nel restituire ai bambini, anche se in minima parte, il senso di appartenenza a una collettività.
Dal primo ciclo di incontri ci è apparso subito chiaro come la presenza dell’artista nell’attività didattica fosse in grado di trasformare l’esperienza in un processo artistico partecipato in cui la relazione tra artista e bambini assumeva una valenza qualitativamente diversa.
IL CORSO DI FORMAZIONE PER GLI INSEGNANTI
Con l’avvio delle scuole a settembre 2020 è stato subito evidente che quello che aspettava insegnanti e bambini sarebbe stato un anno anomalo. È stato dunque intuitivo riprendere l’esperienza di Marcella Vanzo e ripensarla in chiave formativa. Dal confronto con l’artista e con il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione dell’Università degli Studi Milano-Bicocca è nato un progetto in cinque incontri che ha visto il coinvolgimento di venti insegnanti della scuola primaria in un percorso di formazione basato su momenti frontali, attività di workshop e co-progettazione di nuovi percorsi didattici, sviluppato intorno a tre assi principali:
- la pratica dell’arte partecipata. Il corso è stato pensato con la presenza costante e centrale dell’artista, che si è proposta da subito non come emissaria di una specifica competenza disciplinare ma come attrice di un’interlocuzione orizzontale ed aperta con tutti i partecipanti, ognuno messo al lavoro per le proprie specificità e capacità. Questa scelta ha permesso di avviare il corso con modalità e linguaggi dell’arte partecipata, “liberando” fin dal principio i partecipanti al workshop da posizionamenti e schemi relativi ai ruoli e portandoli gradualmente a prendere consapevolezza delle pratiche che stavano contribuendo a costruire. Al termine del corso, perciò, si è ottenuto il duplice risultato di aver fornito non solo degli strumenti linguistici, creativi e di progettazione didattica ma anche la conoscenza diretta di una pratica artistica, esperita nel suo farsi.
- il concetto di “arte come ricerca”. Durante tutto lo svolgimento del corso un altro elemento su cui Marcella Vanzo ha insistito è stato il concetto di arte come ricerca. Partendo dal racconto della propria biografia artistica e dalla propria formazione antropologica, l’artista ha condiviso il percorso di ricerca multidisciplinare che sta alla base della sua pratica. Questa modalità ha contributo sia a svelare la complessa stratificazione progettuale che sta dietro la realizzazione dell’opera d’arte – un elemento che è anche alla base della capacità generativa di senso dell’opera – sia a fornire un possibile suggerimento metodologico per una progettazione didattica in aula e in digitale attraverso modalità più fluide, interconnesse ed efficaci.
- la pratica della performance. Il corso è stato caratterizzato fin dall’inizio dal linguaggio della Performance Art, avviata fin dal primo incontro dall’artista attraverso una presentazione performativa di se stessa. Un approccio mantenuto durante tutto il corso, insistendo sulle potenzialità espressive del corpo, delle mani, della voce dei partecipanti, mettendo in luce quanto la consapevolezza di sé nello spazio possa diventare strumento di relazione sia in aula sia nello spazio digitale.
Durante tutto il percorso il team di Pirelli HangarBicocca e quello dell’Università hanno contribuito con un accompagnamento teorico o di sintesi – sempre a valle delle attività – che aveva la funzione di “messa a terra” di quanto accaduto in relazione ai linguaggi dell’arte e a quelli della pedagogia e della formazione. Ma si è sempre cercato di minimizzare al massimo i momenti di trasmissione frontale, che rischiavano di interrompere il patto partecipativo che ha visto tutti mettersi in gioco in maniera non ruolizzata, trasversale e attiva durante tutti gli incontri. Come e in misura ancor maggiore che durante i workshop con i bambini, l’insieme di questi elementi ha portato, tra le altre cose, a un’importante consapevolezza: che la capacità creativa individuale, se scoperta e condivisa, può portare alla costruzione di uno spazio e di un immaginario comune rompendo le barriere che creano separazione spaziale e simbolica, aiutando a ricostituire un senso di collettività e in ultima istanza di società perfino in un momento di isolamento come quello che siamo stati costretti ad abitare.
L’ARTISTA
“Hai sperimentato nuove competenze grazie a questo corso?”
“La chiamerei competenza performativa: quella capacità che permette di agire coinvolgendo gli altri in un’azione collettiva e partecipata divertendosi ma facendo tesoro di ogni parola e gesto.”
Insegnante partecipante
Interstizi di necessità
#squola_pubblica nasce nel marzo 2020 durante la prima quarantena da Covid19. Avevo fondato The Momentary Now Performance School presso Zona K a Milano nell’ottobre 2019, un corso di performance d’arte. Con la reclusione sanitaria, l’ho trasferito su una piattaforma e ho cominciato a insegnare on-line cose che si insegnano con e attraverso il corpo. La performance è una forma d’arte effimera, basata sul corpo e sulle relazioni che con il corpo si creano. Possono entrare oggetti o parole o altro, ma la relazione resta sempre al centro. Quella con chi guarda o chi partecipa. Ci sono mille modi di fare performance, di abitare corpo e spazio. La mia prima cura è stata quella di reintegrare il corpo nello spazio delle gabbiette condivise, che tanto somigliano a piccole cartoline, con l’imbarazzo di vedersi sempre mentre si parla, invece di potersi serenamente dimenticare di sé stessi. Superato anche quello, ho esplorato lo spazio a disposizione, da sola e coi miei studenti. Lo schermo annulla il corpo, letteralmente lo taglia fuori, insieme a tutto ciò che c’è di vivo e di fisico nello scambio tra esseri umani.
Ho quindi riattivato il corpo nell’equazione schermo-comunicazione, introducendo la fisicità di questo rapporto. Insieme a chi sta dall’altra parte ho invaso lo schermo, invitando gli altri ad abitare lo spazio con me, a seguirne gli spigoli, a inserirsi completamente all’interno dell’inquadratura, spostare la telecamera, abituarla a seguirci invece del contrario e quindi fare dello schermo un punto di contatto invece che di separazione, una sfida interessante. Nella primavera 2020 dovevo fare un laboratorio d’arte nella classe di mio figlio, che da marzo a giugno non ha più frequentato la terza elementare, se non in modalità asincrona studiando su documenti in pdf. Eravamo altre specie è un laboratorio dedicato all’evoluzione, tema studiato quell’anno, da affrontare tramite ricerca, disegno, scultura e performance. Tre incontri annullati. Ho proposto allora il laboratorio, in modo autonomo, on-line, un vero esperimento. Ho messo insieme corpo, movimento, scienza, gioco, relazioni e timonato ciò che succedeva con una dozzina di bambini di 9 anni per circa un’ora e mezza. Per primo mio figlio mi ha chiesto il laboratorio successivo, le richieste si sono poi allargate, a scuola e oltre. Ho comunicato #squola_pubblica sui social networks, ho ricevuto diverse domande e in molti si sono prodigati per comunicare il progetto. I laboratori sono stati momenti per vedersi sviluppando un progetto comune, per sapere come stavano gli altri, per ritrovare la comunità che di solito circonda i bambini otto ore al giorno, annullata dalla pandemia.
Da marzo a maggio 2020, per 11 settimane, ho condotto 40 laboratori d’arte interattivi e gratuiti per fascia d’età. Un totale di 60 ore, 7 classi di tre scuole primarie e una scuola per l’infanzia, a Milano. Ho incontrato 222 bambini, in totale 520 presenze. Da marzo a maggio Giovanna Amadasi e Laura Zocco di Pirelli HangarBicocca mi hanno commissionato 9 repliche di Eravamo Altre Specie e Il Cadavere Squisito, due dei laboratori sviluppati con la classe di mio figlio. Le attività sono state proposte gratuitamente ai bambini dai 6 ai 10 anni e hanno visto la partecipazione di 126 bambini. A settembre Pirelli HangarBicocca mi ha chiesto di proseguire questo percorso coinvolgendo direttamente e gratuitamente gli insegnanti della scuola pubblica primaria, mirando allo sviluppo di quella competenza performativa di cui parla l’insegnante qui sopra.
Grazie al coinvolgimento di Franca Zuccoli e Alessandra De Nicola dell’Università degli Studi Milano-Bicocca, #squola_pubblica si è trasformato in fare insieme #squola_pubblica, un progetto di arte partecipata per cambiare dall’interno la scuola e quindi la società. Presentato così: “A fronte delle nuove e inaspettate sfide educative che la scuola si è trovata a fronteggiare, l’intento del corso è quello di immaginare, grazie alla visione e alla pratica di un’artista, modi di fare didattica che pongano i bambini al centro di un sistema di apprendimento legato all’espressività e all’uso del corpo in un ambito come quello della DAD e della comunicazione digitale, fornendo agli insegnanti strumenti, suggestioni e percorsi in grado di innescare creatività e relazioni positive all’interno del gruppo classe. Il percorso era strutturato in cinque incontri dedicati alla conoscenza della pratica di Marcella Vanzo e delle sue applicazioni in ambito educativo, all’esplorazione delle potenzialità dell’arte contemporanea in relazione alla didattica digitale e ad attività pratiche volte alla realizzazione di percorsi basati sull’idea di ‘arte come ricerca’”.
A partire dai due laboratori presentati, basandomi sugli stimoli degli insegnanti selezionati, ho dato luogo a un nuovo laboratorio finale: Il tempo e i passaggi di stato. È importante sottolineare che il risultato finale di fare insieme #squola_pubblica, progetto da portare avanti e ripetere, sarà ogni volta diverso, proprio perché nasce dall’ interazione con il gruppo degli insegnanti presenti.
Il mio percorso riduce al massimo l’uso della tecnologia per aumentare al massimo l’interazione tra le persone, ed è valido sia per l’insegnamento in presenza che a distanza. L’arte, che è mezzo di ricerca, esplora lo spazio attraverso il corpo davanti allo schermo e non, ed esplora poi le discipline più diverse: geografia, scienze, arte, matematica, storia, italiano… Nel caso della meta-situazione che si vive in DAD, è fondamentale chiedersi in che tipo di spazio e di tempo ci si trovi e come potenziare l’interazione che viene a galla. È necessario poi includere l’ambiente domestico, il nuovo scenario da esplorare, da un punto di vista sia educativo che motorio, per non parlare della morfologia sociale, politica, emotiva con cui si viene a contatto. Il mio è un lavoro continuo di messa in comunicazione. Gli studenti non sono pubblico passivo al di là dello schermo, ma parte attiva e integrante della lezione, a partire dalla presentazione, performata, di ciascuno, che apre subito a molteplici possibilità di scambio.
I miei laboratori sono percorsi orizzontali, inclusivi ed espansivi in cui si mette al centro il processo, lavorando in gruppo, in maniera trasversale, sulle discipline. Prima presento il mio lavoro, poi si progetta un percorso insieme, di cui resto timoniera, mettendo in gioco le conoscenze, i sensi, i gesti e l’immaginazione. Il corpo viene reintrodotto come elemento di apprendimento, locus della relazione e come punto focale dell’attenzione, del docente e del discente. Attraverso l’esperienza corporea è possibile modificare profondamente la modalità di relazione, ampliandola e migliorandola, rendendola più ricettiva, aperta agli input esterni e progettuale, sia dal vivo che in DAD.
La relazione via schermo, tra l’altro, entra nelle case dei partecipanti, prima escluse dalla relazione scolastica. Case che diventano territorio di caccia di oggetti, costumi, utensili, cibo, elementi fisici insomma, che danno ulteriore corpo alla lezione. Ha avuto enorme successo la pallina di stagnola: invito i partecipanti a prepararne una e portarla in DAD. Poi passo la mia a qualcuno che finge di prenderla oltre lo schermo, afferrando quella che ha a portata di mano e passandola agli altri, creando un’interazione fittizia-reale davvero divertente. Le insegnanti hanno usato questa tecnica, entusiaste. Riporto qui sotto alcuni dei loro commenti:
“Grazie agli spunti forniti, mi è stato possibile rivalutare lo schermo digitale come un potenziale scenario didattico in cui il corpo assume il ruolo di protagonista attivo.”
“Ne ho parlato con entusiasmo, nella consapevolezza comunque che l’insegnante coinvolto deve accettare di allontanarsi dal supporto rappresentato dal libro ed accettare di esporsi in modo più personale, col corpo, con la voce, con gli oggetti”
“Sono anni in cui la formazione degli insegnanti è fortemente centrata sugli adempimenti burocratici e sulle modalità della valutazione. Mi è sembrato incoraggiante risentire parlare di didattica.”
“Durante la DAD in questo periodo uso molto la pallina di stagnola per l’appello, è un rito quotidiano e loro iniziano con il sorriso. Per contare e per le operazioni – insegno in classe prima – usiamo la pasta e a volte chiedo loro di prendere altri oggetti per fare così addizioni e sottrazioni. Ho disegnato gli organi di senso e incollati su bacchette. Abbiamo osservato con i 5 sensi un frutto che ho chiesto a loro di prendere. Poiché la maggior parte di loro aveva la mela, abbiamo scattato una bellissima foto con la mela davanti alla faccia e il giorno dopo abbiamo preparato uno fantastico lavoro su Magritte.”
L’UNIVERSITÀ
Due presupposti fondamentali vanno esplicitati come ragioni della progettazione di questo corso di formazione, così diverso da quelli solitamente proposti, nato dall’idea e dalla pratica di ricerca di un’artista: il lavoro di collaborazione continua tra l’Università e il Dipartimento Educativo di Pirelli HangarBicocca che negli anni è costantemente cresciuto, portandoci a sperimentare insieme modalità sempre diverse di coinvolgimento dei bambini e delle scuole, in un’ottica di collaborazione e di crescita condivisa, e l’avvento della pandemia.
È proprio in questo periodo che abbiamo visto crescere in modo esponenziale un’attenzione nuova dedicata alla scuola e alla sua importanza nella società, originata dal blocco delle attività didattiche in presenza. La necessità di dover ripensare a una modalità diversa di essere in contatto con bambini e ragazzi, ha attivato un processo di trasformazione per tutti gli insegnanti coinvolti in ogni ordine e grado, su cui si sta attualmente profondamente riflettendo in ambito pedagogico. Di questa riflessione sono prova le numerose ricerche pubblicate nell’ultimo periodo (Capperucci, 2020; Lucisano, 2020; Sird, 2020; Save the Children, 2020). La scuola, intesa come l’insieme di docenti, personale, studenti, genitori, tra marzo e giugno 2020 si è modificata, attingendo a risorse talvolta sommerse, mobilitando capacità individuali e collettive (Bruschi e Perissinotto, 2020), riuscendo, in molti casi, anche se non in tutti, con difficoltà a mantenere un contatto. Nel primo periodo di interruzione della frequenza, si è notato, però, nella maggioranza delle proposte effettuate, a parere degli stessi docenti, uno scivolamento verso forme di insegnamento quasi esclusivamente frontali, come sostiene il pedagogista Piero Lucisano (2020, p.12), commentando i dati raccolti su un campione di 16.084 insegnanti presenti in 1834 Comuni, relativi a tutto il panorama. La trasformazione della didattica da presenza a distanza, come ci ha confermato negli anni la ricerca, obbliga sempre a un cambiamento (Rossi, 2016, 2017; Galdieri, 2020; Limone, Pace, 2015) che permea tutte le proposte e incide sulle modalità, oltre che sulla stessa scelta dei contenuti ritenuti più appropriati e semplici, più facilmente trasmissibili, comprendendo come la parola trasmissione ci sottolinei già l’approccio scelto.
Il corso nasce e si origina proprio all’interno di questo momento di utilizzo forzato della tecnologia, inteso come unica modalità possibile per mantenere un contatto, ma si colloca in modo completamente diverso rispetto alle proposte per formare i docenti all’uso tecnologie, ribaltando il punto di vista. La prima novità risiede nel discendere dalla richiesta stessa di alcuni docenti che avevano partecipato alle proposte artistiche di Marcella Vanzo e che ne erano rimasti stupiti e al contempo affascinati. In un momento così diverso, in cui le certezze didattiche legate al contatto in presenza erano completamente annullate, in cui la pandemia aveva imposto una delle sue “lezioni”, così come definite da Edgar Morin nel suo ultimo testo (2020), si trattava di trasformare la lezione della distanza, della tecnologia imposta, in una nuova sfida. Era forse possibile vivere e proporre un modo “altro” di riprendere il contatto, percorrendo le strade di una ricerca artistica performativa e contemporanea, grazie alla presenza della stessa artista?
Ancor prima delle evidenze della ricerca, la voce degli insegnanti era emersa attraverso le piattaforme di scambio e condivisione come, ad esempio, Politeaching: dai docenti e per i docenti, consigli per una didattica efficace ai tempi del coronavirus, creata dal Politecnico di Milano per permettere agli insegnanti di condividere tecniche, metodologie e soprattutto criticità, o piattaforme di dibattito pubblico, come la statunitense Kialo. Nel periodo antecedente la progettazione di fare insieme #squola_pubblica, la domanda più frequente consisteva nella ricerca della tecnica/metodologia da poter applicare per tenere viva l’attenzione, seguita da due tipi di risposte: da un lato un lavoro sui feedback, una metodologia che la letteratura di riferimento, in era pre-pandemica, aveva dimostrato efficace. La seconda risposta consisteva nella proposizione di strumenti, app o piattaforme sempre più complessi. Nel lungo periodo le due risposte si sono rivelate fonte di frustrazione. Se da un lato gli insegnanti si sentivano quasi dei persecutori, ossessionati dal dare e soprattutto dal procurarsi il riscontro degli allievi, dall’altro il risultato era un ambiente didattico rigido nella forma e nella sostanza. Nella maggior parte dei casi, si registrava un blocco: nella ricerca di metodologie, nella selezione degli argomenti e nelle capacità di presentare attività. Ecco, dunque, la volontà di pensare e offrire una formazione diversa da quelle proposte fino a quel momento.
Parafrasando Jacques Derrida, a partire dal lavoro dell’artista, gli insegnanti sono stati parte attiva di un processo di decostruzione, che ha permesso di intravedere i limiti della realtà in cui agiscono; non per contestarli, bensì per ripensarli scoprendone le potenzialità creativo/educative. Se per il filosofo Maurice Merleau-Ponty il corpo è fatto della stessa carne del mondo, per il pedagogista Gamelli «prima della consapevolezza mentale di avere un corpo-presupposto ontologico della dualità umana mente- corpo – il bambino è un corpo: un corpo che sente e conosce sperimentandosi all’interno di polarità, contrasti […] rintracciabili in tutti i giochi che mette in scena» (p.12). Nel nostro caso, il corpo è ritornato a essere mediatore che supera la non-oggettività dello spazio e del tempo. Similarmente alla pratica performativa, anche in quella educativa il corpo e lo spazio sono elementi essenziali, basti rapidamente pensare alla cura per i materiali e gli ambienti educativi che per Montessori erano parte fondante del processo educativo o al concetto di spazio come terzo educatore teorizzato da Malaguzzi. Elementi temporaneamente smarriti, che gli insegnanti hanno rintracciato misurandosi in maniera diretta e giocosa con il processo di ricerca dell’artista.
L’arte contemporanea, meno frequentata nei programmi didattici, e ancora più la performance art, sono divenute le chiavi per superare il blocco inizialmente dichiarato nello svolgimento di una lezione e, contestualmente l’elemento da cui far partire una didattica interdisciplinare. Guardando a questo percorso con gli occhi del pedagogista, possiamo dire che gli insegnanti e, conseguentemente, i loro allievi hanno riportato al centro del processo formativo/educativo l’esperienza che, dice il pedagogista John Dewey «non è una cosa rigida e chiusa; è vitale e quindi crescente […] Ma l’esperienza implica pure la riflessione che ci rende liberi dalla restrittiva influenza del senso, dell’appetito, della tradizione» (p. 292). L’esperienza dell’arte permette di rintracciare il significato degli oggetti, senza bisogno di «un laborioso affaccendarsi del pensiero intorno ad essi […] qualunque sia il sentiero battuto dall’opera d’arte, questa, proprio perché è una completa e intensa esperienza, mantiene vivo il potere di sperimentare il mondo comune nella sua pienezza» (p.154).
Bibliografia
Allen F., (editor), Documents of Contemporary Art. Education, MIT Press and Whitechapel, 2011.
Berger J., Questione di sguardi, Il saggiatore, Milano, 2015.
Borasi G., Ferré A., Garutti F., Kelly J., Zardini M. (eds.), The Museum is not Enough, Sternberg Press, CCA Montreal, 2019.
Borgonuovo V., Franceschini S. (a cura di), Global Tools 1973 1975. Quando l’Educazione coinciderà con la vita, Nero, 2018.
Bruschi B., Perissinotto A., Didattica a distanza. Com’è, come potrebbe essere, Laterza, Roma-Bari, 2020.
Capperucci D., Didattica a distanza in contesti di emergenza: le criticità messe in luce dalla ricerca, in «Studi sulla Formazione», 23, 13-22, 2020-2.
Derrida J., Lettera a un amico giapponese, In «Psyché. Invenzioni dell’altro», Jaca Book, Milano, 2003.
Dewey J., Arte come esperienza e altri saggi, ed. A. Granese, La Nuova Italia, Firenze, 1995.
Ejzenstejn S. M., Lezioni di regia, Piccola Biblioteca, Einaudi, Torino, 2000.
Galdieri M., Flessibilità e adattamento al cambiamento nella trasposizione didattica a distanza, in «Education Sciences & Society-Open Access», 11(1), 2020.
Gamelli I., Pedagogia del corpo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011.
Hansen T., Larsen B. L. (eds), The Phantom of Liberty. Contemporary art and the Pedagogical Paradox, Sternberg Press, 2014
Limone P., Pace R., The Learning by Design Framework in School and Out-of-School Context: Research Experiences and Perspectives, in B. Cope, M. Kalantzis (Eds.), A Pedagogy of Multiliteracies. Learning by Design (pp. 157-171), Palgrave, London, 2015.
Lind M., You Don’t Need an Educational Department, in The Museum is not enough, CCA Montreal, Sternberg Press, 2020.
Lucisano P., Fare ricerca con gli insegnanti. I primi risultati dell’indagine nazionale SIRD “Per un confronto sulle modalità di didattica a distanza adottate nelle scuole italiane nel periodo di emergenza COVID-19”, in Lifelong, Lifewide Learning», 16 (36), pp.3-25, 2020.
Merleu-Ponty M., Fenomenologia della percezione, Bompiani, Milano, 2003.
Morin E., Le 15 lezioni del Coronavirus. Cambiamo strada, Raffaello Cortina, Milano, 2020.
Pratt M. L., Arts of the Contact Zone, in «Ways of Reading», 5th edition, ed. David Bartholomae and Anthony Petroksky, New York: Bedford/St. Martin’s, 1999.
Read H., Educare con l’arte, Edizioni di Comunità, Milano, 1962.
Rossi P. G., Gli artefatti digitali e i processi di mediazione didattica, in «Pedagogia Oggi», 2, pp.11-26, 2016.
Rossi P. G., Dall’uso digitale nella didattica alla didattica digitale, P. Limone e D. Parmigiani (Eds.). Modelli pedagogici e pratiche didattiche (pp. 3-19), Progedit, Bari, 2017.
Vergine L., Body art e storie simili. Il corpo come linguaggio, Skira, Milano, 2000.
Sitografia
Kialo.com, kialo-edu.om [Consultati tra marzo 2020 e 10 aprile 2021]
Sird, Una panoramica dei dati 2020, [consultato il 25/3/2021]
Politeaching: dai docenti e per i docenti, consigli per una didattica efficace ai tempi del coronavirus [Consultato tra marzo 2020 e 10 aprile 2021]
Save The Children, La povertà educativa ai tempi del Coronavirus: bambini e adolescenti intrappolati tra crisi economica e contrazione delle opportunità educative, , 2020 [consultato il 25/3/2021]
Giovanna Amadasi
Giovanna Amadasi è responsabile dei progetti Culturali ed Istituzionali di Pirelli HangarBicocca, dove cura il Public Program e i progetti di collaborazione con altre istituzioni. Dal 2011 inoltre è Coordinatrice Scientifico insieme a Marilena Pirrelli il Master Economia e Management dell’Arte e dei Beni Culturali presso la Business School del Sole 24 ORE di Milano. Da oltre vent’anni lavora sulla progettazione culturale in relazione all’arte contemporanea, con un particolare focus sulle relazioni tra offerta culturale, territorio e pubblici. È coautrice di “La città creativa” (Egea Edizioni, 2005), pubblicazione nata dal progetto “Scena Creativa – Un progetto per Milano” (2004-2006). Ha collaborato inoltre, a partire dal 1996, con testate nazionali (Sole24Ore, D Repubblica, Icon, Gioia, Marie Claire) su tematiche legate all’arte e alla cultura contemporanea.
Alessandra De Nicola
Assegnista di ricerca presso l’Università Milano-Bicocca, Alessandra De Nicola collabora con il BIPAC, il centro interdipartimentale per i Beni e le Attività Culturali e con il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”. È anche professoressa a contratto di Didattica e pedagogia dell’arte presso la libera Università di Bolzano. Le sue ricerche si muovono nel campo dell’educazione al patrimonio culturale, in particolare sulle metodologie di interpretazione e mediazione. Collabora con diversi attori e istituzioni culturali nazionali e internazionali.
Marcella Vanzo
Formatasi sia come antropologa che come artista, Marcella Vanzo vive e lavora a Milano.
Tramite video, performance, foto e installazioni indaga le diverse dimensioni dell’essere umano. Nel suo lavoro realtà e finzione si fondono in una trama fitta che mette in discussione la rappresentazione della realtà. Nel 2019 ha fondato The Momentary Now Performance School da ZONA K a Milano e dal 2020 insegna Performance all’Accademia Carrara di Bergamo. Vanzo partecipa regolarmente a mostre collettive e personali in Italia e all’estero, ha vinto il Premio New York e il premio Acacia Artisti Emergenti. www.marcellavanzo.com
Laura Zocco
Laureata in Storia e Critica dell’Arte Contemporanea, dal 2009 si occupa dei Progetti Educativi di Pirelli HangarBicocca sviluppando percorsi, progetti e collaborazioni esterne per la comunità scolastica, bambini, ragazzi e famiglie. Dal 2011 coordina il servizio di mediazione culturale dedicato all’accoglienza del pubblico di Pirelli HangarBicocca e si occupa della proposta di visite guidate e percorsi tematici per adulti.
Franca Zuccoli
È professoressa associata di Didattica Generale ed Educazione all’immagine presso il Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione, Università di Milano-Bicocca. I suoi temi di ricerca sono: la didattica del patrimonio, il rapporto tra scuola e musei, la partecipazione della collettività nei percorsi culturali. Negli anni ha lavorato con alcuni dipartimenti educativi dei musei italiani, per sviluppare ricerche nazionali e internazionali.