«Indicare che, nelle rovine, qualcosa continua incessante a non essere riducibile al disastro; e testimoniare che restare fedeli a ciò che vive non è impossibile, non è follia e neppure consolazione per anime belle: ma opzione politica decisiva. Ne va non tanto dello stile, e neppure della comprensione astratta delle cose, ma della forma di vita che quell’intuizione ha sviluppato».
«Questa “intuizione bassa” è radicata nei sensi (pur scavalcandoli) – e in quanto tale non ha nulla a che vedere con l’intuizione sovrasensibile dei vari irrazionalismi otto e novecenteschi. È diffusa in tutto il mondo, senza limiti geografici, storici, etnici, sessuali o di classe – e quindi è lontanissima da ogni forma di conoscenza superiore, privilegio di pochi eletti. È patrimonio dei bengalesi espropriati del loro sapere da Sir William Herschel; dei cacciatori; dei marinai; delle donne. Lega strettamente l’animale uomo alle altre specie animali»
(Ginzburg, in Consigliere & Paravagna, 2008).
Questa è la restituzione personale e collettiva di un gruppo che si è formato a gennaio del 2021 a Genova per indagare le complessità del tessuto idrico attraversando una geografia, camminando su un paesaggio specifico che di norma non si percorre e sviluppando uno studio poetico del sistema linfatico di una città portuale, ma soprattutto (e questo potrebbe sembrare un paradosso per chi non la conosce) fluviale [1].
Facendo tesoro di un’idea di espansione di cura sociale di cui le arti possono farsi strumento, in una chiave che contempli i luoghi, l’ambiente che conta organismi viventi e co-abitanti di uno stesso complicato sistema di forze, ci siamo alleatə come collettivo Corpi idrici per non essere soggetti isolati e per attuare una ricerca sonora, visuale e performativa come pazienti fra pazienti, terapeutə del e con il mondo.
Le frizioni del territorio genovese, come la maggior parte dei luoghi antropizzati, manifestano su di esso interessi non comuni, espressi come altrove da una comunità disgregata con conflitti di (in)sicurezza, di de e iper osservazione di beni paesaggistici e culturali, gestioni disfunzionali fra relazioni umane e non nel territorio.
James Hillman in L’anima del mondo e il pensiero del cuore sostiene che ci sia un reciproco riversamento fra lo stato di dolore personale e quello del mondo che getta su di noi le proprie sofferenze (Hillman, 1992). La malattia delle cose, nella visione di Hillman, è espressione di noncuranza e disattenzione. Dal suo punto di vista i nostri oggetti sono demonizzati e abusati ed è necessario restituire al mondo il proprio sogno. Questo mondo di Hillman dotato di anima non è un luogo divino e trascendentale, ma piuttosto una fisionomia di espressioni vitali che si manifesta in tutte le cose dal vegetale fino al manufatto. Forme, paesaggi, toni, atmosfere, architetture, acque.
Percorrendo l’anatomia di un sito sul profilo idrico e delle sue infrastrutture come se fossero corpo, abbiamo camminato e discusso con la lente di molteplici discipline, per ipotizzare delicati equilibri e nuove relazioni rispetto a un valore ambientale non più intonso; acque addomesticate che non potranno mai tornare alla propria conformazione originaria. Ci siamo divincolatə su un patrimonio tossico che gli asservimenti idraulici, le bonifiche di regime, gli usi dell’industria e la crescita urbanistica hanno improntato sui corsi d’acqua e sui quartieri adiacenti. Qui sono emersi i tradimenti della trascrizione, le modifiche ai percorsi e alle esatte geometrie dell’acqua, la dimenticanza delle fragilità, delle storie e caratteristiche fondanti. Tra il diritto dei cittadini, quello degli enti umani e non umani e le richieste ecologiche e politiche che si sono stratificate nel corso del tempo, abbiamo cercato spazi di incontro, dove far emergere relazioni e desideri rimossi attraverso un processo di soggettivazione dei corpi idrici e dei suoi eventuali diritti con strumenti para-legali.
Corpi Idrici. Studio per una città inabitabile, feticci urbani. Corte Lambruschini, lavori per la copertura del Bisagno. Nuvola Ravera, 2019.
Corpi Idrici. Studio per una città inabitabile, feticci urbani. Via Canevari, argini del Bisagno. Nuvola Ravera, 2021
Diario di bordo
L’idrogeno (simbolo H, dal greco ὕ δωρ, hýdor, “acqua”, più la radice γεν-, ghen-, “generare”, quindi “generatore d’acqua”) è il primo elemento chimico della tavola periodica (numero atomico e il più leggero. È l’elemento più abbondante dell’universo osservabile.
Come dicevamo, Corpi idrici nasce dalla volontà di ragionare e creare collettivamente un percorso di indagine e di costruzione di immaginari a partire dalla particolare relazione della città di Genova con l’acqua. Stretta tra mare e montagne, Genova si è sviluppata in lunghezza (con i suoi 35 Km sembra essere la città più lunga d’Italia), attraversata da numerosi torrenti, rivi e ruscelli che per ragioni urbanistiche e industriali sono stati “tombati” già a partire dal Medioevo. I corpi acquatici di quest’area, una terra portuale complessa, viva e multiculturale, hanno rappresentato nel corso del tempo un vettore di scambio con altri territori ma anche una fonte di pericolo. Molti di loro sono stati dimenticati o ricoperti per erodere spazio utile alla speculazione edilizia o allo sfruttamento commerciale, causando numerose inondazioni riversatesi in mare e sul territorio urbano. Durante le piene, i percorsi d’acqua modificati e costretti dall’espansione urbana e industriale facilitano la possibilità di devastare e sommergere. Il loro naturale corso, dopo la devastazione, sarebbe di defluire al mare per scioglierne la forza distruttiva.
Nel percorso di ricerca collettiva, tuttora in fieri, stiamo cercando di mettere in relazione le memorie della città legate all’elemento dell’acqua, costellate da storie di alluvioni, dissesti idrogeologici e consumo del suolo, ma anche di sperimentazioni avveniristiche e sviluppo di competenze uniche, per offrire una mappa sensibile che riporti alla luce le potenzialità espresse dai corpi idrici genovesi, congiunte alle lotte delle comunità per la difesa del territorio, alle risposte possibili all’emergenza ambientale, alle ritualità legate all’acqua e all’idea che essa possa rappresentare un flusso continuo creativo e vitale per il futuro.
Dopo diversi mesi di confronti, avvicinamenti graduali al territorio, sopralluoghi ad alcuni dei cantieri aperti e grandi opere di scolmo realizzate negli scorsi anni, incontri di autoformazione con studiosə di diverse discipline, abbiamo dato vita alla prima tappa “pubblica” di questo viaggio di ricerca collettiva: Corpi idrici. Sinfonia da una città, andato in scena a giugno alla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli di Milano, con la coproduzione di Forevergreen.fm. Si tratta di uno spettacolo musicale e multidisciplinare inteso come il racconto del viaggio intrapreso collettivamente e tradotto in un itinerario di esplorazione, fisica e teorica per gli spettatori-partecipanti. Un’occasione per osservare diversi aspetti dell’acqua, intesa come un elemento in connessione con l’ecosistema ambientale e lo sviluppo del territorio genovese.
Come cardini dell’opera musicale e partecipativa, che si è articolata tra l’esterno e l’interno della fondazione abbiamo seguito la formulazione di binomi tematici, che si muovono per contrasto e relazione:
. Sommerso / Emerso
Un panorama di ciò che è maggiormente noto del rapporto fra Genova e l’acqua a livello mediatico o collettivo e di ciò che è più nascosto e sotterraneo come la topografia dei rii nascosti e ormai dimenticati, che scorrono al di sotto delle vie cittadine e lasciano spesso traccia nel loro nome;
. Collegamento / Divisione
L’acqua può essere considerata una via di comunicazione strategica e di coesione in termini di sviluppo dei territori e allo stesso tempo costituisce un elemento di frammentazione per le comunità abi(li)tanti di una stessa zona frutto di utilizzi privatistici e approcci estrattivi (acque reflue, barriere architettoniche, ecc.);
. Ambiente / Sviluppo
Un approfondimento sull’ambiente marino e fluviale genovese per portare all’attenzione la responsabilità individuale e civica rispetto allo sviluppo futuro della città in rapporto alle sue acque: il processo di assunzione di consapevolezza è espressa dalle diverse associazioni attive sul territorio.
Costruendo una micro-geografia immersiva e sinestesica (sonora, filmica, fotografica e gestuale), che si articola in registrazioni ambientali, una composizione musicale per percussioni e voce eseguita dal vivo e in dialogo con una videoproiezione a essa sincronizzata, un’installazione composta di immagini e di una collezione di reperti dell’ultimo rio con sbocco diretto al bacino portuale, il Molinassi, la cui foce e il cui ecosistema sono ora stravolti dal cantiere di ribaltamento a mare di una nuova banchina di Fincantieri, si è cercato di attivare le sensibilità e produrre un pensiero critico sull’identità e il ruolo dei corpi idrici e sul concetto di bene comune.
La Carta dei diritti dei corpi idrici (Genova, 2021), distribuita alla fine dello spettacolo e qui pubblicata per la prima volta, intende “costruire il punto di partenza per un cambiamento di prospettiva e di comportamento delle persone, per stimolare una nuova (ancorché antica) consapevolezza del ruolo fondamentale per il presente e futuro di fiumi, rii, torrenti, mari e acque piovane, che possa attivare un percorso collettivo di custodia degli stessi a livello locale e una modifica rapida della legislazione comunale, regionale e nazionale, considerandoli soggetti di diritto” [3].
Polifonia testimoniale
Fabrizio Spiniello
L’alluvione del 2011 ha cambiato profondamente le nostre vite e il rapporto col nostro territorio: il dolore e la rabbia dei primi momenti non si sono tradotti in risentimento o vittimismo ma sono stati una spinta per ripensare a un riscatto del quartiere e delle persone che lo vivono. Nasce da lì il percorso dell’Associazione amici di Ponte Carrega.
Seppur nati con le vanghe in mano, ben presto ci rendiamo conto che oltre alla pratica va coltivata anche la teoria, in rete con altri gruppi e con le università con l’obiettivo di individuare le soluzioni migliori alle criticità del quartiere e della vallata. L’alluvione fu tragica e violenta ma ebbe la forza di far reagire un gruppo di cittadini dopo aver messo a nudo le fragilità del territorio: fu un evento disvelatore che ci mostrò la necessità di trovare rimedi. La cura del territorio è la strada per ridare dignità ai nostri territori feriti dall’alluvione e mortificati dalla speculazione.
L’acqua, elemento naturale che attraversa la valle e ne segna la storia, è il centro della vallata: la cura del nostro territorio passa anche attraverso il rispetto del fiume che scorre al suo centro.
Corpi Idrici. Studio per una città inabitabile, feticci urbani. Foce del Rio Molinassi. Nuvola Ravera, 2021
Nuvola Ravera
Il mio rapporto con l’acqua è nato quando ho fatto conoscenza dei “compagni della nostra infanzia” che, come sostiene Mary Wollstonecraft Shelley «avranno sempre un potere sulla nostra mente» (Wollstonecraft Shelley, 1818). Nel mio caso questi alleati erano di origine arborea, minerale, animale e acquatica, vivendo sulle coste in giacigli auto-costruiti, vicino a ruscelli dove lavarsi e raccogliere frutti e mari in cui pescare, spiagge dove dormire fuggendo da modelli di capitalismo pur essendone parte.
Più tardi, come artista, ho lavorato con l’acqua come identità da studiare, di cui fare conoscenza e da cui farsi narrare biografie, operando psicoterapie en plein air a enti ambientali in collaborazione con una terapeuta.
Ho prelevato liquidi, piante acquatiche, cercando di avvicinarne le forme interne, renderle sculture temporanee d’acqua al fine di lavorare sulla criticità del patrimonio ambientale, offrirlo in un banchetto al pubblico in rappresentazioni edibili, mettere in crisi il senso della cattura, dell’uso e dell’iniquità delle risorse e chiederci chi possiede cosa e quale fosse il senso di tale relazione di dominio. Attraverso Corpi Idrici, «come percorso artistico strumentale per stare nel problema» (Haraway, 2019 pp. 13) ci siamo confrontatə sui diversi punti di partenza e posizionamenti linguistici in modo da mettere in campo le nostre risorse interne così da fare esperienza in prima persona delle biografie dei corpi idrici genovesi.
Di queste istanze acquatiche si sono suonate alcune sinfonie, raccolto reperti, prodotto documenti e tracce sui suoi arti e provato a coglierne parti di molteplicità in quelle zone liminali del dibattito tra pubblico e privato esplicati in servizi e risorse considerati fondamentali. La costituzione di tavoli di lavoro e di autoformazioni, con la funzione di giungere a un’opera multimediale, si è strutturata attraverso la ricerca sul campo, mediando i possibili diritti di un patrimonio accidentato e perlustrandone le più rilevanti e sospese contraddizioni all’interno del rapporto caritatevole nei confronti di un ambiente distrutto che secondo uno sguardo sempre coloniale necessiterebbe dei nostri continui rammendi in un gioco di distruzione e riabilitazione.
Gli strumenti di avvicinamento, quali un’indagine fotografica e filmica, le registrazioni di paesaggi sonori, il disegno automatico sui percorsi attuati, il canto all’interno delle viscere di buie e affascinanti strutture idrauliche prive di forme di vita, sono stati tutti pretesti linguistici per negoziare indizi, sintomi, richieste riguardanti la strumentalizzazione funzionale dei beni comuni fondamentali espressi in questa sede.
L’opera prodotta come dispositivo in divenire, organico e trasformativo, si avvale anche di una prima ipotesi di trascrizione per una carta dei diritti dei Corpi idrici, consapevoli della presenza di conflitti e interessi d’uso che dovrebbero confrontarsi con una titolarità diffusa.
Alle nostre acque proviamo a conferire la possibilità di essere soggetto autonomo in parte dismesso dalla totale sovranità dei comuni e dei governi. Tentiamo di suggerire il diritto alla reciprocità tra gli enti che compongono la natura, perseguendo un diritto che introduca una cooperazione con i beni ambientali, che stimoli lo sviluppo di relazioni reciproche.
I soli strumenti che abbiamo messo in campo sono stati quelli dello studio della conoscenza attraverso una poetica dei rapporti gentili, una pratica meno invasiva e trasformativa al fine di costruire delle zone protette, spazi sottratti e resistenti, sapendo che anch’essi non sono neutri né tanto meno liberi da interessi e giochi di potere e necessità.
Anna Positano
La varietà dei corsi d’acqua sotterranei è ampia, da un piccolo tubo di cemento a un invaso che previene le alluvioni, o semplicemente un rivo ricoperto di strade e industrie. Prima di esplorare questi luoghi, mi immaginavo antri bui e umidi; la prima volta che ho messo le gambe del cavalletto dentro l’acqua ho provato repulsione, pensando a qualcosa di sporco e inquinato, una fogna. E invece, osservando meglio, ho capito che la natura si stava riappropriando di questi luoghi antropizzati così ostili, abitandoli con alghe, felci, pesci, ragni, quasi una forma di resistenza.
Sembra di trovarsi in un mondo parallelo che funziona con le sue logiche e i suoi equilibri. Un mondo in cui tempo e spazio lavorano in modo quasi autonomo rispetto alla superficie. Lì la luce non esiste, se non ai margini o in forma di interstizi. Il buio mi impedisce di capire che ora del giorno sia e, in qualche modo, da quanto tempo mi trovi sotto, ma soprattutto influenza la mia percezione dello spazio. Entrano in gioco meccanismi fisiologici per cui, alla riduzione della vista, gli altri sensi si manifestano con prepotenza. Nel mio caso, per interpretare lo spazio, il tatto è prevalente, molto più affidabile della vista. Distanze e proporzioni che visivamente appaiono ingenti, si rivelano ridotte; le forme delle cose cambiano mano a mano che mi avvicino, diventano ambigue, perturbanti.
Matteo Manzitti
“Sinfonia” è per me una parola cara, ma da guardare di solito dal basso verso l’alto. Ricordo ancora la sua definizione scolastica: “suonare insieme”, ma soprattutto ho bene in mente la sua storia nel campo della creazione musicale, una forma che ha ospitato forse le vette più alte della musica europea. Eppure da questa parola si è partiti per ridisegnare la natura musicale dell’Atlante degli Immaginari, un progetto di studio sui cosiddetti Corpi Idrici di Genova e della Liguria. Sinfonia è anche, nel lessico mahleriano, la “costruzione di un mondo”, complementare e alternativo al mondo che vediamo sempre là fuori. Eppure per me era proprio parte di quel mondo là fuori che mi chiedeva di entrare dentro, di farsi discorso musicale, di diventare una sinfonia appunto, un sistema di relazione coerente che evolva nel tempo.
Abbiamo registrato molti di questi Corpi Idrici: corsi d’acqua, fiumi tombati, scolmatori, ma non certo e solo per mappare l’acustica quanto per capire se qualcosa di queste entità ci riguardi, risuoni con noi. Prima bisogna ascoltare. E poi domandarsi se possa esistere un linguaggio di mezzo, una terra di scambio. Nella sinfonia queste fonti sonore sono spesso riconoscibili, ma per capire quanto i Corpi idrici ci riguardino è stato necessario e sarà necessario lavorare su parole chiave, sulle forze e i tratti che questi corpi possiedono. Sono loro a indicare la via e perfino la voce, appunto, basta ascoltare. E sia i boschi che le foreste si rivolgono al suono per imparare una lingua.
Nicolò Servi
Facevo sempre sogni ambientati in un frutteto dove vivevo. In uno prendevo un sentierino che c’è nella realtà ma che nel sogno arrivava verso il mare fino a una misteriosa spiaggia di ciottoli dietro la stazione di Genova Sestri Ponente. Al risveglio mi chiedevo cosa ci fosse realmente in quel punto, dietro lo stabilimento di Fincantieri al confine col mare, non potendolo vedere nascosto dalle barricate di industrie e confini del porto. Come poter arrivare a vedere che tipo di paesaggio c’è sulla costa?
Vidi dal satellite che il rio Molinassi si infilava sotto la strada prima del porto e che in qualche modo sfociava in una strana vegetazione tra le industrie. Ho cercato l’accesso al rio e da lì sono partito. Trovai molte più meraviglie e misteri che nel sogno, e nel corso delle esplorazioni e ricerche successive fui incuriosito dalla connotazione che si dà a un fiume, alla proprietà demaniale e ai suoi conflitti di interessi, ai percorsi leciti ma nascosti come propri di una realtà parallela, dalle contraddizioni e carenze di una norma che dovrebbe solo tutelare questo aspetto così vitale del territorio dalle enormi potenzialità di movimento.
Non sembrava esistere un mezzo che potesse percorrere i fiumi non navigabili. Sulle loro superfici non ci si può andare in macchina o con una moto (e poi con i salti delle cascate). Una piccola imbarcazione fluttuante sarebbe perfetta. Effettivamente ne è stata inventata una 170 anni fa che funzionerebbe a meraviglia al fine di percorre il mondo attraverso questa rete di vie acquatiche a pochissimi metri dal suolo: un piccolo dirigibile di una dozzina di metri rientrerebbe nei parametri relativi alla navigazione entro i quali potrebbe essere libero da vincoli, come la bicicletta o una piccola imbarcazione che non si allontana molto dalla costa, in una dinamica di vivere e preservare il territorio.
Mi propongo sempre di trovare altre persone interessate a un’osservazione di questa parte di natura, per estendere mappe, conoscenza ed esperienze verso i fiumi come flussi di passaggio, verso questo modo di spostarsi. Si dice che non si può inquinare e si inquina, si dice che si può percorrere e non si percorre perché il passaggio è interdetto. Il mondo è pieno di luoghi inaccessibili e dimenticati, luoghi di soglia. Quello che vedi accadere lì è come se accadesse in una realtà parallela, potendoci stare dentro con un’attitudine fattuale delle pratiche moderne, la distanza fra noi e questi corsi potrebbe ridursi e permetterci di conoscere meglio le identità territoriali e paesaggistiche, frequentarle e salvaguardarle o semplicemente percorre una delle linee più primitive di spostamento sconosciute e deserte, ma vive.
Lucia Bergamaschi
Mi è stato chiesto di contribuire al progetto Corpi Idrici attraverso una delineazione dello status giuridico, attualmente riservato agli organismi vegetali, e casi studio che sono stati in grado di creare slittamenti normativi e nuove aperture. Premetto che non sono cultrice della materia, nonostante le mie due formazioni giuridico-artistica, ma trovo il tema di estrema attualità e problematicità. La questione fondamentale alla base – che tormenta altresì il rapporto tra arte e diritto – riguarda il prendere coscienza del fatto che qualsiasi nuova definizione e apertura è al contempo una delimitazione ed esclusione. Nel momento in cui agisco, per esempio, per la tutela di un fiume, non solo mi pongo come portavoce di qualcosa che non potrò mai conoscere fino in fondo, ma soprattutto escludo altri organismi come le piante, i minerali o le radici di quegli alberi che rendono l’acqua del fiume pulita. Fino ad oggi la tutela dei vegetali è passata attraverso la tutela della salute e vita per l’uomo: tuteliamo gli alberi perché ci danno l’ossigeno e ci fanno vivere, creiamo verdi urbani per bilanciare i danni provocati dall’inquinamento dell’aria, ma anche acustico, quindi, un ipotetico diritto alla salute/vita di un albero è strumentale al nostro diritto alla salute/vita.
Negli ultimi anni, soprattutto in Francia, si è aperto un dibattito che riguarda la possibilità di riconoscere agli organismi vegetali soggettività giuridica, ovvero la possibilità di vantare diritti, circostanza che è strettamente collegata alla possibilità di agire in giudizio. Se questo pare creare problemi di rappresentanza [2], già nel 1972 un noto autore americano, Christofer Stone, aveva proposto la figura del guardian come corrispettivo del tutore del minore, ritenendo che il concetto di capacità-soggettività giuridica si evolvesse nel tempo e che la natura potesse considerarsi portatrice di interessi propri (Stone, 2010).
A riprova di questo nel 2017 in Nuova Zelanda, è stata riconosciuta soggettività giuridica al fiume Whanganui, da sempre considerato essere vivente ed elemento sacro dalla comunità Maori (Iwi). Un membro della popolazione Maori assieme a uno del governo saranno custodi e rappresentanti legali del fiume, anche dinanzi ai tribunali laddove fosse necessario. Per quanto sia un esempio interessante, due sono le problematicità ravvisabili. La prima riguarda la tutela solo del fiume che esclude sia il bacino che gli altri organismi con cui questo intesse relazioni; la seconda, più giuridica, riguarda il necessario bilanciamento di interessi che insistono sullo stesso fiume: ad esempio, la presenza della Paddle Steamer Waimarie, un piroscafo a vapore degli anni ’50 restaurato negli anni 2000 che assieme al Riverboat Museum (museo del battello fluviale) organizza diverse crociere lungo il fiume. Come facciamo a stabilire se il fiume è o meno danneggiato da queste crociere? E nel caso in cui lo fosse, quale valore prevarrà quello culturale del piroscafo o quello sacro della comunità Maori?
Un altro esempio del 2017 e proveniente da un ambito più artistico è quello di terra0, dove, per riconoscere piena autonomia a una foresta, ci si è appoggiati al neonato sistema blockchain che avrebbe permesso alla foresta di essere proprietaria di se stessa. Questo non senza passare da una fase iniziale in cui la foresta si indebitava con l’uomo per avere il capitale iniziale da reinvestire in se stessa. Ma una foresta non si possiede già?
Quando ci siamo immaginati una stesura dei principi fondanti una soggettività giuridica dei corpi idrici, abbiamo tenuto in considerazione questi casi e non solo. Consapevoli del lungo processo che richiede il riconoscimento di diritti, abbiamo guardato alla tutela apprestata nel tempo ai minori, prendendo a modello la forma della Dichiarazione. Non dunque una Carta (costituzionale) come suggerisce Stefano Mancuso nel suo libro La Nazione delle piante ispirandosi alla carta costituzionale italiana, perché ci è sembrato qualcosa di dato e non in-farsi, come se saltasse delle tappe.
Abbiamo inoltre pensato all’importanza della descrizione dell’oggetto-futuro-soggetto, soprattutto affinché ci mostrasse la difficoltà di contenimento e di riduzione di una questione così complessa. A tal proposito è stata fondamentale la Déclaration des Droits de l’arbre (Dichiarazione dei diritti dell’albero) dell’Associazione francese A.R.B.R.E.S. che inizia proprio descrivendo l’albero. Sebbene soffra di “specismo” è stato uno dei pochi documenti che si è confrontato con la difficoltà della delimitazione descrittiva superando il valore meramente monumentale dell’albero. Nel nostro caso un’estensione semantica era favorita dal fatto che il progetto non si concentrava su un fiume specifico, ma su un sistema complesso di reti idriche, composte da fiumi (anche tombati), torrenti e ruscelli. I diritti che si andavano profilando erano quelli per la tutela di un ecosistema idrico che, oltre a essere un bene paesaggistico nel suo complesso, è risorsa per altri esseri viventi con i quali vive in relazione.
Sviluppi
«Tutti a dire della rabbia del fiume in piena e nessuno della violenza degli argini che lo costringono» (Brecht, 1930).
Quella che sembrava inizialmente una ricerca che confluisce in uno spettacolo, si è rivelata un campo aperto a esplorazioni multiple e successive.
Intendiamo costituire un Parlamento dei corpi idrici [4], per raccogliere ulteriormente storie e memorie dal territorio. Sarà un organismo assembleare e informale che si riunirà nei prossimi mesi per mettere a confronto associazioni di cittadinanza attiva, attivistə, ambientalistə, studentə e chi vorrà partecipare a un percorso che prende le mosse dal Teatro dell’oppresso di Augusto Boal [5].
All’orizzonte vi è una prossima restituzione pubblica, al Teatro della Corte a Genova, proprio di fronte all’opera di tombamento del Bisagno, che ha fortemente impattato l’assetto idrogeologico della città.
Ma il flusso sarà, speriamo, continuo.
«The flow and flush of waters sustain our own bodies, but also connect them to other bodies, to other worlds beyond our human selves» (Neimanis, 2017).
Disegni automatici sul percorso di un fiume, Nuvola Ravera, 2021
Note
[1] Le due dimensioni, portuale e fluviale non sono poi necessariamente antitetiche. Il caso di Genova pare ricondurre a una sua fondazione di porto fluviale, come descritto da Renzo Rosso in: Bisagno. Il fiume nascosto, Marsilio Editori, 2014 : “Genova è la contaminazione etrusca di un nome più antico, celtico-ligure, Ghenaua, omologo a Ginevra che significava bocca, imboccatura, proprio perché la città è nata alla foce o bocca del Bisagno”.
[2] Si veda, tra gli altri, l’articolo su Christofer Stone di Emily Langer, sul Washington Post
[3] Corpi Idrici. Sinfonia da una città è una produzione Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e Forevergreen.fm, nell’ambito del progetto Atlante degli Immaginari. Con il sostegno di Fondazione Cariplo.
Direzione artistica: Alessandro Mazzone, Anna Daneri / Composizione: Matteo Manzitti, Matteo Casari
Ricerca e documentazione: Gaia Cambiaggi, Anna Positano, Nuvola Ravera, Nicolò Servi /Regia del suono: Danilo Gervasoni / Regia: Elisabetta Carosio, Elisa Giuliano, Nuvola Ravera / Produzione: Luca Pacchioni
Musicisti: Rossana Bribò (percussioni), Eugenia Amisano (voce), Danilo Gervasoni (electronics), Rinaldo Marti (field recording) / Video editing: Samuele Würtz, Anna Positano / Composizione grafica e allestimenti: Matteo Casari, Gaia Cambiaggi /Performer guida: Student* del corso di laurea di Discipline delle Arti, della Musica e dello spettacolo – Università degli Studi di Genova / Con la collaborazione di: Carmen Andriani, Lucia Bergamaschi, Francesca Berni, Giovanni Besio, Antonio Bruno, Laura Castellano, Marco Colombini, Barbara Costantino, Alice Giuliano, Juan Lopez Cano, Matilde Orlando, Carla Peirolero, Marina Petrillo, Fabrizio Spiniello, Antonio Tancredi, Maria Pina Usai e Associazione Amici di Ponte Carrega, Associazione culturale Aegua Fresca, Genova NO FUMI NAVI NO INQUINAMENTO, Dipartimento Sostenibilità dell’Università di Genova, Ufficio Resilienza del Comune di Genova
[4] Riferimento a The Parliament of Bodies, programma pubblico CONCEPITO da Paul B. Preciado per Documenta 14 e Bergen Assembly 2019
[5] Con il metodo del Teatro dell’oppresso daremo voce ai corpi idrici, nei laboratori condotti da Alessandra Vannucci, drammaturga, regista e docente di regia all’Università Federale di Rio de Janeiro
Bibliografia
Brecht B., On Violence [Über die Gewalt] (1930s), in Willett J., a cura di, Bertold Brecht Poems, 1913-1956, Routledge 1976.
Consigliere S., Paravagna S., Da dentro: relazioni con il possibile, in Coppo P., Consigliere S., Paravagna S., 2008. Il disagio dell’inciviltà. Forme contemporanee del dominio. Edizioni Colibri, Paderno Dugnano (MI) 2008, pp. 103-137.
Ginzburg C., Spie. Radici di un paradigma indiziario, in Gargani A. (a cura di), Crisi della ragione, Einaudi, Torino 1979, pp. 57-106.
Haraway D., Chtulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto. Nero Edition. Roma 2019.
Hillman J., L’anima del mondo e il pensiero del cuore. Piccola Biblioteca Adelphi. Milano 1992.
Mancuso S., La Nazione delle Piante, Laterza 2019, XIII rist. 2021.
Neimanis A., Bodies of Water. Posthuman Feminist Phenomenology, Bloomsbury Academic, 2017.
Stone C. D., Should Trees Have Standing? Law, Morality, and the Environment, Oxford University Press, Oxford 2010 [prima pubblicazione Stone C.D., Should Trees Have Standing? 1972]
Wollstonecraft S. M., Frankenstein; Or the Modern Prometheus, Lackington, Hughes, Harding, Mayor & Jones, London 1818.
Anna Daneri è curatrice indipendente. Attualmente sta lavorando per la GAMeC Bergamo insieme a Lorenzo Giusti al progetto di mostra Nulla è perduto. Arte e materia in trasformazione (2021). Co-fondatrice di Peep-Hole, spazio indipendente attivo a Milano dal 2009 al 2016, dal 2013 è responsabile del Meru Art*Science Research Program. É parte del Comitato Promotore dell’Archivio Atelier Pharaildis Van Den Broeck e dal 2021 è co-direttrice artistica di Forevergreen.fm e del festival Electropark.
Nuvola Ravera è artista e ricercatrice. Ha svolto un percorso variegato, oscillando fra studi di discipline artistiche, antropologia, psicologia e pedagogia. Elaborando il modello della mediazione clinica presso il Centro Studi Sagara (PI), indaga un’applicazione alla pratica artistica come campo di esercizio di mediazione per ri-figurare le pratiche di alienazione e dominio. Ha esposto e collaborato con diverse istituzioni tra cui: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo Torino, Macro Roma, Transmediale Berlino, Villa Croce Genova, Forum Sociale Mondiale degli abitanti di Tunisi, Ex Lanificio di Napoli, Atelierhaus Salzamt Linz, Fabbrica del Vapore Milano.