Fluid Heritage
Cetriolini e pesci pagliaccio. Rompere le norme di genere nella letteratura illustrata per l’infanzia
di Elena Fierli, Giulia Franchi, Giovanna Lancia, Sara Marini - Scosse

1. La costruzione del genere. Da Storia di Giulia a Aldo e Rosa [1]
Rosa e il suo inseparabile amico immaginario Aldo osservano sdraiati con aria perplessa la stanza capovolta. «Ci sono momenti in cui ci si sente sbagliati». «A Rosa capitava sempre più spesso».
A metterla in crisi è la richiesta della madre di mettere il bikini per andare in piscina. «‘Ma io metto sempre i pantaloncini da mare!’ ‘Sì però adesso è diverso, Rosa. Ti serve…’». Il primo piano della bambina con gli occhi spalancati e la bocca tirata accompagna quella che sembra una sentenza di condanna: «Il pezzo di sopra!».
«‘Magari, da qualche parte, c’era un paese all’incontrario, dove il sotto va di sopra e tutto funziona al rovescio’. ‘Però forse lei sarebbe stata strana anche nel paese all’incontrario’». E ritroviamo Rosa a testa in giù con lunghi capelli biondi, un bikini rosso e le braccia conserte.
Ma la ragazzina non demorde e nel percorso di crescita e di auto affermazione della propria identità cerca e trova in un paio di forbici la sua via d’uscita da un’immagine già cucita su di lei. «Voleva trovare il modo per essere Rosa e basta, a modo suo».

Susanna Mattiangeli e Mariachiara Di Giorgio, Aldo&Rosa, Internazionale Kids

La tavola successiva si apre con Rosa che si tuffa gridando in piscina con i pantaloncini e una canottiera tagliata, nell’entusiasmo dell’intera compagnia.
Rosa è una ragazzina vivace dai capelli corti scarmigliati, protagonista del fumetto a puntate Aldo & Rosa scritto da Susanna Mattiangeli, illustrato da Mariachiara Di Giorgio e pubblicato sul mensile Internazionale Kids.
Una ragazzina difficile da incasellare, che sfugge, nella costruzione di un’identità libera, alla visione dicotomica imposta dalle persone adulte, capace di interrogarsi e interrogare, di trovare sostegno in un amico invisibile, ma anche di costruire relazioni forti e solidali. Un bell’esempio di narrazione per immagini rivolta all’infanzia che, senza mettere a tema il genere in modo didascalico, centra con leggerezza, in un perfetto dialogo tra testo e illustrazioni, alcuni nodi chiave minando la cis-eteronormatività dominante e gli stereotipi di genere che ne sono prodotto e veicolo.
Albi illustrati e fumetti rappresentano spesso un primo accesso alle immagini e, in modo trasversale, una prima forma di consapevole o inconsapevole educazione al visivo. È anche attraverso di essi che ogni persona costruisce il proprio immaginario, da cui attinge nel momento di riconoscersi e indagare possibilità e tipologie di relazioni. Allargarne quanto possibile le maglie dà la possibilità di abitare lo spazio simbolico condiviso a corpi non esclusivamente iper-normati, abili, prestanti e conformi a una categorizzazione binaria, ma a identità altre, fluide, in trasformazione.

Caposaldo indiscusso su questo fronte è Storia di Giulia, che aveva un’ombra da bambino di Christian Bruel e Anne Bozellec, pubblicato in Francia nel 1975 come autoproduzione, arrivato in Italia nel 1978 nel pieno delle battaglie femministe con le edizioni Dalla parte delle bambine e tornato alle stampe quarant’anni dopo, grazie alla casa editrice Settenove. Anche in questo caso, nelle belle immagini in bianco e nero, accese solo da un tocco di rosso-arancio, va in scena il conflitto tra ciò che Giulia sente di essere e le aspettative che la madre e il padre ripongono su di lei, tra il riconoscersi e l’essere riconosciuta.

Christian Bruel e Anne Bozellec, Storia di Giulia che aveva un’ombra da bambino, Settenove 2015 

«È fuori questione che io ti porti in giro in questo stato!
Giulia, qui finisce male, vai a pettinarti meglio!
Parola mia, tu lo fai apposta! Sai benissimo che questo maglione è strappato. Ora lo butto via.
Ecco, ora sì che sei bella, tesoro mio, adesso ti riconosco.»

Ad articolare il processo di costruzione identitaria è il confronto costante tra la percezione che si ha di sé e l’identità assegnataci dall’esterno, nel rapporto con le figure per noi significative e con le strutture sociali in un processo dialogico interno ed esterno.
Ragionando del riconoscimento delle culture minoritarie o subalterne, il filosofo canadese Taylor definisce l’identità come «[…] visione che una persona ha di quello che è, delle proprie caratteristiche fondamentali, che la definiscono come essere umano […]» (Taylor, 2005, p. 9). Questa definizione mette in luce come la questione identitaria non possa considerarsi esaurita senza trovare il suo completamento nella dimensione interpersonale che si ricollega alla questione della richiesta di riconoscimento, particolarmente significativa: come sottolinea lo stesso Taylor, «[…] il non riconoscimento o il misconoscimento, può danneggiare, può essere una forma di oppressione che imprigiona una persona in un modo di vivere falso, distorto e impoverito […]» (Taylor, 2005, p. 9).
Così nell’albo Gli altri, scritto da Susanna Mattiangeli e illustrato da Cristina Sitja Rubio (Topipittori, 2014), la persona che narra pare raccontare «del modo in cui acquisisce consapevolezza – da un lato – del suo essere responsabile e autonomo e – dall’altro – di essere inserito in un contesto sociale che impone norme e modi», come afferma Irene Barrese (2015) sottolineando anche che «i legami sociali sono quindi essenziali e decisivi per la strutturazione del sé, che avviene a partire dalla riflessione su chi sia l’altro, che cosa faccia e come considera quello che avviene.»
Se dunque il cambiamento di prospettiva e il questionamento de Gli altri «ci mostrano», ancora Barrese, «gli spazi della socialità, quelli in cui il singolo viene inserito nella rete della normatività e della cultura: luoghi nei quali trafficano i simboli significanti che il bambino incorpora. I personaggi che vediamo fra la folla sono tutti incarnazioni delle possibilità di divenire che il piccolo ha davanti a sé: crescere vuol dire operare delle scelte di esistenza», allora l’esclusione, la condanna al silenzio e alla non visibilità sono lo stigma peggiore per un essere umano, che ha bisogno del riconoscimento proveniente dall’esterno per vivere socialmente, per posizionarsi nel mondo.
E, per tornare a Giulia, la ragazzina, non sentendosi riconosciuta, vede la sua ombra trasformarsi in quella di un bambino. Un’ombra che troppo spesso non le risponde perché non le corrisponde.

«Ora lei non sa più a chi somiglia.
Persino lo specchio non la riconosce più.
Stasera Giulia è triste. E se avesse ragione l’ombra?
Lei non può essere che un maschio… mancato, per giunta,
con quella fessura tra le cosce che ama accarezzare dolcemente.
Giulia non sa più chi è perché per essere amata
dovrebbe essere un’altra.»

Christian Bruel e Anne Bozellec, Storia di Giulia che aveva un’ombra da bambino, Settenove 2015 

La liberazione e la consapevolezza finali, avvengono grazie all’incontro con un’altra identità non conforme, un bambino “con la testa da bambina”. Il risultato è una delle immagini più originali e riuscite, non solo nella letteratura per l’infanzia, per spiegare la gabbia del binarismo di genere e la presa di coscienza del diritto a essere ciò che si è.

«È come se ognuno dovesse stare nel suo vaso.
Come i cetriolini?
Sì, come i cetriolini.
I cetriofemmine dentro un vaso, i cetriomaschi dentro un altro,
e i maschifemmine? Non si sa dove metterli.
Io credo che possiamo essere femmina e maschio,
entrambi alla volta se si vuole.
Al diavolo le etichette. Abbiamo il diritto!
Tu credi?
Certo che abbiamo il diritto.
Sì. Ma cosa racconteremo?
Diremo che ci siamo persi e poi ci siamo ritrovati.»

2. L’identità di genere come costruzione culturale. Binarismo e cis-eteronormatività
Il genere come costruzione culturale, come modo di pensarci individualmente e nelle relazioni come esseri sessuati, condiziona il nostro modo di stare al mondo, di leggere la realtà, di comportarci e di interpretare le esistenze e i modi di agire altrui.
Fin da quando nasciamo, anzi con le diagnosi prenatali ben prima di quel momento, ci viene assegnato un sesso categorizzato come maschile o femminile sulla base di caratteristiche fisiche, cromosomiche, ormonali, che attribuiscono lo stigma della non conformità alle persone, intersessuali, i cui corpi presentano caratteristiche differenti dai canoni.
Nella maggior parte dei libri dedicati ai corpi, alle sessualità e ai cambiamenti durante la crescita, è ancora più difficile trovare rappresentazioni che non siano binarie e cis-eteronormative: i titoli per adolescenti spesso divisi per “maschi” e “femmine”, alimentano la segregazione delle tematiche e delle esperienze e un approccio sanitario e riproduttivo. Si accetta, seppur in modo apparentemente incidentale, di parlare di omosessualità, in appendice, come di un argomento da affrontare senza dare troppo nell’occhio e, comunque, marginale e problematico.
La società in cui cresciamo non prevede e non legittima che le persone compiano in autonomia la propria designazione di genere basandosi sulla percezione che hanno di sé, ma questo è per l’appunto un aspetto contestuale, non universale (Ansara, Hegarty, 2014). Riceviamo (e forniamo), da subito e per tutto il corso della vita, stimoli che educano a seguire norme che prescrivono cosa sia o meno consono fare, immaginare, desiderare, in base alla nostra attribuzione come maschi o femmine. Nei primi anni di vita siamo estremamente sensibili agli stereotipi che ci forniscono indicazioni rigide, che indirizzano le nostre scelte nel gioco, nell’espressione dell’emotività e della personalità, nella percezione che abbiamo della nostra identità, limitando sensibilmente il numero delle possibilità di sperimentare e di immaginare prospettive di vita, interessi, esperienze (Martin, Ruble, 2009).
Ma «gender is not a binary concept but instead represents a spectrum or constellation of variations». (Fabes, Martin, Hanish, 2019 p. 2)
La cis-eteronormatività vigente ci porta ad assumere come dato naturale che al mondo esistano due generi, maschile e femminile, polarizzati nelle loro differenze di caratteristiche, ruoli e propensioni, che dunque si completano a vicenda nell’unione eterosessuale, invisibilizzando e discriminando le esistenze di tutte quelle soggettività non conformi a questo modello dominante (Ansara, Hegarty, 2014).
Uno dei pochissimi titoli che, in Italia, esplicita la possibilità di esistenze non cis-eteronormate attraverso i racconti delle vicende de* protagonist* è Sesso è una parola buffa, di Cory Silverberge Fiona Smyth (Terranuova, 2017), un manuale a fumetti per gli ultimi anni della scuola primaria, in cui le relazioni, le amicizie, la sessualità e l’affettività sono narrate da un gruppo di persone, ognuna caratterizzata da particolarità differenti ma nessuna etichettata secondo categorie binarie.
Ma non sono molti, ancor meno in Italia, gli albi illustrati, non a tema, che mettono in scena molteplici espressioni di genere, e lo fanno spesso a partire dal gioco dei travestimenti o dalla scelta di un aspetto non conforme de* protagonist*. C’è il canadese Morris Micklewhite and the tangerine dress di Christine Baldacchino e Isabella Malefant (Groundwood books/House of Anansi press, 2014), che si scontra con i pregiudizi de* compagn* di classe perché ama indossare uno svolazzante vestito rosso arancio che evoca le tigri, il sole e i morbidi capelli della mamma, e il catalano Elniñoperfecto di BernatCormand Rifà e Alex González (SdEdicions, 2012) che con le eleganti illustrazioni dal sapore liberty e il testo delicato svela come la libertà di essere e di esprimersi possa venire relegata a un’esperienza segreta e notturna per un bambino da tutt* considerato “impeccabile” (interessante l’autocensura operata dalla casa editrice SD che ha inserito l’albo in una collana per adult*). E ancora Neitherdi Anderson Airlie (Little Brown Books for Young Readers, New York, 2018), un titolo destinato alla prima infanzia che dà forma alla possibilità di essere “neither”, né l’un* né l’altr* o entrambe le cose, per una società che garantisca spazio e agio a ogni soggettività. Di pesci, corpi e sirene ci parlano in Italia Julián è una sirena di Jessica Love (Franco Cosimo Panini, 2019), migliore opera prima alla Bologna Children’sBookfair 2019, e Io sono mare di Cristina Portolano (Canicola Edizioni, 2018) che invitano a sperimentarsi e interrogarsi con libertà e piacere alla ricerca o verso il superamento della propria identità.

Cristina Portolano, Io sono Mare, Canicola edizioni

Unico nel suo genere, per l’immediatezza del rapido segno a matita e la splendida traduzione di Giusi Quarenghi, e soprattutto per come affronta in modo aperto il tema del transgenderismo e dei conflitti per l’affermazione di sé, è Buffalo Bella (Settenove 2017) che Olivier Douzoudedica alla figlia.
La piccola protagonista con la sua frangetta nera ama le spade e i cowboy.

«A quel tempo
non c’era problema
potevo essere Bill
potevo essere Bella
Annabill e Buffalo Bella.
E intorno, tutti d’accordo
sono cose da bambini,
giochi buffi, scherzi da poco.
Chi ride sorride, non teme, non trema.»

Ma la crescita porta con sé gli interrogativi, resi conflitti da quelle vocali finali e quegli articoli che non coincidono più con ciò che appare, con le aspettative esterne, con una società che ha bisogno di categorie stabili.

«Allo stato civile
non sanno come trattare
chi non sta in una sola casella
chi non sta in una sola vocale.
Lei o lui
il o la
non è più
un dettaglio
futile.»

Un percorso tortuoso, Annabill ormai Buffalo Bella cresce e resta l’unica a riempire con la sua immagine in trasformazione il susseguirsi delle pagine. La conclusione l’avvicina a Rosa e a Giulia nell’affermazione orgogliosa della propria identità liberata:

«Io sono chi sono
Io sarò chi voglio»

Olivier Douzou, Buffalo Bella, Settenove 2017

3. Gli albi illustrati: educare all’immagine per dare voce alla complessità
Sono quindi gli albi illustrati, sistema di per sé complesso nella perenne compenetrazione e tensione tra immagine e parola, che possono far sì che anche le piccole persone riescano a entrare nella narrazione, riconoscervi le proprie storie e attivare quel meccanismo di appartenenza che ci permette di memorizzare le immagini e ritrovarle, all’occorrenza, in questa rappresentazione del mondo costruita pagina dopo pagina (HandlerSpitz, 2001). Immagini e storie che restituiscano da una parte la ricchezza e le infinite possibilità delle esistenze e dall’altra aiutino a riconoscersi e a sentirsi legittimat* nel rivendicare il nostro modo di essere. Ma se artist* e istituzioni culturali cominciano ad aprire le porte alle rappresentazioni di un nuovo modo di porsi di fronte alla realtà, fluido, inclusivo, queer, la produzione mainstream dell’editoria per l’infanzia propone ancora, in molti casi, letture timide e stereotipate, a conferma della tensione tra tradizione e resistenza al cambiamento e responsabilità educative e trasformative.
Se ben utilizzati e mediati, i libri illustrati di qualità possono essere strumenti dirompenti nello scardinamento di stereotipi di genere e nell’educazione dello sguardo, che dobbiamo imparare a esercitare per cambiare punti di vista, cogliere dettagli non espliciti, vedere cose non necessariamente rappresentate. Competenze della capacità di guardare che ci insegnano a pensare in modo differente, ad accogliere senza turbamenti pluralità e sconfinamenti rispetto alla norma, e a considerare senza tabù e pregiudizi ciò che siamo e ciò che sono le altre persone.
Possono essere una sponda “salvavita” in situazioni di discriminazione e violenza, di isolamento e non accettazione da parte del gruppo dei pari o, più in generale, della società. Ma hanno bisogno di un contesto solido, che li consideri strumenti importanti e che sappia contemporaneamente porre l’attenzione su molteplici elementi: un linguaggio cis-eterosessista, la trasmissione più o meno consapevole di stereotipi, il giudizio o addirittura la censura verso comportamenti “non conformi”, famiglie “non tradizionali”, orientamenti non eterosessuali.
Riteniamo sia a questo punto necessario un breve inciso sui libri a tema: essenziali e urgenti per raccontare esperienze di vita comune troppo spesso invisibilizzate, importantissimi affinché persone bambine possano ritrovarsi in quelle storie, rischiano però talvolta di risultare didascalici e si rivolgono, nella maggior parte dei casi, a un pubblico di nicchia, già direttamente coinvolto dal tema, per vissuto personale o per motivi di lavoro (Gramantieri, 2012). Affrontare l’omosessualità, l’omo-bi-transfobia, le discriminazioni come temi, quasi sempre legati all’ambito familiare e narrati spesso attraverso storie di famiglie omoparentali, ha portato in molti casi a riproporre schemi di categorizzazione binaria e stereotipi di genere. Sarebbe, invece, importante che anche in Italia si cominciassero a tradurre e pubblicare libri che diano spazio a nuove narrazioni e nuove rappresentazioni dei generi come esperienze permeanti le nostre vite e il nostro immaginario collettivo.
Nell’albo pubblicato nel 2019 da Settenove, Il bosco in casa, di Sarah Vegna e AstridTolke, due adulti e una bambina piantano fragoline di bosco. Sul sito della casa editrice, troviamo la risposta alla nostra domanda:

«Perché questo libro?
Perché l’albo non mette l’accento sulle differenze della famiglia omogenitoriale ma sugli elementi che la accomunano a qualsiasi altra: la cura reciproca, l’affetto, la trasmissione delle conoscenze e il piacere delle attività praticate insieme.» [2]

Un altro libro, ancora atteso in Italia, in cui si narrano corpi e sessualità, scoperta del piacere, dell’affettività e dell’attrazione è Çachangetout!, di Cathy Ytak e Daniela Tieni, pubblicato nel 2017 da L’Atelier duPoissonSoluble. Corpi, orientamenti sessuali e amori sono rappresentati sconfinando oltre la categorizzazione binaria maschi/femmine e lasciando alle immagini il compito di narrare senza indicazioni e giudizi.


4. L’educazione alle differenze come strategia di scardinamento
Con Mi primer amor di Brane Mozetic, pubblicato da Bellaterra, invece, il tema dell’omosessualità e della censura operata da persone adulte, entra direttamente a scuola. L’albo narra la storia di due bambini che fanno amicizia, si innamorano e passano tutto il tempo insieme:

«Cuando tenía 6 años, tuve un gran amigo en el parvulario. Estábamos siempre juntos, en el patio, en el comedor, y cuando íbamos de excursión formábamos pareja. Peroeso a lasmaestras no lesgustó…».

Infatti, con la sua aura di autorevolezza e “oggettività” apparente, la scuola è il luogo in cui l’ordine di genere si trasmette e si radicalizza, sia nel gruppo dei pari che nella relazione con le persone adulte di riferimento (Abbatecola, Stagi 2017) come evidenziano Gamberi, Maio e Selmi (2010, p.18) nel volume Educare al genere: «La scuola stessa, quale principale agenzia formativa, si propone in apparenza come luogo di effettiva parità tra i generi…».
Mentre bambine e bambini crescono e costruiscono la propria identità di genere, cercando modelli di riferimento e accettazione da parte del gruppo, la scuola si trova, invece, troppo spesso a ricoprire il ruolo di luogo della tradizione, del perpetuarsi di stereotipi così radicati e naturalizzati che non vengono scardinati nemmeno dall’evidenza dell’esperienza quotidiana.
Gabrielle Richard nel suo Hétéro, l’école? (2019) rimarca quanto norme e comportamenti stereotipati vengano trasmessi anche in modo inconsapevole dal giudizio e dalla censura che le persone adulte attuano all’interno della classe e denuncia quanto l’educazione sia ancora rigidamente genderizzata e cis-eteronormativa. «Les apprentissages scolaires en général, et l’éducation à la sexualité en particulier, véhiculent un certain nombre d’injonctions normatives concernant le genre et la sexualité […]. Exercées subtilement sur les élèves, ces pressions concourent à ce que nous nommons une mise en genre et une mise en orientation sexuelle. […] Ces mécanismes contribuent explicitement à la construction d’une éducation cis-hétéronormée». (Richard, 2019, p.60)
È ancora una volta il fumetto Aldo e Rosa che ci fornisce, in modo semplice e efficace, uno spaccato di come possa essere vissuta in classe la presenza di un* bambin* i cui comportamenti mettono in discussione le norme binarie del genere, soprattutto se il giudizio e la censura arrivano dalla figura adulta di riferimento a cui bastano poche parole apparentemente innocue:

«Zoe mi meraviglio di te! Non ho messo Rosa al tuo banco perché diventassi un maschiaccio come lei, come lui, o quello che è».

Susanna Mattiangeli e Mariachiara Di Giorgio, Aldo&Rosa, Internazionale Kids

Se già alla scuola dell’infanzia si registrano i primi questionamenti o nette affermazioni di non conformità rispetto al sesso assegnato alla nascita (Neary, Cross, 2018), dalla scuola primaria alcune persone mettono in discussione la propria eterosessualità (Perry, Pauletti, Cooper, 2019) e in ogni ordine e grado scolastico sono presenti famiglie con genitori gay, lesbiche, bisessuali o trans* (Golombok, 2016), il rischio è che quest* bambin* facciano esperienza di discriminazioni, bullismo e marginalizzazione con conseguenti ricadute su stress e disagio individuale  (Baiocco, Terriaca, 2019; Bartholomaeus, Riggs, Andrew, 2017). Di contro la visibilizzazione e legittimazione di tutte le soggettività, l’integrazione tra chi si dichiara appartenente a minoranze sessuali e non, oltre a promuovere il benessere di persone LGBT+ e la riduzione dei pregiudizi cis-eterosessisti e ha effetti benefici sul clima di tutta la collettività (Ioverno, Belser, Baiocco, Grossman, Russell, 2016; Fabes, Martin, Hanish, 2019). «Thus, we need to reduce gender stereotyping of cognitive and emotional abilities and prepare future generations […] Because expectations have powerful effects on students’ behavior, teachers in particular need to be educated on these topics in order to reduce their own inadvertent reinforcement of gender- and race-stereotyped behaviors». (Basow, 2010, p. 291)
Insegnanti e persone adulte di riferimento hanno dunque bisogno di formazione, di supporto professionale e sociale e di strumenti per svolgere il proprio compito con competenza. A nostro avviso, una delle modalità di contrasto più efficace è un’educazione alle differenze[3] solida e pervasiva, che dalla primissima infanzia dia la possibilità di interrogare, decostruire e scardinare gli stereotipi per fornire alle persone più strumenti possibile atti a individuare e contrastare ogni tipo di violenza e discriminazione.
È importante, quindi, che l’editoria, la produzione culturale, più in generale la società in cui viviamo, ma soprattutto la scuola, diventino davvero inclusive, scardinino stereotipi, superino atteggiamenti di giudizio e censura: «Helping all students feel included is a challenge that has to be undertaken by ourschools» (Fabes, Martin, Hanish, 2019 P.12)
Occorre un approccio educativo consapevole della propria non neutralità, trasversale a tutte le discipline, rivolto a ogni fascia d’età secondo differenti declinazioni, che valorizzi e accolga le molteplici differenze di individui e gruppi sociali. Una pedagogia dal potenziale profondamente trasformativo perché educa alla consapevolezza e alla possibilità di autodeterminazione, all’equità e alla parità tra i generi e tra gli individui, all’esistenza e al rispetto della molteplicità di identità, espressioni, orientamenti, fisicità e sensibilità.

5. Conclusioni
Da un lato, quindi, sono sempre più urgenti e necessari libri che sin dalla prima infanzia narrino identità, corpi e sessualità in modo libero e aperto, che non restino intrappolati in canoni da rispettare ma raccontino le modalità diverse che ogni persona adotta per crescere; che ci parlino di corpi “non-normati”, di desideri che si esprimono in tanti modi diversi e verso persone diverse, liberandoci dalla necessità riproduttiva. Dall’altro è sempre più urgente che la cis-eteronormatività, venga scardinata attraverso un “nuovo” modo di insegnare, attraverso una pedagogia critica (queer suggerisce Richard) e non neutralizzante, che sia in grado di mettere in discussione ogni punto di vista per poi ricostruirlo in base a nuove consapevolezze e nuovi strumenti.
Da questa urgenza sono nati i due progetti di cui si occupa, dal 2012, un gruppo di ricercatrici dell’associazione SCoSSE: Leggere Senza Stereotipi[4] e Fammi Capire[5]. Ricognizioni all’interno dell’editoria per l’infanzia e l’adolescenza in Italia e all’estero per un catalogo ragionato di libri senza stereotipi, non necessariamente a tema, in cui le narrazioni e le rappresentazioni di persone, relazioni e corpi siano libere, consapevoli, sconfinanti. Libri che aprano le menti, riconoscano e indaghino i posizionamenti, in cui ogni persona possa riconoscersi e che possano essere strumenti solidi per una reale trasformazione della scuola e della società, sin dalla primissima infanzia.

Note
[1] Il presente contributo è frutto del lavoro congiunto delle autrici. Qualora si rendesse necessario in ambito accademico, queste le attribuzioni individuali delle singole parti: paragrafo 1, Giulia Franchi; paragrafo 2, Sara Marini; paragrafo 3, Elena Fierli; paragrafo 4, Giovanna Lancia. Tutte le autrici fanno parte dell’associazione SCoSSE.
[2] Il bosco in casa LINK su Settenove
[3] Si è svolto nel 2014 il primo incontro nazionale Educare alle differenze, ora alla VI edizione, ideato e promosso dalle associazioni SCOSSE, Progetto Alice e Stonewall, con l’idea di costruire una rete informale tra le oltre 300 associazioni che in Italia lavorano per diffondere la cultura del genere e l’educazione alle differenze, la valorizzazione della scuola pubblica, la promozione di pratiche educative e strumenti didattici per combattere gli stereotipi sessisti. Dal 2017 si è costituita l’Associazione nazionale Educare alle differenze.
[4] Il progetto Leggere Senza Stereotipi, nato nel 2012 con la pubblicazione del catalogo on-line sul SITO dell’associazione Scosse, è un osservatorio sulle rappresentazioni di genere nell’editoria per l’infanzia di qualità e suggerisce una selezione di titoli che propongono un immaginario libero da stereotipi di genere e non solo. Dal catalogo on-line è nato il libro di Fierli E., Franchi G., Lancia G., Marini S. (2015), Leggere senza stereotipi. Percorsi educativi 0-6 anni per figurarsi il futuro, Cagli (Pesaro Urbino), Settenove edizioni, ristampato nel 2017 con bibliografia aggiornata.
[5] Dal 2016 un gruppo di ricercatrici dell’associazione SCoSSE e della libreria per l’infanzia Ottimomassimo porta avanti il progetto Fammi Capire. Le rappresentazioni dei corpi e delle sessualità nei libri illustrati 0-18 anni. Un progetto collettivo di cui fanno parte Elena Fierli, Giulia Franchi, Giovanna Lancia, Maddalena Lucarelli, che ne è la responsabile della comunicazione, e Deborah Soria, responsabile della libreria.
Una rassegna, che è anche una mostra itinerante, di come i libri illustrati, in Italia e in Europa, rappresentano e narrano corpi e generi, sessualità, piacere, relazioni, domande e affettività. L’esito è una selezione di libri che rifuggono da modelli cis-eteronormativi e binari esclusivi ed escludenti, proponendo un approccio ai corpi e alle sessualità che susciti domande oltre a fornire informazioni, guidato dalla curiosità e dalla ricerca del piacere, per un’educazione libera al desiderio e alla complessità che contrasti qualsiasi tipo di violenza e discriminazione. Accanto ai libri, le illustrazioni donate a sostegno del progetto da illustratori e illustratrici che hanno reinterpretato con il loro segno la copertina di Fammi vedere! Un libro fotografico di educazione sessuale non conformista per bambini e grandi a cui si ispira il progetto.

Albi illustrati
Anderson A., Neither, Little Brown Books for Young Readers, New York 2018
Baldacchino C., Malefant I., Morris Micklewhite and the tangerine dress, Groundwood books/House of Anansi press, Toronto 2014
BruelC., Bozellec A., Storia di Giulia, che aveva un’ombra da bambino, Settenove, Cagli 2015
Cormand Rifà B., González A., El niño perfecto, Sd Edicions, Barcellona 2012
Douzou O., Buffalo Bella, Settenove, Cagli 2017
Love J., Julián è una sirena, Franco Cosimo Panini, Modena 2019
Mattiangeli S., Di Giorgio M., Aldo & Rosa, Internazionale Kids, numeri 1-12, Roma 2019-2020
Mattiangeli S., Sitja Rubio C., Gli altri, Topipittori, Milano 2014
Mozetic B., Mi primer amor,Bellaterra, Barcellona 2016
Portolano C., Io sono mare, Canicola Edizioni, Bologna 2018
Silverberg C., Smyth F., Sesso è una parola buffa, Terranuova edizioni, Firenze 2017
Vegna S., Tolke A., Il bosco in casa, Settenove, Cagli 2019
Ytak C., Tieni D., Ça change tout!, L’Atelier du Poisson Soluble, Le Puy-en-Velay 2017

 

Bibliografia
Abbatecola E., Stagi L., Pink is the new black. Stereotipi di genere nella scuola dell’infanzia, Rosenberg &Sellier, Torino 2017
Ansara Y.G., Hegarty P., Methodologies of misgendering: Recommendations for reducing cisgenderism in psychological research, in «Feminism & Psychology», 24(2), 2014, pp. 259-270
Baiocco R., Terriaca C., Quanta bellezza. Mamme e papà di figlie lesbiche e figli gay si raccontano, McGraw-Hill Education, New York 2019
Barrese I., Gli altri. Un libro affollato, Il lavoro culturale, blog online LINK consultato il 24-08-2020, 2015
Bartholomaeus C., Riggs D.W., Andrew Y., The capacity of South Australian primary school teachers and pre-service teachers to work with trans and gender diverse students, in «Teaching and Teacher Education», 65, 2017, pp. 127-135
Basow, S. A., Gender in the classroom, in Handbook of gender research in psychology, Volume 1, Gender Research in General and Experimental Psychology, Springer, New York 2010, pp. 277-295
Fabes R.A., Martin C.L., Hanish L.D., Gender integration and the promotion of inclusive classroom climates, in «Educational Psychologist», 54(4), 2019, pp. 271-285
Gramantieri N., Contro i libri a tema, in Hamelin (a cura di), Ad occhi aperti. Leggere l’albo illustrato, Donzelli, Roma 2012
Gamberi C., Maio M. A., Selmi G., Educare al genere. Riflessioni e strumenti per articolare la complessità, Carocci, Roma 2010
Golombok S., Famiglie moderne: genitori e figli nelle nuove forme di famiglia, in «Elsevier Italia», 2016
Handler Sptitz E., Libri con le figure. Un viaggio tra parole e immagini, Mondadori, Milano 2001
Ioverno S., Belser A. B., Baiocco R., Grossman A. H., Russell S. T., The protective role of gay–straight alliances for lesbian, gay, bisexual, and questioning students: A prospective analysis,  in «Psychology of sexual orientation and gender diversity» 3(4), 2016, p. 397
Martin C.L., Ruble D.N., Patterns of gender development, in «Annual review of psychology», 61, 2010, pp. 353-381
Neary A., Cross C., Exploring gender identity and gender norms in primary schools: the perspectivesof educators and parents of transgender and gender variant children, University of Limerick and the Transgender Equality Network of Ireland, Limerick 2018
Perry D.G., Pauletti R.E., Cooper P.J., Gender identity in childhood: A review of the literature,  in «International Journal of Behavioral Development», 43(4), 2019, pp. 289-304
Richard G., Hétéro, l’école? Plaidoyer pour une éducation antioppressive à la sexualité, Les Éditions du Remue-ménage, Montréal 2019
Taylor C., La politica del riconoscimento, in Habermas J., Taylor Ch., Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli, Milano 2005, pp. 9-62

SCoSSE, associazione di promozione sociale, nasce nel 2011 e si occupa di educazione al genere e alle differenze a partire dalla primissima infanzia. Attraverso progetti, laboratori, eventi, contribuisce all’introduzione di un approccio di genere nelle scuole di ogni ordine e grado a partire dal nido: contrastare la formazione di logiche discriminanti e stereotipi, anche relativi ai ruoli di genere in famiglia, nella società e nelle professioni; prevenire e contrastare fenomeni di violenza e bullismo legati alle identità di genere e agli orientamenti sessuali; promuovere un’educazione che consenta di vivere la costruzione della propria identità come desiderio e non come destino.
Tutte le autrici fanno parte di SCoSSE. Elena Fierli è Phd student presso l’Universitat Rovira i Virgili di Tarragona. Giulia Franchi è docente a contratto presso il Dipartimento Scienze Umane dell’Università de L’Aquila. Giovanna Lancia è esperta di illustrazione, editoria per l’infanzia e didattica. Sara Marini è PhdStudent presso Sapienza Università di Roma.