a cura di Viviana Gravano
“Il documento non è innocuo. È il risultato prima di tutto di un montaggio, conscio o inconscio della storia, dell’epoca, della società che lo hanno prodotto, ma anche delle epoche successive durante le quali ha continuato a vivere, magari dimenticato, durante le quali ha continuato ad essere manipolato, magari dal silenzio. […] Il documento è monumento. È il risultato dello sforzo compiuto dalle società storiche per imporre al futuro – volenti o nolenti – quella data immagine di se stesse. Al limite, non esiste un documento-verità”. (Jacques Le Goff, Documento/Monumento, Einaudi, Torino 1986). La censura non è solo un atto di cancellazione ma è forse ancor di più un atto di costruzione: è l’edificazione di un pensiero che nel rimuovere, nascondere, vietare disegna il “non detto” che appare come un mondo non contrapposto, ma parallelo al “detto”. La cancellazione dei “documenti”così come degli immaginari, il loro occultamento, come anche la loro parziale rimozione, costruisce un testo nuovo, fatto di pause, fatto di vuoti da colmare accanto ai pieni dichiarati.