Le memorie di famiglia hanno a che vedere con una particolare forma di appartenenza, con il rifiuto e con l’accettazione di una condizione identitaria e narrativa che non si è scelta, ma che ci riguarda da vicino e dalla quale – spesso – ci si distanzia faticosamente. Sono memorie contraddittorie, che interrogano contemporaneamente il privato e il pubblico, creando ossimori capaci di tenere insieme eventi positivi e negativi, vite private sullo sfondo di traumi collettivi. Sono, ad esempio, le memorie di un piatto irriproducibile che una nonna affettuosa cucinava per i suoi nipoti e figli, che si scontrano con la scoperta che la stessa nonna è stata convinta sostenitrice di una dittatura violenta. O ancora le memorie di un nonno legate a un oggetto qualsiasi, magari un orologio da polso, custodito con gelosia perché “oggetto testimone” (Hirsch e Spitzer 2006; 2012), traccia della vita prima delle deportazioni di massa.
Le memorie familiari sono lente di ingrandimento sul sistema di valori e sulle dinamiche che costruiscono lo stesso concetto di famiglia a livello culturale: i sistemi di autorappresentazione patriarcale, i segreti, i non detti, l’esclusività, il senso di appartenenza, la tradizione. Tutti aspetti che condizionano la trasmissione del passato, spesso erodendo la parte traumatica e collettiva, edulcorando il ricordo personale.
Negli ultimi tempi, molte studiose e molti studiosi si sono occupati di questo tema, delle sue innumerevoli configurazioni e delle emozioni legate ad esso. Dai pioneristici lavori di Maurice Halbwachs (1920, 1950), gli studi sulla memoria hanno preso numerose strade (su questo, si veda, per esempio Erll 2011), tenendo ben presente il rapporto tra famiglia, gruppo sociale, trasmissione generazionale, responsabilità e storia. Si pensi al concetto di “post-memoria”, coniato dalla studiosa femminista Marianne Hirsch (2008) per riferirsi alle memorie dei figli e delle figlie di chi ha vissuto il trauma della Shoah. Concetto, questo, ben presto utilizzato anche in chiave trans-nazionale, per riferirsi più generalmente al trauma collettivo. Ancora si pensi al tema della responsabilità e dell’implicazione del soggetto “erede” (categoria intesa in senso generale), del suo essere coinvolto nonostante la distanza temporale rispetto ai fatti (Rothberg 2019).
Come è evidente, le memorie di famiglia coinvolgono e interrogano diversi livelli oltre a quello privato: il contesto storico, sociale e culturale. In questo numero di roots§routes vogliamo raccogliere lavori interdisciplinari e artistici intorno al concetto di “memoria di famiglia”, intesa sia come traduzione ed esternalizzazione di una memoria personale che come trasmissione generazionale di un passato che non si è vissuto ma di cui si riconosce il peso specifico.
Alcuni argomenti – intesi qui solo come una traccia, non come un vincolo tematico esclusivo – che potrebbero essere sviluppati riguardano:
- il concetto di eredità e di responsabilità: che cosa vuol dire ereditare un ricordo? È possibile pensare di essere destinatari di una memoria familiare? Si può rifiutare un’eredità “difficile”?
- la rappresentazione e la traduzione testuale della trasmissione generazionale del trauma ma anche delle memorie felici: analisi di testi letterari, fotografici, graphic novel, testi musicali che tematizzano il tema della memoria di famiglia.
- le forme dell’oblio e della cancellazione: nel processo di trasmissione memoriale che ruolo ha il filtraggio familiare (si pensi, ancora, al segreto), inteso come meccanismo di preservazione dell’integrità della famiglia stessa?
- la messa in discussione del concetto di famiglia, estendendo la riflessione anche alle memorie di famiglie adottive e/o queer, indagando le forme di trasmissione della memoria e dell’identità anche in contesti in cui il la biologia non è l’elemento che vincola i legami affettivi e di parentela.
- la materialità della memoria di famiglia. In questo processo memoriale, gli oggetti personali della vita quotidiana (libri, gioielli, vestiti, mobili, orologi…) si pongono come regolatori emotivi del ricordo della persona a cui sono appartenuti, diventando sintesi di tutti i valori del tempo culturale in cui venivano usati. La “vita precedente” di questi oggetti diventa, nel presente, sia un segno della sopravvivenza della memoria di famiglia che traccia del male subito o perpetrato.
Bibliografia
Erll Astrid, Locating Family in Cultural Memory Studies, in «Journal of Comparative Family Studies», 42 (3), pp. 303-318, 2011.
Halbwachs Maurice Les cadres sociaux de la mémoire, Librairie Félix Alcan, Parigi 1925.
Halbwachs Maurice, La Mémoire collective, Les Presses universitaires de France, Parigi 1950.
Hirsch Marianne, The Generation of Postmemory, in «Poetics Today», 29 (1), pp. 103–128, 2008.
Hirsch Marianne, Spitzer Leo, Testimonial Objects: Memory, Gender, and Transmission, in «Poetics Today», 27 (2), pp. 353–383, 2006.
Hirsch Marianne, Spitzer Leo, Testimonial Objects, in Hirsch Marianne, The Generation of Postmemory. Writing and Visual Culture after the Holocaust, Columbia University Press, New York, pp. 177–199, 2012.
Rothberg Michael, The Implicated Subject: Beyond Victims and Perpetrators, Stanford University Press, Stanford, CA, 2019.
* L’immagine presente in questo articolo è stata tratta dal web ed è utilizzata esclusivamente a scopo illustrativo seguendo il concetto del “fair use”. Chiunque detenga i diritti di copyright sull’immagine in questione può richiederne la rimozione segnalandolo tramite email alla redazione