a cura di Giulia Grechi e Rossana Macaluso
In questo numero la redazione si è piacevolmente scontrata con l’impossibilità di “comprendere” il Desiderio, nel senso di incorniciarlo, definirlo, seppure temporaneamente in un recinto di senso che corrispondesse alle visioni di ogni membro della redazione. Dunque abbiamo tematizzato questa impossibilità, questa specie di ritrosia del desiderio ad essere chiuso in una definizione singolare. La “logica” del desiderio (il presentarsi della sua “intelligenza sensibile”, se così si può dire) sta proprio nella sua apertura alla molteplicità dei sensi, delle definizioni, delle articolazioni di posizioni differenti che non solo consente, ma pretende. Pensare il desiderio vuol dire chiamare in chi lo pensa precisamente l’urgenza del posizionamento, e della relazione del proprio posizionamento con quello di altri. Il desiderio non può vivere come concetto al di fuori di una rete di voci che si giustappongono, si oppongono, si sostengono, si sovrappongono, si sbirciano, dandone ogni volta una diversa lettura e rifiutando qualsiasi sintesi normalizzante.