Questo mio racconto vi parlerà della nascita di un nuovo spazio culturale che ha preso vita lo scorso novembre in Emilia Romagna: il [NON] Museo – Centro di arte e cultura contemporanea dall’infanzia. Ogni volta che mi ritrovo a raccontare l’esperienza di questo progetto, mi preme trovare un punto di partenza che prima di tutto sappia raccogliere i pensieri e le suggestioni che hanno animato insistentemente i quattro punti dominanti dal quale tutto ha trovato origine e vigore: infanzia, arte, educazione, cultura. Così per questa occasione ho rintracciato l’inizio del racconto in una mattina trascorsa in una libreria di Cesena, dove mentre i miei occhi passeggiavano tra gli scaffali all’improvviso si sono arrestati su due libri posti uno di fianco all’altro. Avevo già letto entrambi in due momenti diversi della mia vita, ma il ritrovarli lì così vicini su quello scaffale mi ha suggerito una mappa con rinnovate connessioni. Decido di rileggerli e proprio così ritrovo il percorso di alcuni pensieri che muovono da tempo tutto il mio interesse verso l’infanzia e la questione educativa. Si tratta di un pas de deux tra Jean-Jacques Rousseau e Franco Lorenzoni, lontani per epoche ma vicini nella forte volontà di promuovere una possibile pratica dell’educare alla libertà e seducenti nel sottolineare l’urgenza del recuperare, in qualsiasi relazione educativa, quella naturalità e libertà di pensiero che già l’infanzia possiede. Tutto ciò genera un’immagine di partenza perfetta per dare forma al mio racconto attraversando il pensiero che muove il [NON] Museo. Questa immagine prende vita in un bambino che si chiama1 Emilio, allievo immaginario di Rousseau nel quale racchiuse tutta la sua idea di “uomo naturale” e di un’educazione che rispetti una vocazione dell’essere prima di tutto uomo. Nella stessa immagine questo bambino si ritrova davanti ad un armadio con tanti abiti e qualcuno gli suggerisce di prenderne uno e metterselo a rovescio. Questo qualcuno è Franco Lorenzoni, maestro elementare con una rara vocazione verso una pratica educativa socratica per il pensiero infantile, che nell’introduzione al suo libro2 “I bambini pensano grande”, cita una tradizione sarda che conserva come usanza quella di mettere ad un neonato nei suoi primi giorni di vita un vestito al contrario per proteggerlo dal malocchio. Lorenzoni se ne serve per convertire l’idea di malocchio in tutte quelle situazioni o condizioni che intendono sviluppare nel bambino un’attitudine a vivere solamente come veloce consumatore o fruitore compulsivo di qualsiasi cosa gli venga proposta. Ecco che seguendo questa declinazione di senso, abituare i bambini a vestirsi ogni tanto con qualche abito mentale messo a rovescio, può contribuire a suggerirgli nuove vie da percorrere, per crescere e conoscere in maniera attiva. Ecco che Emilio con l’abito a rovescio mi aiuta ad accompagnarvi in questa storia che parla di un luogo che racchiude come primo desiderio quello di dialogare con i bambini, raccontandogli del potere insito nel credere ai sogni, seppur lontani spesso da logiche razionalistiche e da percorsi certi, esercitandosi a rovesciare il proprio sguardo per comprendere la meravigliosa moltitudine di sensi che il mondo possiede.
3 “Niente è libero da influenze culturali, ma nemmeno gli individui sono semplici specchi della loro cultura. E’ l’interazione fra le due cose che dà un’impronta comune al pensiero individuale e conferisce un’imprevedibile ricchezza nel modo di vivere, di pensare e di sentire di qualsiasi cultura”.
Ed è così che a Novembre 2014 nasce nella città di Cesena, uno spazio stabile che prende il nome di [NON]MUSEO – Centro di arte e cultura contemporanea dall’infanzia. Il progetto prende la propria linfa vitale dal lavoro di ricerca di un gruppo di individui che ruotano intorno all’arte contemporanea, all’educazione, alla cultura e alla filosofia, che nel 2009 fonda un’associazione culturale denominata Katrièm. Fin dal principio la motivazione che ha sostenuto tutta la volontà e il fare dell’associazione è stata quella di costruire concrete occasioni di incontro tra i bambini e la lingua cristallina dell’arte contemporanea. Il punto di partenza è stata la convinzione che l’arte, in qualsiasi linguaggio possa tradursi, costituisce un elemento necessario nella crescita e nell’educazione di ogni individuo fin dai primi anni della sua vita. Perchè l’arte contemporanea? Partendo dal considerare che ogni individuo attribuisce al mondo che abita la propria realtà e dalla consapevolezza che è necessario parlare di tanti mondi che abitano contemporaneamente in uno stesso spazio – tempo, consideriamo l’arte come un percorso capace di creare significato all’interno del rapporto che il bambino costruisce con il mondo. L’arte è prima di tutto una forma significante, è esperienza sensibile ed educa al comprendere costantemente molteplici significati per una stessa cosa. Come già ci suggeriva nella prima metà del novecento John Dewey ciò che importa nell’incontro con l’arte per il bambino non sono i “manufatti” che egli può realizzare con l’arte, ma la capacità di quest’ultima di sviluppare capacità di osservazione, abilità mnemoniche, immaginazione e abilità di critica e pensiero. E tutto ciò si può sviluppare in un fare dell’arte “esperienza attiva” nella quale l’azione è per il bambino la rappresentazione esterna del pensiero. Un bambino dai tre ai sei anni sviluppa tutte le sue attività psichiche e sensoriali attraverso l’osservazione dell’ambiente e proprio in questa epoca di passaggio può dall’arte acquisire importanti “informazioni” che poi si ritroverà nel suo sviluppo come persona. Se è vero che la mente dei tre anni dura cento anni, come dice il famoso proverbio giapponese, tanto si può donare alla prima infanzia quanto lei ce ne restituirà nella vita adulta.
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Il [NON] Museo lancia tanti elogi verso ciò che l’arte può donare ai bambini:
– Un elogio all’inutilità, al suo prezioso “non servire a nulla”, al suo spingerci a non andare sempre alla ricerca di una spiegazione tangibile, nell’arte come nella vita.
– Un elogio alla sua capacità di abbandonare la visione di un unico universo, avanzando l’idea che Maturana chiamerebbe multiverso.
– Un elogio al lasciar spazio all’apparente “perdita di tempo” che sta nell’immaginazione e nell’osservazione dell’arte. Il maestro e pedagogista cesenate Gianfranco Zavalloni citerebbe il pensiero di Rousseau “perdiamo tempo per guadagnare tempo” per suggerire la sua idea di4 pedagogia della lumaca.
– Un elogio alle mappe relazionali che l’arte suggerisce, disegna, costruisce.
– Un elogio al suo raccontarci della fragilità umana, insegnando che le difficoltà possono essere occasioni di reciprocità e non di debolezza.
– Un elogio ad abituarci al “diverso” annullando gli stereotipi che hanno intriso la nostra società e partendo dalla domanda: chi determina cos’è la diversità o la normalità?
– Un elogio al suo convincerci ad avere un pensiero critico e coraggioso verso ciò che apprendiamo, promuovendo la capacità di poter avanzare pensieri dissenzienti verso ciò che ci viene tramandato come “dato di fatto”.
Lo sguardo del bambino quando sta di fronte ad un’opera di qualsiasi natura è come direbbe Baudelaire “un occhio fisso e animalmente estatico di fronte al nuovo, quale che esso sia, volto o paesaggio, luce, doratura, colori, stoffe cangianti…” e abituarci fin da bambini all’esperienza del “nuovo”, ci permette di incontrare con entusiasmo i cambiamenti, la mobilità e il movimento che rappresentano la norma in una società moderna. Il [NON] Museo ha tra i suoi obiettivi quello di costituirsi come palestra per un’educazione allo sguardo verso quell’imparare a vedere che è completamente assente nelle pratiche educative istituzionali, se non in rari casi eccezionali. Ma questo può avvenire in una comunità nel cui tessuto cittadino siano promosse con costanza e perseveranza attività ed esperienze culturali condivise e coerenti di incontro con l’arte. In questa direzione non sarà per forza necessario essere interessati o cercare di comprendere l’arte ma sarà essa che si farà avanti pubblicamente incontrando le persone nella sua preziosa forma relazionale, educativa, culturale e sociale.
Tutto ciò è alla radice dell’idea del [NON] Museo e del suo nascere come testimonianza tangibile di un’attenzione condivisa e di un fare concreto verso la possibilità di nuove pratiche educative e culturali attraverso l’arte. Il nominativo di [NON] Museo non desidera contestare il contesto museale ma semmai proporre una riflessione coraggiosa e condivisa che parte da alcune domande: Cos’è un museo nella nostra contemporaneità? Cos’è un luogo che parla di arte e cultura agli occhi di un bambino o di un ragazzo? Cosa centra l’arte in una relazione educativa? Diciamo che le risposte, ancora mobili, a queste domande hanno permesso prima l’immaginazione e poi la concretezza nella curatela del centro e delle attività proposte. Ritornando all’immagine iniziale ciò che mi ha sempre affascinato del pensiero nell’Emilio è l’idea di un’educazione che si abbandona alle disposizioni fondamentali della natura umana, pensando che ogni uomo nasce con una sensibilità naturale che poi nell’educazione canonica vengono per così dire snaturate affinché l’uomo possa acquisire tutto ciò che serve per aderire alle istituzioni sociali. Tutto ciò lo ritrovo sia nella pratica e nei linguaggi dell’artista contemporaneo che nella predisposizione senza filtri che spinge naturalmente ogni bambino al conoscere attraverso il fare. Da questo punto di vista l’educazione altro non è che insegnare a vivere e in quest’ottica non importa proiettarsi costantemente nel futuro. La questione che veramente risalta è che prima di tutto quel bambino possa diventare uomo, nell’idea che la vera educazione inizia con noi e corrisponde all’imparare a trovare un proprio posto nel mondo seguendo le nostre inclinazioni naturali.
5 “Vivere non è respirare, è agire, è fare uso dei nostri organi, dei nostri sensi, delle nostre facoltà, di tutte le parti di noi stessi che ci danno il sentimento della nostra esistenza. L’uomo che ha più vissuto non è già quello che ha potuto contare un più gran numero d’anni, ma colui che ha sentito di più la vita”.
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1 J. J. Rousseau, Emilio, Laterza, Bari 2003.
2 F. Lorenzoni, I bambini pensano in grande. Cronaca di un’avventura pedagogica, Sellerio editore, Palermo 2014.
3 J. Bruner, The culture of education, trad. La cultura dell’educazione (1996), Feltrinelli editore, Milano 2011, p. 27-28.
4 G. Zavalloni, La pedagogia della lumaca. Per una scuola lenta e non violenta, Emi Edizioni, Bologna 2013.
5 J.J. Rousseau, Emilio, Laterza, Bari 2003, p. 61.
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Valentina Pagliarani, nasce e vive a Cesena. Danzatrice, educatrice e curatrice di progetti intorno all’arte contemporanea si occupa in particolare di cultura infantile. Si laurea come educatore sociale presso la Facoltà di Scienze della Formazione di Bologna e frequenta successivamente il Master in curatore museale presso IED Roma. Partendo dalla danza come fulcro centrale, sviluppa un trasversale interesse verso la curatela di progetti intorno alle poetiche dell’arte contemporanea. E’ fondatrice nel 2009 di Katrièm Associazione, per la quale è attualmente direttrice artistica e dal 2014 si occupa della direzione e curatela del [NON]Museo – centro di arte e cultura contemporanea dall’infanzia. Sceglie di approfondire una ricerca intorno alla didattica dell’arte contemporanea per l’infanzia, tema al quale si sta dedicando attraverso la progettualità di Katrièm Associazione. Lavora da oltre dieci anni nella didattica della danza contemporanea econduce corsi di formazione per insegnanti e progetta interventi educativo-laboratoriali.
Katrièm Associazione, nasce nel 2009 a Cesena. Il lavoro parte dall’impegno di un gruppo di giovani curatori, artisti, educatori ed operatori culturali che tracciano un progetto orientato alla diffusione, conoscenza e fruizione pubblica dell’arte contemporanea. In particolare Katrièm si dedica ad una ricerca che ha come fulcro centrale la cultura infantile e l’incontro tra i bambini e l’arte contemporanea. Promuove laboratori, eventi, progetti didattici per le scuole, corsi di formazione e lavori site specific con artisti. Dal 2010 cura il progetto di “Borgo Indaco. scuola di + arti per bambini” e “BIM! Microfestival di cultura infantile”. Nel 2014 realizza lo spazio stabile e indipendente del NON]Museo – centro di arte e cultura contemporanea dall’infanzia, in collaborazione con la Regione Emilia Romagna e il Comune di Cesena. [www.katriem.it].