BURNING ARCHIVES
Lapsus linguae di Marco Baroncelli
a cura di Lara Carbonara

Marco Baroncelli, Lapsus Linguae, 1995 – 2011

È bello quando in una gialla blusa
L’anima si avvolge contro occhi curiosi!
È bello
Se gettati tra i denti del patibolo, gridare:
<<Bevete cacao Van Houten! >>
Vladimir Majakovskij

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Ombre trasparenti come destini in transito. Corpi scivolati nelle deviazioni dell’errore. Lapsus linguae, che è come dire, la caduta della lingua, la rovina della parola, lo sbaglio dello scatto.

La ricerca del fotografo Marco Baroncelli incomincia nel 1995, anno in cui abbandona l’ostinazione a vedere i ‘frutti puri’ delle inquadrature fisse e riconosce quella che Luigi Ghirri definisce un’affezione agli ambienti e alle facce, l’esistenza della soglia, della trasparenza, dei passaggi perturbanti fissati sulla pellicola come corpi in transito, alterità pensante (in)consapevolmente in movimento.

Una perdita del centro snodata in trittici e dittici che segnano lo spazio dell’incontro del voyeurismo con la realtà; dettagli oltre i quali esiste la banalità dell’insieme; distanze focali all’apparenza distratte, dalle connessioni sfasate ma mai stonate.

Il vedere del fotografo non è mai completo, si snoda in congiunzioni di fotogrammi lontani fra loro eppure analoghi e contigui. Ad ogni sequenza le sensazioni affondano in un apprendere emotivo, una coscienza viscerale, una messa a fuoco in assenza del mondo.

Marco Baroncelli cerca di mettere ordine nella memoria del suo sguardo, mischiando i ricordi e legandoli tra loro in un impastamento nomade e casuale, che lega forme e linee cancellando nomi e date,  traccia gli spazi appropriandosi delle sfumature e raschiando via il tangibile.

Con stasi calda e meditata crea un archivio di immagini perdute negli anfratti dei suoi occhi, un  incedere silenzioso che riempie degli odori di pelle e strada, racconta di vite inconsapevoli e mani congelate, ammette la ricerca delle citazioni, concede l’abbandono alla celebrazione.  Sembra che proceda accostando, provando, mappando, scrivendo con la luce le sue manie, come in un flusso di coscienza, in una bulimia dello sguardo che ti costringe a guardarle e ri-guardarle, a cercare disperatamente una spiegazione, emotivamente prima che mentalmente. Il montaggio delle immagini sembra essere l’unica via d’uscita per l’artista, l’unica cifra stilistica in cui trovare il giusto ritmo del respiro.

Fra corpi sfocati e volti riflessi, una donna che guarda dal finestrino di un autobus diventa un quadro in un museo; la punta di una foglia pende come una lama tagliente; il respiro condensato sui vetri diventa un poster rattrappito dalla colla; il riflesso di numeri fluorescenti diventa tracce di inchiostro soffiato; il bronzo di una statua scrostato come guanti da lavoro abbandonati;  il silenzio di una foglia secca aggrappata ad un ramo ricorda l’isolamento dello spettatore davanti ad un’opera; l’arsura di una sigaretta accesa si fa testimone della sete che si immagina subito dopo.

La giustapposizione di fotografie è l’innesto di ‘recupero’ che innesca un viaggio casuale e anacronistico ripetuto infinite volte. L’artista ricerca con cura dettagli apparentemente insignificanti, che diventano l’indizio della rievocazione. Un processo che include l’osservatore, che vede, non visto, il racconto fotografico di chi è testimone inconsapevole di quella stessa storia.

Questo spostamento d’asse tra realtà e archiviazione implica la completa arbitrarietà del risultato, la separatezza nei limiti del tempo e dello spazio prestabiliti, il rituale della ricerca mischiato al sentimento della sperimentazione in uno spazio immaginativo comune di interazione tra identità umane. Il voyeurismo di questi scatti dice ciò che c’è di altro rispetto ai confini dei ritratti.

Luigi Ghirri, in una delle sue lezioni afferma che uno degli aspetti affascinanti della fotografia sia vedere ‘attraverso’ qualcosa, il “dover attraversare con lo sguardo lenti, filtri, vetri smerigliati, prismi, dispositivi ottici, mirini, reticoli, e guardare in trasparenza e scorgere immagini sospese nell’acqua delle bacinelle dei bagni di sviluppo”

Ed è forse proprio questo il senso degli scivolamenti di Baroncelli: lo spettatore viene trasportato in tutto quel contesto che non c’è ma si intende, in quell’eco di dissolvenze che dice l’urgenza di trattenere il ricordo, quel taglio dell’immagine che ci percuote a colpi di sensazioni. Le storie di Baroncelli definiscono il baratto dell’andato, il contrabbando dell’abbandono. Leggere le sue forme ricorda i ritratti descritti da Ornela Vorpsi (Bevete cacao Van Houten, Einaudi) scrittrice albanese, che descrive di anime imprigionate che vibrano di amore e si indeboliscono di ricordi in immagini dove crudeltà e tenerezza regalano alla fragilità umana la promessa dell’altrove.

Tocco quelle spalle contratte, percorro fino in fondo i corridoi lunghissimi, accarezzo la decomposizione della macchina, raschio gli umori del tempo su ginocchia statuarie, lecco le gocce disperse nel frullatore, infilo la mano in questi fili intrecciati, mi sfrego contro la ruvidezza della corda, immergo le dita in quest’acqua abitata, seguo il tracciato della spirale di ceramica, succhio l’arancia nel bicchiere, infilo gli occhi nei vuoti del cancello, abbraccio le gambe della venere, frantumo una foglia secca per sentire lo scricchiolio nei palmi, metto insieme una memoria immobilizzata da altri ricordi.

“così, con quel corpo. quelle mani piccole e nuove, così minuscola e traboccante. con quelle labbra che ti lasciano immaginare. entra così nella stanza piena di sedie e di sguardi. nella stanza anonima entra di corsa. c’è uno sguardo nella stanza che le chiede. le domanda in silenzio il nome e la pelle. come ti chiami? – mi chiamo.”
(Giulia Grechi)

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Lara Carbonara è dottoranda in Teoria del Linguaggio e Scienze dei Segni (Università degli Studi di Bari Aldo Moro). Si occupa di studi culturali, visuali e postcoloniali focalizzando la sua ricerca in ambito letterario-artistico. E’ direttrice di una rivista on-line, ArtSOB Mgazine che indaga i campi dell’arte contemporanea: è curatrice free lance ed ha diverse collaborazioni.