Dall’Introduzione del libro L’altro sé. Opposizioni letterarie dal Sud. Silone Levi Brancati Pasolini Sciascia, Algra Editore, Catania.
Libro in preparazione con uscita prevista nell’autunno del 2016.
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Nei momenti di crisi, di cambiamento, di riflessione, gli scrittori esprimono immagini portatrici di visioni alternative o d’opposizione rispetto ai dati della realtà. Si pensi a quanto, in Italia, le spinte novecentesche verso libertà e democrazia siano state frutto di progettualità in radicale contrasto con le condizioni esistenti di fatto nella penisola (il ventennio totalitario, le condizioni socio-economiche, la diversità culturale regionale, la differenziazione sociolinguistica), e a quanto la produzione letteraria abbia contribuito a costruire le basi culturali di questa progettualità. A ben vedere quindi, è proprio attraverso l’elaborazione di posizioni di opposizione e di proposte per un’alternativa che è stata introdotta in Italia la questione della diversità e dell’alterità, il grande tema che ha dominato il dibattito internazionale della seconda metà del Novecento, con la riflessione sulle implicazioni culturali del colonialismo e i movimenti post-coloniali. Come si sa, in Italia, da una parte, la cultura del colonialismo italiano non è stata ripensata a sufficienza, diversamente da ciò che è avvenuto per il colonialismo di altri paesi europei; dall’altra, l’Italia possiede la diversità nel suo interno e possiede storicamente complesse modalità culturali, dinamiche e rapporti entro i quali è stato incapsulato il tema dell’alterità. È una caratteristica della letteratura italiana l’essere composita e multiforme per la sua dislocazione regionale1. Ma se si assume questa situazione come categoria assoluta, si finisce per sopravvalutare l’identità e la località geografica, come se queste fossero realtà effettuali e non invece frutto di un processo di imagerie culturelle2; e si parlerà, come è stato fatto, di “identità regionali”, riproducendo modelli identitari. Ma la ricchezza rappresentata dalla molteplicità culturale, dalla diversità, dalla difformità, sarà perduta, il genius loci alternativo sarà frainteso e posto ai margini, reso folklore.
Il tema della diversità e dell’alterità porta invece ad un altro tipo di considerazioni. Il senso di alterità in Italia non è stato causato dal contatto con popoli considerati “selvaggi”, portatori di un diverso colore di pelle o detonatori di improvvisi choc culturali. Le condizioni storiche italiane hanno determinato una situazione diversa, frastagliata e autoreferenziale: storicamente il dominatore straniero è stato l’“altro” assimilato nel corso dell’età moderna; in letteratura l’“altro” si è spesso incarnato, durante tutta l’età moderna, nella figura del contadino, del villano; forme di alterità sono state correntemente e pervasivamente usate nella strutturazione dei rapporti interpersonali (differenza di classe, differenza sessuale), dei rapporti territoriali (municipalismi, che potenziano la discriminante etnica e razziale), dei rapporti sociali e politici (inclusione o esclusione rispetto a certi diritti). Questo ampio spettro di questioni sono presenti negli autori e nei testi letterari selezionati in questo studio: e letteraria è stata la modalità italiana di articolare il tema dell’alterità. Un’alterità che non viene da lontano, dall’esterno; al contrario è vicina, la si conosce bene, ci si convive.
Occorre quindi impostare la questione della rappresentazione letteraria nell’ambito della coscienza della diversità, e questo richiede una revisione delle categorie critiche del fatto letterario di fronte all’evolversi della società che non mi pare sia stata fatta in ambito italiano con la chiarezza e la forza con cui Bhabha ha denunciato l’eurocentrismo culturale, anche nei confronti delle esperienze più avanzate, dalla teoria critica all’antropologia culturale, al postmodernismo, al decostruzionismo. La critica nei confronti dell’eurocentrismo e dei valori della “cultura occidentale” riguarda, naturalmente, anche la cultura italiana, e va applicata alle categorie che la cultura italiana adotta per valutare se stessa. Con l’aiuto del saggio di Bhabha L’impegno per la teoria3, indichiamone i punti fondamentali.
1) All’interno di un sistema culturale istituzionalizzato, per racchiudere e limitare gli effetti della differenza culturale, si formula una mediazione cioè una metafora di alterità. L’esempio italiano più macroscopico è la rappresentazione del Sud, che ha trasformato una diversità interna in un vasto repertorio di dati di fatto discorsivi che stigmatizzano qualcosa di altro.
2) Questa operazione ha un effetto di controllo, “sbarra la strada all’Altro”. Il soggetto costruito come Altro non può svilupparsi, in quanto è sempre già definito.
3) Il “discorso” sulla differenza culturale diventa “il fantasma di una terribile battaglia disciplinare” che finisce per togliere la parola alla diversità stessa. Si veda il dibattito sulla Questione meridionale, senza esiti e sempre passibile di riaperture, perché impostato come problema di un Sud che rallenterebbe un’economia italiana di per sé virtuosa, e non come Questione italiana tout court che rimetterebbe in discussione le scelte e i modelli economici di sviluppo.
4) Il testo Altro non è considerato per i suoi aspetti che possono introdurre elementi di novità e generare cambiamento, ma sempre come terreno per esercitare il discorso dell’alterità. Questo avviene tutte le volte che un discorso critico spiega un testo usando il presupposto essenzialista della sua “meridionalità”.
5) La relazione di dominio sta nel semplice fatto che la differenza culturale è posta, come eccezione che conferma la regola, nel quadro di una teoria i cui elementi fondanti sono fuori discussione. Un discorso sul Sud che usa termini oppositivi come razionalità/irrazionalismo, modernità/arretratezza, da una parte accetta acriticamente questi termini di riferimento, dall’altra porta in sé un giudizio di valore: “il Sud” è naturalmente costretto entro questi mirages di passione e di arretratezza.
La puntualizzazione appena fatta vuole mettere sul tappeto alcune questioni fondamentali, solitamente eluse o edulcorate. Infatti il nucleo centrale dell’imagerie culturelle italiana è la diversità veicolata dalle rappresentazioni del Sud, e questa diversità, questo irremovibile “altro sé”, è interno alla narrazione nazionale ed è individuabile non in termini ideologici, ma prettamente narrativi. L’opposizione degli scrittori che hanno sentito la presenza dell’“altro sé” è stata innanzi tutto opposizione a questa imagerie. Si tratta di una linea significativa della narrativa novecentesca italiana, quella caratterizzata dalla rappresentazione dell’alterità con soluzioni nuove e originali. Accomunate da istanze simili, che sono in sintesi le seguenti:
– la mancata rappresentanza socio-politica di una vasta parte della società, che si è tradotta letterariamente nel modulo del “dare voce ai senza voce”, dare parola all’alterità muta (modulo di ascendenza ottocentesca – si pensi alle diverse soluzioni ideologiche di Manzoni e di Verga – che nel Novecento prende risvolti marxisti).
– l’ingiustizia socio-economica e l’esigenza di emancipazione e diritti per le categorie sociali subalterne; in questo ambito la differenza e l’alterità entrano nello spazio letterario.
– la perdita di indipendenza della figura dell’intellettuale-scrittore, il quale cerca, all’interno delle opere, un nuovo posizionamento d’autore, cioè opera scelte extra o para-letterarie che orientano il significato dell’opera;
– la ricerca di un’alternativa alla condizione della società neocapitalista, che ha portato in primo piano le rappresentazioni dell’alterità e ne ha tematizzato la costruzione;
– l’analisi dei rapporti di forza in campo (rapporti fra istituzioni della cultura e istituzioni del potere, che tendono a omologare e controllare la differenza), che ha determinato da una parte rappresentazioni di un’impossibilità, di un vuoto, e dall’altra la rappresentanza di una testimonianza civile.
Su questa linea, la scrittura ha messo in questione in modo puntuale e pertinente le esperienze della sfera interpersonale, politica. La creazione di rappresentazioni letterarie è andata di pari passo alla volontà di rappresentanza letteraria, che non è stata solo occasione di impegno civile e politico ma, più profondamente, una cognizione dell’altro, nuova e ricca di conseguenze.
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Fotografia in home page: Andrea Morucchio, Creugante& Damossen
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1 Carlo Dionisotti, Geografia e storia della letteratura italiana, Einaudi, Torino 1967.
2 L’imagologia, l’indagine culturale che, partendo da un testo letterario, individua come proprio oggetto l’imagerie sull’“altro”, scaturisce proprio dalla problematizzazione del senso di identità e del senso di alterità (Daniel Henri Pageaux, L’imagerie culturelle: de la littérature comparé à l’anthropologie culturelle, in “Synthesis”, X, 1983). Essa mette a confronto le images, i mirages (rappresentazioni letterarie che rimandano ad identità intese come oggetto altro-da-sé, prodotte sia all’interno di una “cultura nazionale” sia al suo esterno) e le autoimage cioè le rappresentazioni della propria identità (Hugo Dyserinck, Zum Problem der “images” und “mirages” und ihrer Untersuchung im Rahmen der Vergleichenden Literaturwissenschaft, in “Arcadia”, I, , n. 2, 1966, pp. 107-120).
3 Homi K. Bhabha, L’impegno per la teoria, in I luoghi della cultura, Meltemi, Roma 2001, pp. 50-51.
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Lorenzo Perrona è nato a Genova dove si è laureato in Lettere ed ha lavorato come redattore nella casa editrice Costa & Nolan. Ha conseguito il dottorato di ricerca presso la Section d’Italien dell’Università di Losanna. Si è occupato inizialmente di teatro manierista e barocco; quindi, in seguito ad un anno di ricerca in Australia, di critica postcoloniale. Ha pubblicato saggi sulla cultura italiana all’estero e sulla letteratura australiana contemporanea, ha tradotto il romanzo di Mudrooroo, Gatto selvaggio cade (Le Lettere, Firenze). Ha contribuito a diversi volumi di critica letteraria pubblicati da Costa & Nolan (Genova), Rodopi (New York/Amsterdam), Jaca Book (Milano) e Monash ePress, (Melbourne). Ha partecipato a convegni internazionali ed ha contribuito a riviste culturali e letterarie come “Nuovi Argomenti”, “Hystrio”, “Carta”. Collabora alle pagine culturali del “Corriere del Ticino” e della “Sicilia”. Fra i suoi progetti, il format di scrittura creativa scrivOrtigia (siciliacontempornea.blogspot.it) e il reading di racconti di Vitaliano Brancati con musiche originali della compositrice Carlotta Ferrari, Letture itineranti sul maschile e il potere. Insegna a Pachino. Vive a Vendicari dove coltiva limoni e mandorle.